8 Gennaio 2025 - 10.04

Elon Musk: l’emblema della plutocrazia oligarchica

Umberto Baldo

Ieri ci siamo lasciati con la constatazione del riposizionamento a destra dei “Magnati della Rete”, dei sacerdoti delle nuove tecnologie, ripromettendoci di concentrarsi su colui che meglio li rappresenta: Elon Musk.

Non mi attarderò a farvi la storia personale di questo sudafricano trapiantato negli Usa, perché è arcinota, ed in ogni caso la sua biografia, se vi interessa, la potete trovare con facilità ovunque.

Mi sembra però importante partire dal fatto che alla base dell’ immensa ricchezza accumulata relativamente in pochi anni (adesso, con 400 miliardi, viene valutato l’uomo più ricco del mondo) non viene da attività illecite o criminali.

Per intenderci, Musk non è un mafioso, né un narcotrafficante, bensì una persona sicuramente dotata del bernoccolo degli affari.

Per capirci meglio, nel 1995 Musk co-fondò Zip2, una società che sviluppava software per guide cittadine online, destinate ai giornali. Musk riuscì a vendere la società a Compaq nel 1999 per 307 milioni di dollari in contanti e azioni. La sua quota personale dalla vendita fu di circa 22 milioni di dollari, che investì in una nuova impresa chiamata X.com, una piattaforma per servizi finanziari e pagamenti online. Nel 2000, X.com si fuse con Confinity, dando vita a PayPal, a sua volta venduta ad E-bay nel 2002 con un utile di circa 180 milioni di dollari.

Da quel momento fu un crescendo rossiniano; Tesla, Space-X, SolarCity, Neuralink,  The Boring Company, OpenAI. 

In sintesi, Elon Musk ha costruito la sua ricchezza partendo da progetti ambiziosi, reinvestendo continuamente in tecnologie innovative e dirompenti, e mantenendo un ruolo guida nelle sue aziende. 

Il suo approccio visionario ha fatto sì che le sue imprese diventassero leader in settori chiave come l’automotive, l’esplorazione spaziale e l’energia sostenibile.

Viene da chiedersi: perché un uomo con questi interessi, con questa ricchezza, improvvisamente scopre l’amore per la politica?

Musk si era dichiarato più volte un libertario, con posizioni che spaziavano dal sostegno alla libertà individuale alla critica delle regolamentazioni governative.

A differenza di altri leader tecnologici, Musk aveva però sempre mantenuto una posizione ambigua e spesso polarizzante, sfruttando la sua visibilità per sostenere idee controverse.

Tanto per fare un esempio, nonostante Musk sia stato un pioniere nel campo delle energie rinnovabili con Tesla, le sue critiche alle regolamentazioni governative sulle emissioni, ed alle misure sanitarie durante la pandemia da Covid 19 (ammiccando agli ambienti no-vax), lo hanno collocato in una posizione più vicina alla destra liberista, così avvicinandolo alle posizioni politiche di Donald Trump, di cui ha generosamente  finanziato l’ultima campagna presidenziale, ma anche  di Jair Bolsonaro, ex presidente brasiliano, del premier indiano Narendra Modi, e di Giorgia Meloni.

Non va comunque sottaciuto che, se Elon Musk rappresenta come vedremo la punta di diamante del “cambio di rotta” dei ricconi americani, Donald Trump ha infarcito il suo futuro governo di personaggi che rappresentano la crema della nuova oligarchia neo-reazionaria basata sul denaro.

Fare l’elenco degli uomini e delle donne chiamati alla corte del Tycoon sarebbe già piuttosto longo; basti citare, partendo dai familiari, il consuocero Charles Kushner, prima graziato poi omaggiato con la posizione di ambasciatore in Francia, della ex fidanzata del primogenito, Donald Jr., Kimberley Guilfoyle,  nuova ambasciatrice in Grecia, mentre la nuora, Lara Trump, dovrebbe passare dal comitato centrale GOP al Senato.

A seguire altri personaggi, a noi meno noti, ma tutti con patrimoni stellari.

Ma a guidare l’ingresso della Silicon Valley nel mondo della restaurazione di Trump alla fine resta lui, Elon Musk che, come è noto, è stato insignito, assieme ad un altro miliardario, Vivek Ramaswami, di un incarico centrale come amministratore del “Dipartimento di efficienza governativa” (DOGE).

Tanto per capirci, il compito di questa “coppia” sarebbe quello di ridurre all’osso la spesa pubblica americana (la proposta  è  quella di  tagliare 2000 miliardi di dollari dalla spesa, pari a più di un terzo del bilancio dello Stato), e a tal fine Musk ha innalzato a livello di un mantra la riduzione del deficit di bilancio.

E sia Musk che Ramaswamy non perdono occasione per specificare che le principali fonti di spese superflue sono programmi come l’assistenza alimentare alle famiglie indigenti, pensioni e sanità.

A chi si permette di sollevare qualche obiezione sembra che Musk risponda: “Inizialmente potrà provocare qualche disagio,” ma alla lunga sarà meglio per tutti”.

Forse ai fini di  preparare il terreno, su “X” è già partita la campagna, finalizzata a mortificare gli “scrocconi” dei sussidi pubblici, e alla “liberazione” delle aziende dalle “soffocanti burocrazie”.

Se ci pensate bene la “cura” non è molto diversa da quella che sta imponendo Milei alla sua Argentina; ma credo che qualche differenza ci sia fra uno Stato di fatto fallito, ed uno tutto sommato ancora saldamente ai vertici dell’economia mondiale. 

