14 Settembre 2023 - 18.22

Granchio blu e altri ‘animali fantastici’ (alieni) sulle nostre tavole e nella nostra terra

Gli alieni sulla nostra tavola
di Alessandro Cammarano

Ebbene sì: gli alieni sono tra di noi e non da ieri, però non nel senso più comune del termine.

Magari i Rettiliani o i Grigi, che poi sarebbero le forme di vita extraterrestre più comuni nella fantasia dei complottari da bar Rosetta, sono davvero tra di noi, travestiti da banchieri o capi di stato, ma ad occuparsi di loro lasciamo che siano Giorgio Tsokalos – quello di “Enigmi alieni” che scambia un graffito rupestre per una navicella interstellare – o il nostro avvistatore di Chupacabras Renato Giacobbo.

Oggi la nostra attenzione va agli alieni veri, quelli che popolano le nostre città, che si sono impadroniti di laghi, mari, fiumi o che rosicano senza sosta le coltivazioni autoctone: alcuni li conosciamo benissimo perché sono diventati ospiti pressoché fissi dei nostri pranzi e cene non solo al ristorante.

A causa dei mutamenti climatici – che esistono e sono documentati, facciamocene una ragione – e di alcune politiche alimentari volte più al profitto che non alla salvaguardia dell’ambiente, oltre al “caso” che ci mette sempre lo zampino, da qualche decennio le specie alloctone, che poi sarebbe la parola scientifica per “foresto”, stanno prolificando dopo aver trovato condizioni ideali e prima assenti.

In realtà, a ben guardare, l’uomo ha sempre contribuito a “traslocare” specie da una regione ad un’altra del Mondo. Già nel I secolo d.C. sono avvenute le prime introduzioni di animali esotici provenienti dall’Oriente: i romani importavano a scopo alimentare ed ornamentale varie specie, allevandole e favorendone dunque la diffusione in natura. 

Fra queste, possiamo citare il daino il fagiano e la carpa. 

Durante il Medioevo, “grazie” ai fiorenti scambi commerciali tra Oriente e Occidente, si verificava l’introduzione di alcune specie di roditori in Europa; probabilmente il ratto nero – quello della peste, per intenderci – e il ratto delle chiaviche sarebbero giunti nel nostro continente perché trasportati passivamente dai mercantili.

Ma è a partire dal 1800 che sono avvenute le introduzioni più cospicue. 

Sono del 1871 le prime segnalazioni di pesce gatto in Europa, importato per fini ornamentali e poi allevato per scopi alimentari, mentre in Italia risalgono ai primi del 1900. 

Nel 1880, dall’America giungevano all’ittiologo tedesco Von Behr le prime uova di trota arcobaleno e iniziava così in tutta Europa l’allevamento di questa specie, che avrebbe avuto grande successo sia nel settore alimentare che in quello della pesca sportiva; però questo pesce, immesso massicciamente in corsi d’acqua e bacini artificiali, è riuscito a soppiantare quasi completamente alcune delle specie indigene più pregiate in Italia come la trota marmorata.

Negli ultimi anni il fenomeno delle specie aliene ha assunto caratteri preoccupanti.

Senza andare troppo lontano da noi il lago di Fimon è diventato, grazie a “solerti” praticanti della pesca sportiva, una rappresentazione plastica del fenomeno.

Qualcuno, una trentina d’anni fa, pensò bene di immettere nello specchio d’acqua berico il pesce siluro, predatore tipico del bacino danubiano e che in natura non ha nemici naturali e che può arrivare a pesare 300 chili e arrivare ad una lunghezza di tre metri: un mostro che però è finito sulle nostre tavole – in Ungheria si mangia normalmente – magari spacciato per pesce gatto.

Fimon e non solo, sono diventati la casa ideale anche per il gambero rosso della Louisiana – stato nordamericano notoriamente confinate con la provincia di Vicenza – introdotto in Italia nel 1989 e, vista la sua estrema adattabilità, moltiplicatosi a dismisura. 

Anche questo si mangia, ma la sua qualità rispetto ai gamberi d’acqua dolce autoctoni è inferiore.

Nel 1983, invece, nella Laguna di Venezia si pensò di introdurre, a puri fini commerciali, a Vongola Filippina, anche nota come falsa vongola verace o caparozzolo, dal gergo Veneto ‘Caparozzolante’ con cui viene chiamato il pescatore di vongole. 

Sono buone, per carità, ma hanno soppiantato secoli di bevarasse nostrane.

Negli ultimi mesi un altro alieno è salito all’onore delle cronache: il granchio blu che, come in molti altri casi della storia, è approdato in Italia via nave a causa del commercio internazionale, venendo caricato accidentalmente sui grandi cargo quando raccolgono acqua in stiva per equilibrare il natante. Se quest’acqua non viene prima di essere riversata nel Mediterraneo a fine viaggio, i granchi blu sono liberissimi di invadere i nuovi fondali, cosa che puntualmente è avvenuta.

Per giustificare in qualche maniera lo scempio si sono mossi chef stellati a magnificare la prelibatezza del crostaceo indaco; a chi scrive la toppa pare comunque peggiore del buco.

E le nutrie? Tranquilli, anche il grazioso ma devastante roditore ha il suo pubblico: proprio in questi giorni a Udine è in programma una sagra ad esso dedicata. 

Il nome? “Nutriamoci”: non è uno scherzo, giuro.

Ma finiamo dove avevano cominciato, ovvero col Chupacabras.

Ebbene, è stato avvistato sui Colli Euganei, giusto alle pendici del Monte Venda; del suo incontro con l’animale racconta diffusamente Eufrosio Rigolon che gli amici chiamano affettuosamente Toni Ombra. Io gli credo.

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