1 Dicembre 2023 - 9.09

Firenze, Salvini…. ed il ricatto alla Meloni

Ho già avuto modo di dirvi che i veri nemici di Giorgia Meloni, in chiave di stabilità del suo Governo, non sono certo né Elly Schlein né Giuseppe Conte, anche perché questi ultimi, oltre che a corto di idee, sono in concorrenza fra loro per la supremazia a sinistra, e si sa che in politica le divisioni non aiutano mai. 

No, i veri avversari della Premier stanno nella sua stessa maggioranza; non tanto in Forza Italia che, ormai orfana dal padre-padrone Silvio Berlusconi, a mio avviso ha iniziato la sua inesorabile parabola verso l’estinzione, quanto nel sempre effervescente ed imprevedibile Capitan Salvini. 

Cosa pensi della politica di Salvini non ne ho mai fatto mistero, perché sono convinto che il leader della Lega abbia progressivamente perso di vista la mission che ha fatto le fortune di Bossi e del movimento padano, vale a dire il suo radicamento al Nord.

Ne consegue che il Capitano, prima di lanciare, sulle orme del giovane Napoleone, la sua “Campagna d’Italia” secondo me avrebbe dovuto pensare all’opportunità di fare della Lega quello che è sempre stata  l’Unione Cristiano Sociale Bavarese (CSU), che oltre che in Baviera ha quasi sempre governato la Germania assieme all’Unione Cristiano Democratica  (CDU) nazionale. 

Certo in questa chiave sarebbe stato una sorta di “Sindacato del Nord”, alla stessa stregua che i 5Stelle lo sono del Sud, ma governando bene e curando gli interessi delle Regioni settentrionali avrebbe potuto contrattare la propria partecipazione ai Governi, e non avrebbe subito la concorrenza di FdI, come avvenuto alle ultime politiche.

Ma se si hanno sogni di “grandeur”, se non si capisce che il solo nome Lega Nord in meridione evoca trascorsi poco gradevoli, e se si vuole diventare “l’uomo del Ponte”, allora ci si trova costretti ad uno stato di continua belligeranza con gli stessi alleati di governo, per raggranellare qualche punto percentuale in più alle elezioni.

La concorrenza diventa poi più spietata se, com’è nella realtà, i tre Partiti dell’attuale maggioranza in Europa fanno riferimento a “famiglie politiche” diverse. 

Forza Italia, il partito più piccolo, fa parte della famiglia dei Popolari che esprime Ursula von der Leyen, che potrebbe succedere a sé stessa alla presidenza della Commissione Ue. 

Fratelli d’Italia fa parte del Gruppo Conservatore e Riformista, grazie al quale Giorgia Meloni spera di entrare trionfalmente a Palazzo Berlaymont. 

La Lega è isolata nella “ridotta” di Identità e Democrazia, dove albergano i neonazisti di Alternative für Deutschland ed i nazionalisti anti europei e filo-russi di Marine Le Pen e Geert Wilders.

In prospettiva dei nuovi equilibri, tutti da verificare sulla base dei risultati delle urne, Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno interessi diversi.

In realtà, a mio avviso, più che interessi diversi il problema deriva dal fatto che Salvini non ha mai mandato giù l’exploit elettorale di FdI, e soffre nell’avere un ruolo oggettivamente subalterno alla “ragazza della Garbatella”.

Sicuramente Giorgia Meloni, in quest’anno di premierato, ha capito che se vuoi contare veramente in Europa devi essere seduto al tavolo che conta, e questo tavolo finora si chiama “Coalizione Ursula”, in cui coabitano democristiani, socialisti e liberali.

Già altre volte vi ho detto che ciò la obbliga a prendere in considerazione la possibilità, dopo le elezioni, di portare FdI (tutti i Conservatori, Vox compresa, la vedo dura!) ad imbarcarsi nella nuova maggioranza europea, che quasi sicuramente sarà uguale a quella uscente.

Può ovviamente rifiutare, restando con gli “amichetti” suoi alleati in Europa, oppure limitarsi a dare un appoggio esterno, ma in entrambi i casi non solo non avrebbe un Commissario europeo con un portafoglio di peso, ma soprattutto non potrebbe avere voce in capitolo e decidere sui dossier che hanno un impatto diretto sull’economia italiana.

