I flop di Salvini, ed il rebus del dopo Zaia
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Umberto Baldo
Martedì scorso Luca Faietti ha scritto un pezzo dal titolo “parlante”: L’agonia della Lega: Salvini tra disfatte elettorali e pressioni interne per un cambio di rotta.
Se vi fosse sfuggito, vi consiglio di andarlo a leggere (https://www.tviweb.it/lagonia-della-lega-salvini-tra-disfatte-elettorali-e-pressioni-interne-per-un-cambio-di-rotta/), perché sviluppa un’analisi impietosa dalla situazione in cui si dibatte la Lega di Salvini, anche alla luce dei risultati disastrosi alle regionali in Umbria ed in Emilia Romagna.
Non ho nulla da aggiungere a quanto scritto da Faietti, che condivido in pieno, per cui i miei ragionamenti di oggi si concentrano su quello che sta sempre più assumendo i caratteri di un rebus; le elezioni regionali venete del prossimo anno (o del 2026 se dovesse prevalere l’ interpretazione del rinvio del voto, perché nel 2020 si votò in ritardo a causa del Covid).
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Non è un caso che a sostenere questo slittamento al 2026 sia in particolare Salvini, che proprio ieri ha dichiarato che “Sarà Zaia ad inaugurare le Olimpiadi a Cortina”.
Non è la prima volta che tratto questo tema (ad esempio vedi https://www.tviweb.it/incognita-zaia-se-ci-fosse-alle-regionali-cambierebbe-tutto-per-tutti/), e state tranquilli che non sarà neanche l’ultima, perché il dopo Zaia è troppo importante per il futuro della nostra Regione.
Innanzi tutto partirei da una constatazione, che per me è addirittura un dato di fatto: quello che il Veneto non pare contendibile per Elly Schlein e gli altri partiti del campo largo. Il Pd ha aperto un tavolo con Alleanza Verdi Sinistra, M5s, Veneto che vogliamo, +Europa, Partito socialista su 5 punti programmatici. Bisognerà capire se, dopo le aperture pro-Schlein di Matteo Renzi, anche Carlo Calenda, con Azione, sarà interessato ad un “campo largo veneto”.
Ma al di là di quello che potrà succedere a gauche, credo che la partita si giocherà tutta all’interno del Centro destra.
Faietti ha illustrato molto bene i risultati disastrosi degli ultimi anni della leadership salviniana, ed è innegabile che il “Capitano” sia in caduta libera al Centro e al Sud, e anche nelle ultime tornate regionali ha ottenuto percentuali ben al di sotto del dieci per cento. Si è rifatto un po’ in Liguria, ma in Sardegna, Emilia Romagna e Umbria è scivolato dietro Forza Italia dalla cima di una montagna alta oltre il trenta per cento (percentuali delle europee del 2019)
In Umbria in particolare, Salvini ha fatto l’errore di imporre la sua governatrice uscente Donatella Tesei, e la lista leghista ha racimolato il 7,7 per cento, perdendo 29,3 punti rispetto alle regionali del 2020.
Una voragine.
Tra l’altro trascinando Fratelli d’Italia nel fosso: il partito di Meloni ha perso 11,2 punti rispetto alle europee.
La conseguenza prevedibile è che fra il prossimo anno e la primavera 2026, quando si voterà per Regioni importantissime (Campania, Veneto, Marche, Puglia e Toscana) Giorgia Meloni non vorrà certo commettere altri errori.
Il che in altre parole, magari meno diplomatiche, vuol dire far valere il predominio elettorale di Fratelli d’Italia rispetto alla Lega e a Forza Italia.
Il ragionamento di Giorgia Meloni è chiaro: con questi risultati, la Lega non può pensare che gli equilibri rimangano invariati, e di poter guidare nuovamente sia il Veneto che la Lombardia, il cuore economico-produttivo del Pease.
Non solo: non bisogna guardare solo il Nord per capire che lo scenario sta cambiando del tutto.
Non tutte le Regioni sono alla portata del centro destra, e penso in particolare alla Puglia, alla Toscana ed alla Campania (anche se Elly Shlein, con la sua incomprensibile lotta all’ultimo sangue con De Luca potrebbe rendere tutto più facile alla droite), per cui inevitabilmente si arriva al Veneto, dove il problema dovrebbe essere solo quello di individuare il nuovo “Doge”.
Ma qui cominciano i dolori!
Escluso il terzo mandato per Luca Zaia, non solo perché il Parlamento ha già detto “no” per ben tre volte, ma anche perché riaprire questa possibilità rimetterebbe fatalmente in pista Governatori come De Luca che hanno lo stesso problema (e questo la destra non lo vuole perché darebbe più chances di vittoria alla sinistra), si tratta di capire chi sarà il candidato unitario.
Non occorre essere dei profeti per pensare che non sarà così facile strappare a Salvini il “Veneto dalle uova d’oro”.
Le tensioni nella coalizione arriveranno proprio nella nostra Regione al culmine dello scontro.
Perché con l’elezione di un Governatore non leghista verrebbe sancito definitivamente il vassallaggio della Lega.
E’ chiaro che ai leghistiveneti non è mai piaciuto Il paragone fra il voto regionale, quello politico e quello europeo:il Veneto è altra cosa, «qui abbiamo le nostre radici», dicono di fronte al calo di consensi in tutto il Paese.
A parte che mi chiedo perché, se le radici della Lega sono in Veneto, i veneti hanno sempre lasciato le leve del comando in mano ai lombardi, è chiaro che per Matteo Salvini non sarà più possibile trincerarsi dietro una presunta superiorità numerica in una Regione nella quale la Lega in effetti ha sempre avuto percentuali bulgare.
Finora!
Ma erano percentuali legate alla leadership di Zaia che ha sempre ottenuto, lui personalmente e grazie a liste a suo nome, molti più voti del Carroccio.
E i risultati delle ultime tornate elettorali, stravinte da Fratelli d’Italia anche in terra di San Marco, sono sicuramente un buon argomento da mettere sul tavolo per Giorgia Meloni.
A questo punto il rebus è chiaro: un governatore uscente come Zaia, ormai diventato un brand con un suo valore autonomo, la Liga (versione veneta) che rivendica la sua storia territoriale, Fratellid’Italia forte dei numeri nazionali e regionali, Forza Italia che non ha dimenticato i fasti dell’era Galan, e questa volta ha intenzione di non stare a guardare.
La candidatura di Flavio Tosi, oggi parlamentare europeo azzurro, ma a suo tempo leghista di lungo corso, con ruoli importanti, l’unico che al Governatore più amato dagli italiani arrivò perfino a lanciare il guanto di sfida presentandosi nel 2015 con una sua lista autonoma dopo uno strappo rabbioso con la lega di Salvini, ne è la prova provata.
Chi lo sa? Stai a vedere che magari fra i due litiganti………..
E fra i “Fratelli” chi potrebbe spuntarla?
Il candidato meloniano in prima battuta sembrerebbe poter essere Luca De Carlo, senatore e coordinatore veneto di FdI.
Ma, stando ai si dice, sarebbero in salita anche le quotazioni di Elena Donazzan, assessore di lungo corso nella giunta guidata da Luca Zaia, fresca deputato europeo, una che quando c’è da incassare preferenze non è seconda a nessuno.
Non pensiate sia prematuro parlare di queste cose, perché credetemi che se ne sta già discutendo animatamente nelle centrali dei Partiti.
Come accennato, siate certi che ne riparleremo, perché la mia sensazione è che in questo rebus qualche coup de théâtre non sia da escludere.
Umberto Baldo