Giornata della Memoria. Purtroppo non basta più limitarsi a ricordare!
A mano a mano che gli anni passano, certi passaggi della storia sembrano dissolversi nelle brume dell’oblio.
E’ in fondo naturale; il mondo va avanti, le nuove generazioni non hanno vissuto certi avvenimenti, e quindi progressivamente ne perdono il ricordo, e comunque non ne percepiscono più la valenza.
E forse aveva ragione Liliana Segre, una sopravvissuta al lager, quando disse: “Io penso che tra qualche anno sulla Shoah ci sarà solo una riga sui libri di storia, e poi neanche più quella”.
E’ proprio per evitare questo oblio che sono state istituite giornate come il 27 gennaio, diventata a livello internazionale il “Giorno delle memoria”; data scelta non a caso, perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, sancendo la fine dell’Olocausto.
E così il 27 gennaio di ogni anno in ogni parte d’Italia si depongono corone di alloro sui monumenti, si visitano i luoghi degli eccidi, si discute in riunioni e convegni; in poche parole si ricordano e si commemorano quei milioni di donne, uomini, vecchi, bambini, uccisi per la sola colpa di essere ebrei, rom, sinti, omosessuali.
Ma in questo 27 gennaio 2024 io vorrei fare un passo avanti.
Sicuramente non per minimizzare quella “tragedia”, o consegnarla definitivamente alla storia, ma semplicemente per rilevare che, a mio avviso, le condizioni socio-politiche che quella “tragedia” hanno reso possibile si stanno ripresentando, magari in forme apparentemente diverse, ma si stanno ripresentando.
Sgombro subito il campo dal possibile dubbio che si possa trattare di questioni meramente semantiche.
Solo per fare qualche esempio “Democratico” era il nome del Partito (quello attuale ne è la versione moderna) che negli Stati Uniti difendeva strenuamente l’istituto della schiavitù su base razziale, mentre “dispotico” venne definito il governo giacobino che in Francia abolì la schiavitù nelle colonie, e varò la prima carta scritta che prevedeva l’introduzione del suffragio universale (maschile).
Di conseguenza non credo sia importante fermarsi alle definizioni, o meglio alle denominazioni, bensì andare alla sostanza.
Tanto per dire, la Repubblica Islamica dell’Iran è formalmente una “Repubblica”, ma sfido chiunque a mettere le mani sul fuoco, sostenendo sia il popolo a determinare le scelte politiche, e non una cricca di Ayatollah che impongono una visione teocratica dello Stato.
E così, lungi dal costituire due universi paralleli e contrapposti, “dittatura” e “democrazia” hanno per lo più convissuto nel tempo, con un’infinità di varianti, tanto che qualche studioso è arrivato a parlare di “Dittature democratiche” e di “Democrazie dittatoriali”.
Ed a questo punto, non perdendo mai di vista da dove siamo partiti, cioè dal Giorno della Memoria, diventa inevitabile, alla luce degli sviluppi geo-politici di questi anni, chiedersi quali possibilità abbiano le nostre “Democrazie liberali” (che non dimentichiamoci hanno in fondo duecento anni di storia, ed hanno coinvolto solo una parte molto ristretta del mondo) di continuare a vivere, visto che anche nella nostra Europa si sta progressivamente perdendo l’aspirazione all’universalismo dei valori democratici.
Se ci pensate bene è questo il tarlo che sta corrodendo giorno dopo giorno le nostre democrazie liberali, e sta erodendo anche i principi sui quali era nata la Comunità Europea.
Quei principi di libertà, di società aperta, di tolleranza, di rispetto dello Stato di diritto e della divisione dei poteri, della libertà di stampa e di manifestazione del pensiero, della libertà di culto, che furono le linee guida dei Jean Monnet, Robert Schuman, Paul-Henri Spaak, Altiero Spinelli, coltivati anche quando il tallone del nazi-fascismo schiacciava il nostro Continente, e l’orizzonte era cupo.
Quell’Europa sognata dai Padri fondatori, e faticosamente realizzata, pur con tutte le carenze che constatiamo, era la diretta derivazione culturale ed ideale della Rivoluzione francese e di quella americana, e l’idea era che quei valori dovessero assumere un carattere universale, validi in qualunque parte del mondo.
Purtroppo dobbiamo costatare amaramente che oggi la maggioranza dei Paesi è retta da regimi antidemocratici, autocratici, dittatoriali, teocratici, e la mia impressione è che, a poco a poco, ci stiamo abituando alla persecuzione dei dissidenti, ai fanatismi religiosi, alla negazione dei diritti alle donne, alla soppressione della stampa libera, alle stragi, a volte veri e propri genocidi, che insanguinano tre quarti del mondo, come se si trattasse di qualcosa di “normale”, di “inevitabile”, addirittura in certi casi di “accettabile”.
Non accuso nessuno sia chiaro!
Il mondo è così, il mondo va così, e forse ha ragione chi pensa (ed io sono fra questi) che l’ “uomo” è sempre quello dall’alba della civiltà, con tutta la violenza e l’irrazionalità che si porta dietro.
Ma quello che mi preoccupa, è che comincia a mostrare segni di cedimento anche la “fortezza Europa”, ed è bastata la “guerra non dichiarata” di Putin all’Ucraina per mostrare tutte le nostre debolezze ed incongruenze.
Io percepisco nelle nostre società una stanchezza di fondo, che non è quella della disperazione che porta alle rivoluzioni, ma uno spossamento di ideali prima ancora che di energie.
E così stiamo assistendo impotenti al ridimensionamento di Schengen e della libertà di circolazione, con il contemporaneo ripristino di muri e frontiere, al bavaglio imposto in certi Stati (Ungheria per non fare nomi) alla stampa e finanche alla Magistratura, al risorgere di Partiti che si rifanno alla tradizione nazista, franchista, fascista (non mi riferisco all’Italia), a rischi di deriva antidemocratica e autoritaria persino nel Paese che avevamo individuato come il faro delle democrazie, gli Stati Uniti d’America (per rendersene conto basta leggere quello che afferma nei suoi comizi Donald Trump).
Non ci si può sentire tranquilli rispetto al rischio di cedimenti autoritari per il fatto che in Europa ci sono libere elezioni (non ovunque in verità), perché la storia ci insegna che Hitler e Mussolini alla fine vennero eletti dai loro popoli.
E di fronte al rinascere di progetti di “purificazione della razza” mediante l’espulsione degli stranieri, come sembra stia avvenendo in certi settori delle società tedesca, bisogna essere consci che non sarà sufficiente un decreto per sopprimere questi rigurgiti di neo nazismo, se gli stessi hanno fatto breccia nella testa dei cittadini, senza cancellare i problemi che rendono appetibili queste ideologie.
Questo è il senso che vorrei dare a questo 27 gennaio 2024.
Quello di una giornata in cui, pur nel doveroso ricordo di coloro che sono stati vittime di un genocidio, ci sia una maggiore attenzione da parte di tutti verso le preoccupanti derive cui stiamo assistendo, per evitare che democrazie stanche, esauste, non più sorrette da solidi principi, siano preda non solo delle brame di conquista di Stati autoritari, ma anche e soprattutto di movimenti interni oscurantisti, che vogliono riportarci indietro a tempi che si sperava fossero superati per sempre.
Buona giornata della Memoria a tutti.
Umberto Baldo