Questa prospettiva è in grado di far andare fuori di testa Salvini, che infatti da tempo incalza la premier diffidandola dal fare certe scelte a Bruxelles (lui le esprime sinteticamente con la formula: mai con i socialisti!), con la minaccia implicita che ciò avrebbe ripercussioni nel Governo di Roma.

E perché questo messaggio arrivi chiaro ed inequivocabile per domenica prossima ha  chiamato a raccolta in quel di Firenze esponenti di tutti i Partiti dell’estrema destra xenofoba, sovranista, ed anti-europea di Identità e democrazia,  con la star del momento, l’olandese Wilders, che ha dato forfait  perché impegnato nelle trattative di governo ( assenza strategica o no, chissà?  Resta il fatto che l’assenza sia della Le Pen che di Wilders depotenzia un po’ il “raduno”). 

Cosa dite?

Vi sembra una partenza prematura rispetto alle elezioni?

Avete in parte ragione, ma non considerate che il vero obiettivo del Capitano è quello di mettere in mora la sua premier, mettendo in chiaro fin da ora che è impensabile  “un’iniziativa comune con chi sta con i socialisti”,  chiarendo che il fine ultimo è “riunire tutti” i partiti al Governo in Italia,  e sottolineando che “la stessa inclusività mi aspetto dagli altri”, che è un bel modo per dire “non sono accettabili preclusioni nei confronti  della La Pen o di Wilders”.

Sentite puzza di ricatto?  Chiamatelo come volete, ma in politica è permesso un po’ tutto. 

E perché la Meloni non nutra alcun dubbio sulle sue intenzioni, in questi giorni ha messo in campo la polemica pretestuosa sulla fine del “Mercato tutelato dell’energia”, facendo finta di dimenticare che è stata l’Italia di propria iniziativa a proporre questo obiettivo nell’ambito del Pnrr (per avere i soldi ovviamente!).

E’ chiaro che questo è per la Premier il primo assaggio del Vietnam politico che la Lega metterebbe in piedi se FdI facesse, come dice Salvini, un “accordo con socialisti a Bruxelles”.

E pensate che il Capitano nell’immediato futuro non avrebbe argomenti per mettersi di traverso, per fare il vietcong? 

Direi proprio di no, a partire dalle incombenti nuove regole del Patto di Stabilità, che imporranno tagli della spesa primaria e riduzione del debito e del deficit, e a seguire con gli sbarchi dei migranti ancora a livelli elevati, con la Legge Fornero per lui sempre da cancellare, con la riforma del premierato forse non del tutto condivisa, e questo solo per citare le più macroscopiche.

Il che renderà oggettivamente impossibile realizzare le fantasmagoriche promesse della campagna elettorale del 2022.

Ovviamente tutti questi sono discorsi fatti “senza l’oste”, perché se i Partiti di Identità e Democrazia alleati di Salvini dovessero sorpassare alle urne il Gruppo dei Conservatori della Meloni, per quest’ultima il mal di testa sarebbe garantito.

Perché a quel punto avrebbe davanti un vero e proprio bivio: o contare poco a Bruxelles rimanendo all’opposizione assieme a Salvini e alle peggiori destre europee, oppure gettare il cuore oltre l’ostacolo, fregandosene dei suoi amici polacchi, ungheresi e spagnoli,  e portando FdI nell’area dei Popolari Europei.

Dove di fatto la posiziona quel 30% circa di italiani che continuano a sostenerla nei sondaggi, e che non sono certamente né tutti neo-fascisti, né tutti assimilabili ai neofranchisti di Vox, ai polacchi di Kaczynski, o agli ungheresi di Orbàn.

Io credo che prima o poi Giorgia Meloni dovrà parlare a quattr’occhi con il Capitano per chiedergli se, per caso, anche lui non fosse interessato ad un cambio di alleanze in Europa, che comporterebbe anche per la Lega una metamorfosi, a partire dall’abbandono di personaggi come Marine La Pen o Geert Wilders, a fronte però di una nuova immagine di presentabilità della Lega, e ovviamente di un ruolo di maggior potere a Bruxelles.

Mi rendo conto che, di fronte all’appuntamento di domenica a Firenze convocato dal capitano, una simile ipotesi possa sembrare fantascienza.

Ma si sa, come diceva Otto von Bismarck, che “la politica è l’arte del possibile…..”Umberto Baldo

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