E’ evidente che questa nuova “classe dirigente trumpiana”, in totale spregio ai lampanti conflitti di interesse, si muoverà per smantellare le Agenzie federali preposte a regolare le loro corporation. 

E non è un mistero che le prime teste che l’industria tech vorrebbe cadere sono quelle di Lina Kahn,  Presidente della Federal Trade Commission (FTC), l’agenzia Antitrust che ha di recente portato in tribunale Google e Amazon;  e di Elizabeth Warren, la senatrice del Massachusetts che da presidente dell’Authority per la Protezione dei consumatori è fra le voci più invariabilmente “di sinistra”,  cioè contrarie  allo strapotere delle imprese (qui si chiede proprio la cancellazione di questa Authority). 

Capite bene che siamo di fronte ad una vera e propria “mutazione genetica” del potere e dalla politica americani.

Perché mentre da sempre le lobbies industriali ed economico-finanziarie hanno cercato di assicurarsi dall’esterno i favori dei Centri di potere di Washington (e ciò fa parte delle regole del gioco), adesso è la plutocrazia militante insediata alla corte di Trump a dettare le regole del gioco, con chiari intenti ideologici, ma ovviamente anche economici. 

Non sono propriamente i diritti dei cittadini ed il rispetto della democrazia a guidare questi tycoon nelle scelte su chi appoggiare; la politica e la tecnologia servono per diventare sempre più ricchi, mica al popolo.

E il nostro Elon si sta dimostrando un maestro nel flirtare con la politica incassando contratti e potere.

Ma come spesso avviene agli uomini, a mio avviso Musk forse si sta facendo prendere un po’  la mano (non so se in questo sostenuto da Trump).

E mi riferisco alle sue numerose interferenze in temi di politica internazionale, che dovrebbero essere materia esclusiva del Presidente e del Segretario di Stato.

E così negli ultimi tempi abbiamo visto Musk riferirsi al Cancelliere tedesco con frasi del tipo “Scholz dovrebbe dimettersi immediatamente. Incompetente idiota”, rincarando la dose con affermazioni come “Solo l’’AfD può salvare la Germania”, costringendo così il Presidente della Repubblica Federale ad una piccata replica. 

Anche l’Inghilterra è stata oggetto delle sue attenzioni, definendo quello di Starmer “uno Stato di polizia tirannico”, annunciando donazioni milionarie al Partito Reform UK, ma chiedendo la testa del fondatore Nigel Farage, e annunciando: “Pochi investiranno nel Regno Unito con questo Premier…”.

Da non trascurare neanche le polemiche con l’Unione Europea, tanto che  dopo la conferma del bis di Ursula von der Leyen, Musk ha commentato così: “la Commissione europea non è democratica. Il parlamento dovrebbe votare direttamente sulle questioni e non cedere la propria autorità alla Commissione”.

Relativamente all’Italia, in cui vanta un’amicizia diretta con Giorgia Meloni, Elon Musk si è “limitato” a criticare il processo Open Arms con questo commento:  “È assurdo che Salvini venga processato per aver difeso l’Italia!”

Capite bene che sul Tycoon sudafricanosi potrebbe andare avanti a scrivere all’infinito,  e qualcuno ha già cominciato a dire che il problema non sono gli affari o le sue aziende, quanto il fatto che Musk sembra interessato ad alimentare una “internazionale dei complottisti”. 

Ecco perché credo che valga la pena di fermarsi qui, per vedere se tutto questo sono parole, o diventeranno fatti veri, azioni politiche concrete.

Soprattutto, vista l’attuale sovraesposizione di Elon Musk, se Trump continuerà ad appoggiarsi a questa sua “eminenza grigia”; perché, comunque la si veda, alla lunga l’impressione potrebbe essere quella degli Usa come la Francia di Richelieu e Mazzarino, dove formalmente regnava il Re, ma sostanzialmente governava il Cardinale.

Chiudo invitandoci ad una riflessione.

Se, come pare, il futuro del mondo, del lavoro, e delle democrazie, sarà fortemente influenzato, per non dire guidato, dall’Intelligenza Artificiale, se due terzi degli investimenti in questo settore sono oggi effettuati da Google, Meta, Netlix, Apple, Amazon, Microsoft, e via cantando, con gli Stati solo a rimorchio, chi comanderà nel mondo del futuro?

I politici eletti dai cittadini, od i Ceo di queste società grandi e ricche come Stati, che nessuno può controllare?

Tanto per fare un esempio, Bloomberg ha riferito cheil Governo italiano starebbe discutendo con SpaceX, una delle aziende di Elon Musk, un accordo per avere un sistema di sicurezza per le telecomunicazioni utilizzate dal Governo stesso. L’accordo prevedrebbe la fornitura di un sistema di crittografia per i servizi telefonici e internet utilizzati dal Governo italiano: cioè, in altre parole, un sistema per proteggere e rendere inaccessibili i contenuti delle comunicazioni governative a chi non è autorizzato, attraverso il sistema satellitare Starlink. Tecnicamente gli esperti dicono che non ci sarebbero alternative, ma  viene da chiedersi se sia opportuno assegnare le chiavi della sicurezza delle comunicazioni più riservate de “aaa Nazzziiiioooone” alle società di un privato, che per di più è anche esponente di un altro Governo, per quanto amico.

Pensateci!

Umberto Baldo

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