I dazi fanno crollare le borse ed i risparmi degli italiani: Vance in Italia che ci vieni a fare?

C’è qualcosa insieme di patetico e di tragico nello smarrimento che si legge in faccia a Giorgia Meloni, nonostante i suoi sforzi di dire che “in fondo sui dazi non bisogna esagerare con le preoccupazioni”.
Di patetico nel suo tentativo di ottenere a tamburo battente un “tete à tete” con Donald Trump, ma soprattutto che questo si concretizzi prima della visita di J.D Vance a Roma, sul quale ha già messo il cappello Matteo Salvini, con il rischio per la Premier di essere messa un po’ in ombra.
Di tragico perché, onestamente, una tegola come quella che le è capitata sulla testa (ma anche a tutti noi intendiamoci) non le ci voleva.
La prima domanda che viene spontanea è questa: al di là dell’aspetto propagandistico, cosa pensa di ottenere guardando negli occhi il Tycoon?
Che magicamente azzeri tutti i dazi previsti per i beni italiani?
Che in nome dell’idem sentire sdogani caciotte, prosecco, grana e quant’altro?
Per i produttori sarebbe sicuramente una buona notizia, che forse passerebbe alla storia come “l’accordo del caciocavallo”!
Ma stranamente per lei, a leggere le dichiarazioni delle Associazioni di categoria, dalla meccanica, all’automotive, all’agroalimentare, tutti all’unisono sottolineano che la risposta non può che essere di carattere europeo, e non nazionale.
Certo se sei cresciuta nel mito daaa Naaazzzziiiione, speriamo non dall’autarchia, se ti sei abbeverata alle fonti del nazionalismo e del populismo, magari credendo ai miti del “popolo di eroi, santi, navigatori….”, capisco che la tentazione di “mettere i cogl….ni sulla tavola” sia forte.
E credetemi che in queste ore a Bruxelles e nelle capitali europee sono estremamente attenti alle mosse della nostra Premier, perché conoscono le tradizioni italiane di non essere proprio fedeli alle alleanze, di pensare di essere i più furbi, di cercare di aggirare i vincoli anche a costo di apparire dei magliari.
D’altronde non si tratta di sospetti; la premier italica lo ha detto chiaro e tondo al Financial Times che trova “infantile” e “superficiale” la posizione di chi pensa che a questo punto si debba scegliere fra gli Stati Uniti e l’Europa.
Avendo poi dichiarato “Sono una conservatrice. Trump è un leader Repubblicano. Sono sicuramente più vicina a lui che a molti altri, capisco un leader che difende i suoi interessi nazionali”, ciò rende palese l’incertezza in cui la nostra Premier si sta dibattendo.
Non si può certo nascondere che quello dei dazi costituisca per l’Europa intera un grande problema; per il semplice motivo che lo scontro doganale comporterà inesorabilmente un crollo della domanda proveniente dagli USA di beni e servizi europei, e quindi occorrerà capire come supplire a tale calo con la domanda interna, o con quella proveniente da altri Paesi extra UE.
A tutto questo si aggiunge il tonfo dei mercati, i quali potrebbero essere tentati, giorno dopo giorno, crollo dopo crollo, di verificare quale sia quella che un economista definisce “soglia del dolore”, che detta in altri termini vuol dire semplicemente fino a quando Trump sarà in grado di resistere alle pressioni delle Borse e dei consumatori, e quindi costretto ad arrivare a più miti consigli, cercando accordi con il resto del mondo.
Il problema vero di Giorgia Meloni in questa fase ha un nome ben preciso: Matteo Salvini.
Non c’è tematica che non trovi Salvini in netta contrapposizione alla maggioranza di cui è Vicepremier, dalla politica estera pro Trump ma anche filo Putin, dal nucleare, dagli oriundi, ma soprattutto dall’Europa vista come la sentina di tutti i mali, e sotto sotto anche l’euro, la moneta unica da sempre mai digerita dalla Lega.
E a tal proposito vorrei soffermarmi per fare qualche riflessione.
5.808.810.000.000.000
No, non è la distanza fra la terra e la luna. Quella è di “soli” 384.400 chilometri.
Quel numero che si fa perfino fatica a pronunciare è semplicemente l’equivalente in lire del debito pubblico attuale dell’Italia.
Bene, ai nostalgici della lira, ai “no-euro” se preferite, a coloro che rimpiangono signoraggi e svalutazioni competitive, mi piacerebbe chiedere: ma veramente credete che l’Italia con quel macigno di debito sulle spalle avrebbe la possibilità di restare in piedi da sola?
Non vi viene il dubbio che, se i tassi che ci vengono chiesti dai mercati per comprare i nostri Btp sono tutto sommato in linea con quelli europei, è solo perché l’Italia aderisce all’euro, e quindi è garantita anche dalle economie dei partner europei?
Non vi è bastato l’esempio della Brexit per capire che l’uscita dalla Eu sarebbe molto peggio di un bagno di sangue. E che non a caso la Gran Bretagna, che pur non aveva aderito all’euro, si è trovata in difficoltà tali che stiamo assistendo ad un suo progressivo riavvicinamento all’Unione Europea?
Tornando alla agognata visita della Premier a Washington, a questo punto molto probabile perché è stato riprogrammato un imminente incontro intergovernativo con Erdogan e i suoi ministri a Roma, io credo che forse questo sia il momento meno indicato per questa visita “ad limine”, che più che un incontro fra Capi di Stato potrebbe sembrare la visita di un “vassallo” al proprio feudatario per la cerimonia del bacio dell’anello.
E questo non farebbe che confermare le idee di chi teme che l’Italia decida di giocarsi una partita soltanto sua, mentre quasi tutti concordano che i Paesi con idee simili devono mantenere relazioni e dialoghi forti per garantire la nostra sicurezza reciproca, e mantenere la stabilità economica.
Vi sarete resi conto che il problema, e la distanza con gli alleati europei e forse anche con la Commissione europea, è nel metodo, nella scelta dei passi necessari per portare Trump a un reale negoziato, che tutti ritengono necessario.
Ed il metodo che l’Italia sembra privilegiare è quello delle relazioni bilaterali, che tanto piacciono a Salvini, e quasi certamente anche alla Meloni.
Chiudo ritornando su quel numero stratosferico, stellare: 5.808.810.000.000.000.
Un numero espresso in vecchie lirette, ma in caso di Italexit i debitori (i possessori di Btp per capirci) hanno diritto, e sicuramente vorrebbero essere liquidati un euro.
Roba da far tremare i polsi, e ben che vada portare l’Italia al default.
E tanto per dire, a seguito di una eventuale divaricazione delle politiche transatlantiche fra il BelPaese ed i Parter europei, pensate che i Mercati ci confermerebbero la loro fiducia?
A quel punto non ci resterebbe che chiedere l’adesione all’Unione Africana, perché sono da sempre convinto che senza l’aggancio all’Europa, l’Italia diventerebbe lo Stato più a nord del Continente Nero.
Umberto Baldo