17 Luglio 2024 - 9.45

Giorgia Meloni come Amleto: Ursula o non Ursula? Questo è il dilemma…

Umberto Baldo

Una delle poche certezze nella vita è che il tempo passa, inesorabilmente passa.

E così siamo arrivati al fatidico 18 luglio, in cui alle ore 13 il Parlamento Europeo esprimerà, a voto segreto, il proprio voto sulla Presidenza della Commissione Ue.

Finirà così un tormentone che ci ha accompagnato negli ultimi mesi, mesi in cui la domanda delle domande è stata: “l’Italia finirà per votare a favore di Ursula von der Leyen?”.

E’ un 18 luglio che non ci si aspettava, con l’eco degli spari in Pennsylvania che potrebbero aver di fatto messo fine alla campagna elettorale negli Usa, con gli spari che continuano in Ucraina e a Gaza, con Putin che spera di incassare la sua scommessa sull’America First di Trump (“posso trovare l’accordo in 24 ore” ha detto il Tycoon, ma gli ucraini certo non applaudono perché hanno il fondato dubbio che la pace verrebbe trovata sulla base della loro resa).

Questo lo scenario, e non è certo dei più tranquillizzanti.

Tornando al tema di oggi, domani finalmente sapremo la posizione del nostro Paese relativamente agli assetti della Ue per i prossimi 5 anni.

Credo possiate darmi atto che, pur non lesinando le critiche quando ci vogliono, ho sempre riconosciuto a Giorgia Meloni una buona capacità di muoversi in politica internazionale, tenendo la barra dritta sull’atlantismo e sul sostegno all’Ucraina, nonostante gli “sbandamenti” ed il “filo-putinismo” di Salvini.

Ma contemporaneamente ho sempre sostenuto che, per poter portare l’Italia nel ristretto gruppo dei Paesi che a Bruxelles contano e decidono, la scelta ottimale sarebbe stata quella di abbandonare certe “compagnie”, cercando di stringere rapporti diretti con le grandi famiglie politiche europee, in particolare con i Popolari.

A mio avviso la scelta avrebbe dovuto essere netta, ma evidentemente la cosa non era nelle corde della nostra premier.

Perché, dopo vari posizionamenti e riposizionamenti, il problema sembra ridursi al Commissario assegnato all’Italia, a quali deleghe avrà, e se sarà o meno Vicepresidente.

Francamente mi sembra un po’ pochino, un po’ riduttivo subordinare ad una “cadrega” il tema del rapporto con la nuova Commissione, chiamata a rappresentare l’Europa in questo mondo sull’orlo di una crisi di nervi. 

Oltre tutto le norme europee assegnano di diritto un Commissario all’Italia, come agli altri Paesi, per cui veramente le deleghe assegnate sono così determinanti?

Francamente mi piacerebbe chiedere ad Elly Schlein quanto sia stato utile al Pd avere Gentiloni all’economia.  

Credo pochino, e immagino sarebbe lo stesso per FdI, se al suo posto ci fosse Raffaele Fitto, che sembra il “predestinato” a quel ruolo.  

Nell’ultima fase delle trattative le posizioni di Giorgia Meloni si sono fatte sempre più incomprensibili, almeno per me s’intende.

Io capisco che Giorgia Meloni sentiva sul collo il fiato di Capitan Salvini che parlava di “colpo di Stato a Bruxelles”, capisco che non aveva gradito di non essere stata della partita al tavolo delle decisioni, ma a mio avviso l’astensione sulla Von der Leyen al Consiglio Europeo, ed il secco no al socialista portoghese Costa, e alla liberale estone Kallas, sono stati dei “distinguo” che si poteva evitare, perché inutili ed ininfluenti, se non a marginalizzare ancora di più l’Italia.

Anche perché oltralpe sono poco avvezzi ai bizantinismi, alle astensioni, alle politiche dei due tempi , ai giochini tipici della politica del Belpaese.

Non sono una verginella, e so bene che in politica si può anche fare il “gioco delle tre carte”, ma bisogna però saperlo fare bene.  

Ed a mio avviso la nostra Presidente del Consiglio ha dimostrato di non averlo nelle corde, perché ad un certo punto  si è sfilata i panni del premier, per indossare quelli del leader politico dei Conservatori, e questo è stato il suo principale errore (anche perché domani sembra che i suoi Conservatori potrebbero dividersi sul voto, con alcune delegazioni, come quella belga-fiamminga e quella ceca, orientate per il Si alla Von del Leyen). 

Mi spiego meglio.

Giorgia Meloni era convinta che, avendo dalla sua i risultati positivi per la droite alle elezioni europee, l’establishment tradizionale (Democristiano, Socialista e Liberale) sarebbe stato costretto dai numeri a confrontarsi con le destre, e che di conseguenza, a quel tavolo, sarebbe stata lei a dare le carte.

Ma non aveva messo in conto, e francamente questa è stata un’ingenuità per una politica di lungo corso come lei, che quando si è arrivati allo “strucco”, al momento di schiararsi, e di portare a casa posti di potere, i Cechi, Orbàn, e financo il grande amico Abascal, non hanno avuto alcuna remora a sfasciarle il Gruppo dei Conservatori, con il risultato, che vi ho illustrato lunedì  scorso, che a destra nell’Europarlamento ci sono ora ben tre Gruppi distinti.

Volendo essere cattivi fino in fondo, questo dimostra che una “Internazionale sovranista” è solo un sogno, perché è tipico di ogni forza politica di quest’area mirare a farsi principalmente i “cazzi propri”. 

A adesso?

Adesso, meglio domani, la strada è sicuramente più stretta.

Perché la premier ha passato mesi a magnificare il suo ottimo rapporto personale con Ursula von der Leyen, a visitare assieme a lei capitali straniere, a far intravvedere svolte politiche storiche.

E contemporaneamente  ha polarizzato l’attenzione sulla collocazione internazionale dell’Italia, facendosene merito, e magnificando il nuovo ruolo e peso “daaaa Nazzzziiiiiioooone”, ridiventata a suo dire “protagonista” della politica internazionale.

Capite bene che adesso ridurre il tutto al ruolo ed alle deleghe  di Raffaele Fitto diventa piuttosto riduttivo, per non dire quasi ridicolo.

Quindi, a mio avviso, per un premier avveduto diventa ineludibile la domanda: “ma conviene davvero all’Italia mettersi di traverso, in rotta di collisione con l’Europa con quasi tremila miliardi di debito pubblico (ultimi dati Bankitalia) sulle spalle dei cittadini, e con un clima geopolitico a dir poco inquietante?”

Gigi Marzullo era uso dire “si faccia una domanda e si dia la risposta”.

Io mi auguro che domani a Bruxelles la domanda Giorgia Meloni se le faccia, e dia a noi italiani una buona risposta.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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