Elly Schlein, fra migranti e “guerra dei Roses”
Umberto Baldo
Sapete qual’ è il problema più grande per il neo-Segretario di un Partito Politico?
Il fatto che solitamente, quando viene eletto, si trova a dover guidare dei Parlamentari, sia nazionali che europei, che fanno riferimento al Segretario precedente (che li ha “scelti, visto come funziona il sistema delle candidature nel BelPaese), e che quindi spesso non condividono del tutto la linea politica del nuovo leader.
Elly Schlein non sfugge a questa maledizione, e la cosa è palese soprattutto fra gli europarlamentari Pd, che spesso e volentieri votano a Bruxelles in maniera difforme dalle indicazioni di Roma (sovente anche spaccandosi, quindi trasmettendo l’immagine di un Partito allo sbando).
Non ho mai fatto mistero di considerare Elly Schlein, la Segretaria eletta dei “passanti”, la figura meno adatta a tenere unite le varie anime del Partito Democratico, per il semplice motivo che le sue sono posizioni politiche chiaramente radicali e massimaliste.
Con il rischio, sempre presente, di una balcanizzazione del Partito, che ha accompagnato tutta la vita del Pd: la scissione di Bersani, D’Alema, Speranza e altri in dissidio con la segreteria Renzi; l’uscita dello stesso Renzi e della sua nutrita pattuglia dal Partito; l’abbandono di Calenda e Richetti, solo per citare le più recenti.
E a quanto si capisce dalle cronache, il radicalismo della Schlein rende difficile amalgamare i gruppi parlamentari, che vedono da una parte i cosiddetti “vecchi” (definizione che comprende anche suoi sostenitori come Andrea Orlando o Gianni Cuperlo), dall’altra le cosiddette nuove leve da lei chiamate in Segretaria, che spesso sono del tutto nuove proprio allo stesso Pd, non ne conoscono i meccanismi, le relazioni, la storia.
Ma al di là di tutte le chiacchiere, di tutti i posizionamenti, di tutti i giochi di potere, resta la grande verità che la “politica bisogna saperla fare”.
Ed è difficile improvvisarsi alla guida di un grande partito progressista europeo senza avere idee e strategie chiare, ampie e consolidate relazioni, e per di più parlando per slogan da centri sociali.
Ma “fare politica” vuol dire anche capire fino a dove ci si può spingere restando fedeli alle proprie idee, senza però rischiare di farsi male, che in politica si traduce sempre con perdere consensi.
Potrei farvi una marea di esempi di atteggiamenti e posizionamenti della Schlein chiaramente “tafazziani”, ma voglio soffermarmi solo su due.
Partendo dal Memorandum di intesa firmato nei giorni scorsi da Ursula von der Leyen per la Ue e dalla Tunisia, con l’attiva partecipazione della nostra Presidente Giorgia Meloni, affiancata dal premier dimissionario olandese Mark Rutte.
Un’intesa che indubbiamente non risolve tutti i problemi, ma che può sicuramente rappresentare un primo passo, tanto che l’ex Ministro dell’Interno Marco Minniti (che da Ministro in quota Pd firmò il famoso accordo con la Libia che ridusse i flussi di migranti, e che per questo fu poi demonizzato dai suoi) ha dichiarato: “E’ un successo per il nostro Governo e per l’Europa, che fa da apripista per la stabilizzazione dell’Africa, che è il fronte secondario della guerra asimmetrica con l’Ucraina”.
Ebbene, perdendo a mio avviso l’occasione di fare bella figura, Elly Schlein ha criticato l’accordo con queste parole: ”Penso che sia il solito tentativo di esternalizzare le frontiere senza curarsi del rispetto dei principi di democrazia e del rispetto dei diritti delle persone. Non condividiamo un approccio che tende in un’ottica securitaria a focalizzarsi solo sull’aspetto di frenare i flussi migratori, quando al contempo sappiamo quali sono gli sconvolgimenti che la Tunisia sta vivendo dal punto di vista del rispetto della democrazia ma anche economico e sociale. È un approccio che abbiamo già visto in passato, con altri Paesi, con la Turchia e con la Libia”.
Caspita! Viene da chiedersi.
Ma questa dove vive? Da dove viene, da Marte? Di quali principi di democrazia e di diritti blatera in un Mediterraneo retto ovunque da regimi autoritari se non dittatoriali? Cosa dobbiamo fare; rompere tutti i rapporti con Tunisia, Algeria, Libia, Marocco, Egitto,Turchia, e organizzare una linea di traghetti quotidiani per la Tunisia e la Libia per imbarcare chiunque abbia deciso di vivere in Italia o in Europa?
Ma si rende conto l’ “eletta dai passanti” che in tutta Europa sul problema dei migranti stanno vincendo le destre, anche le più estreme?
