Ghosting, cloacking e altre schifezze: la colpa è dei social
di Alessandro Cammarano
“C’eravamo tanto amati” è il titolo di un meraviglioso film che Ettore Scola girò nel 1974 e che raccontava il progressivo allontanamento tra di loro di un gruppo di amici. Ovviamente tutto avveniva attraverso dialoghi serrati e scene drammatiche. Oggi non ci si lascia più così, soprattutto quando si tratta di chiudere una storia, perché negli ultimi anni, con l’evoluzione della comunicazione digitale e l’uso massiccio delle app di incontri e social media, si sono sviluppate nuove dinamiche nelle relazioni affettive e amicali.
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Tra queste, due tendenze negative che hanno acquisito particolare rilevanza sono il ghosting e l’ancora più orrendo cloacking: questi fenomeni, seppur non nuovi, si sono diffusi e intensificati grazie all’anonimato e alla facilità di fuga che il mondo virtuale permette.
Ma analizziamoli scendendo più nei particolari.
Ghosting, letteralmente scomparire improvvisamente e senza spiegazioni troncando un’amicizia o una relazione.
In altre parole, una persona smette semplicemente di rispondere a messaggi, telefonate o qualsiasi altro tentativo di contatto, “sparendo” come un fantasma; questo comportamento è particolarmente diffuso nelle relazioni affettive che nascono online, ma può verificarsi anche in amicizie o contesti professionali.
L’impatto psicologico del ghosting può essere devastante per chi lo subisce, soprattutto perché la mancanza di una chiusura o di una spiegazione lascia la persona con interrogativi irrisolti, spesso portando a un senso di colpa, inadeguatezza e insicurezza; facilmnete questo tipo di rifiuto silenzioso può inoltre generare ansia sociale, rendendo più difficile stabilire nuove connessioni e relazioni in futuro.
Tra le cause del fenomenosi annoverano la paura del confronto, la superficialità delle relazioni moderne e la disumanizzazione della comunicazione digitale. Le persone trovano più semplice fuggire dalla responsabilità emotiva di una conversazione difficile, preferendo tagliare i ponti senza un confronto diretto.
Con il cloaking, che si potrebbe tradurre con “riporre nel guardaroba” si raggiunge un livello ulteriore di invisibilità, perché, mentre il ghosting si limita alla sparizione improvvisa, il cloacking aggiunge un passo successivo alla chiusura, eliminando ogni anche qualsiasi traccia di contatto digitale.
Questo fenomeno si verifica quando, oltre a smettere di rispondere, una persona blocca o elimina l’altro dai social media, dalle app di incontri e da tutte le piattaforme di comunicazione in cui erano connessi: di fatto, chi viene cloackato non ha più nessun modo di rintracciare o comunicare con l’altra persona.
Ma perché tutto ciò? Ghosting e cloaking sono sintomatici di un cambiamento nella percezione delle relazioni, perché le interazioni virtuali sono spesso viste come meno significative, e questo riduce il senso di responsabilità verso l’altro e le persone possono sentire di avere più libertà di scappare da situazioni scomode perché la distanza virtuale sembra giustificare la mancanza di una chiusura diretta.
Un altro fattore è quello che che, con termine tecnico si definisce “opzione infinita”: app e piattaforme di incontri offrono un’ampia gamma di possibilità di connessione, creando l’illusione che ci siano sempre altre persone da incontrare, altre relazioni da esplorare.
Questo rende le relazioni più volatili e suscettibili a una rottura senza preavviso, poiché non si sente più la necessità di investire a lungo termine o di risolvere conflitti.
Oltre alla sparizione ci sono altre due tendenze terribilmente preoccupanti: il breadcrumbing e il wokefishing sono fenomeni anch’essi legati al mondo delle relazioni interpersonali e sempre all’interno del contesto digitale e delle applicazioni di incontri, che riflettono aspetti più ampi delle dinamiche sociali contemporanee.
Questi due comportamenti, pur essendo distinti, condividono una radice comune: l’inganno o la manipolazione della percezione e delle aspettative altrui per trarne un vantaggio personale, senza investire in modo genuino nella relazione.
Il termine breadcrumbing deriva dall’immagine delle briciole di pane lasciate lungo un percorso, come per tracciare una strada senza però fornire una direzione chiara. Nel contesto delle relazioni, esso indica il comportamento di una persona che fornisce segnali intermittenti di interesse o coinvolgimento, senza però avere l’intenzione di portare avanti una relazione seria. Questi segnali, come messaggi sporadici, like sui social media o conversazioni occasionali, vengono utilizzati per mantenere vivo l’interesse dell’altra persona, senza però offrire una reale connessione o impegno.
Si tratta di una forma di manipolazione emotiva, in quanto chi lo pratica sfrutta l’attenzione e il desiderio di affetto dell’altra persona per trarne un vantaggio personale, che può essere egoistico o semplicemente per mantenere il controllo emotivo.
L’altro individuo viene così lasciato in uno stato di incertezza, alimentando speranze di una relazione più profonda che, in realtà, non si concretizzerà mai
Il wokefishing è un fenomeno più specifico, legato alla crescente attenzione verso questioni sociali e politiche, come l’uguaglianza di genere, i diritti delle minoranze e la giustizia sociale; in sostanza si verifica quando una persona finge di avere convinzioni progressiste e consapevolezza sociale per attrarre partner, pur non condividendo realmente tali ideali.
Questa pratica può essere considerata una forma di inganno ideologico, in quanto chi la mette in atto si presenta come “woke”, termine che indica una persona sensibilizzata ai temi sociali e politici più urgenti, per apparire attraente e conquistare la fiducia dell’altra persona.
Tuttavia, dietro questa facciata, l’individuo non condivide né è impegnato seriamente nelle cause che professa di sostenere.
Entrambi i fenomeni riflettono la complessità delle dinamiche sociali odierne, in cui l’immagine personale e la percezione dell’altro giocano un ruolo cruciale nelle relazioni. Nel caso del *breadcrumbing*, vi è un uso strumentale dell’ambiguità per manipolare i sentimenti e le aspettative altrui, evitando il rischio di un vero coinvolgimento emotivo. Questa pratica può generare frustrazione, ansia e una sensazione di instabilità nell’individuo che ne è vittima.
Il wokefishing, invece, sfrutta il desiderio di molte persone di trovare partner che condividano valori simili riguardo a questioni importanti. L’inganno in questo caso non è solo emotivo, ma anche etico e ideologico, poiché colpisce il livello di fiducia e integrità su cui dovrebbero basarsi le relazioni.
In entrambi i casi, vi è una tendenza a manipolare i sentimenti e le aspettative attraverso mezzi che non richiedono un autentico impegno. Questo riflette una cultura delle relazioni in cui la superficialità e l’inganno possono prevalere sull’onestà e la trasparenza, spesso esacerbata dall’anonimato e dalla distanza offerta dal mondo digitale.