Si rende conto che la maggioranza degli italiani è stanca di anni e anni di polemiche inutili che non hanno mai risolto nulla, e che hanno finito per riempire le nostre città ed i nostri paesi spesso di sbandati lasciati a se stessi (o alla criminalità)?
No, evidentemente negli ovattati salotti della gauche caviar i diritti valgono più dei voti, e non ho dubbi che se questo è il target della Schlein, a meno che Meloni e la destra non facciano harakiri, resteranno al potere per altri lunghi anni.
E passiamo adesso ad un problema, come dire, “interno” al Partito.
Partendo dalla constatazione che su 20 Regioni il Pd si è ridotto a governare l’Emilia Romagna, la Toscana, la Campania, la Puglia.
Non proprio da andarne fieri, anche se si tratta di Regioni ricche e popolose!
E vista questa situazione, uno sarebbe portato a pensare che una Segretaria accorta cercherebbe almeno di mantenere le posizioni attuali, difendendo con ogni mezzo Bologna, Firenze, Napoli e Bari.
Invece Elly ha pensato bene di aprire una sorta di “guerra dei Roses” con il Governatore della Campania Vincenzo De Luca.
Una delle prime mosse della Segretaria è stata quella di spedire a Napoli il senatore Antonio Misiani per gestire il Pd regionale, e l’ex segretaria della Cgil Susanna Camusso a governare i dem di Caserta; due schiaffi in piena faccia a Vincenzo De Luca.
Ma non si è fermata qui, in quanto ha “dimesso” Piero De Luca, il figlio del Governatore, da vice-presidente del gruppo parlamentare, e creato il vuoto attorno al padre inviando un terzetto a «fare pulizia» in Campania: Antonio Misiani appunto, oltre a Marco Sarracino e Sandro Ruotolo.
E, ciliegina sulla torta, ha organizzato assieme a Marco Sarracino, responsabile Mezzogiorno del Pd, un dibattito a Napoli contro l’Autonomia differenziata; con il risultato che De Luca ed i suoi non ci sono andati, e alla fine si sono ritrovati in quattro gatti fedeli alla Schlein.
Il problema vero, che nel Pd tutti sanno, in primis Stefano Bonaccini ed il presidente dell’Anci e sindaco di Bari Antonio Decaro, ma anche tanti amministratori da Nord a Sud, è che senza De Luca la Regione Campania è quasi sicuramente persa a favore del Centrodestra.
Tanto per essere più chiaro, alle regionali del 2020, Vincenzo De Luca, a capo di una lista Pd-Italia Viva-Psi-Europa Verde ottenne il 69,4% (Pd al 16,9, Italia Viva al 7,3%); il candidato del centrodestra unito, Stefano Caldoro, venne travolto (18%), con Fdi, Lega e Fi tra lo 5,1% e il 5,9% ciascuno. Il M5s raggiunse il 9,9%.
Ci vuole un politologo per capire che i voti veri da quelle parti ce li ha De Luca?
Certo può non piacere, ma far finta di non vederlo è demenziale.
Eppure la Schlein continua imperterrita ad andare avanti a muso duro, continuando a negare la possibilità della terza candidatura a De Luca, da lui invece fortemente voluta.
Ė evidente che questa guerra all’ombra del Vesuvio alla Schlein non giova, mentre a De Luca fa il solletico, anzi lo galvanizza pure, e lo spinge a far capire che lui si candiderà in ogni caso, anche sotto altre bandiere.
E che il problema della rottura tra De Luca e Schlein allo stato attuale sia serio lo dimostra il fatto che Matteo Renzi ha già aperto le braccia per accogliere l’eventuale dimissionario dal Pd.
Così come Cateno De Luca (ironia della sorte, stesso cognome ma nessuna parentela), sindaco di Taormina, leader di “Sud Chiama Nord”, che già vede il governatore guidare il movimento: «È una strana logica quella del Pd che punisce chi ha consenso sul territorio. Una follia. Da noi il consenso è un valore aggiunto, perché dimostra che hai lavorato bene”.
E’ evidente che servirebbe un compromesso, dato che senza De Luca il Pd è a forte rischio di perdere la Campania, ed un politico accorto lo farebbe.
Ma con il radicalismo un po’ giacobino che le è proprio, Elly Schlein sembra preferire una sconfitta “pulita” ad una vittoria da lei ritenuta “viziata”.
In definitiva io credo che la Segretaria “eletta dai passanti” non si renda conto che sul terzo mandato di Vincenzo De Luca si giocherà parte del suo futuro.
Perché una eventuale corposa scissione al Sud guidata dal Governatore, magari dopo una non esaltante prestazione alle elezioni europee del 2024, potrebbe essere fatale per il suo modello di Pd, e soprattutto per lei.
Sappiamo che la politica è impietosa con i perdenti, ed il Pd in particolare!
Umberto Baldo