I Måneskin resuscitano l’Eurovision, altro che “pizza e sambuca”
di Alessandro Cammarano
Correva l’anno 1990 e all’Eurofestival – allora si chiamava così – si impose Toto Cutugno con “Insieme”, brano che rappresentava tutti gli stereotipi della canzone all’italiana fatta di rime baciate “Amore-Cuore”; sono dovuti passare trentun anni perché l’Italia tornasse a vincere l’Eurovision segnando definitivamente il giro di boa con i Måneskin, che al grido di “Rock never dies” si sono portati a casa il titolo europeo, dopo il trionfo sanremese grazie, al voto del pubblico e ribaltando – esattamente come al festivalone nazionale – il voto della giuria cosiddetta “di qualità” composta da “addetti ai lavori” che sembrano cristallizzati al Pleistocene nei loro giudizi.
A dare ragione alla band romana anche Tik-Tok, dove almeno un video su tre ruota attorno a loro, e se non bastasse i Måneskin sono i più scaricati dalle piattaforme streaming, Spotify su tutte.
Gli “esperti” avevano assegnato la vittoria allo svizzero Gjon’s Tears – che sembra il figlio segreto di Liberace – e la sua “Tout l’univers” nella quale abbondano portamenti e falsettini francamente insopportabili. Il secondo posto – sempre secondo gli addetti ai lavori – era della cantautrice francese Barbara Pravi, una specie di Mireille Mathieu dei poveri con un brano, “Voila”, capace di raccogliere in sé tutti gli stereotipi della grande chanson, quella della Piaf e di Brel per intenderci, riducendoli a un gran gesticolare di mani e ad un’enfasi insopportabile.
Il pubblico premiava fortunatamente il nuovo, non solo assegnando la vittoria al quartetto romano la cui qualità musicale è stata scoperta da Manuel Agnelli che ad X-Factor li aveva presi sotto la sua ala portandoli al secondo posto – quell’anno il talent fu vinto dal garbato tenorino Lorenzo Licitra che oggi intrattiene platee di vegliarde tra Las Vegas e Palm Springs – e credendo in loro sempre tanto da esibirsi con loro in un duetto memorabile a Sanremo.
Ci hanno provato i francesi ad avanzare accuse relative ad assunzione di stupefacenti da parte di Damiano David, smentite immediatamente da un test antidroga; saper perdere non è da tutti, ma la Edith Piaf “de’noantri” merita l’oblio, i Galletti se ne facciano una ragione.
Fantastico l’asse che, durante l’Eurosong si è creato tra Italia e Ukraina, alla quale la nostra giuria di qualità ha assegnato il punteggio massimo premiando il brano folktronico “Šum” dei Go_A trascinato al successo dalla strepitosa Kateryna Pavlenko, una macchina da guerra con voce di quelle che non possono non colpire.
Bravi da morire, anche se forse un po’ datati, i rocker finlandesi – premiati anche loro dal voto popolare – Blind Channel con la loro graffiante “Dark side”
Grande riscontro ha avuto anche la deliziosa e “curvy” Destiny, maltese, con la ballabilissima “Je me casse”.
A chi scrive sono particolarmente piaciuti – oltre ai Måneskin, ovviamente – i gruppi che hanno scelto la strada dell’ironia ovvero i lituani giallovestiti The Roop con la loro “Discoteque, i divertentissimi nerd islandesi Daði & Gagnamagnið – il cantante Daði Frey è un adorabile pennellone da due metri e otto – che presentavano “10 years” con una coreografia volutamente parrocchiale.
Avremmo auspicato maggior successo per l’adorabile Jendick, che rappresentava la Germania ed è un attivista LGBTQ, con “I don’t feel hate”, pezzo che è un inno contro l’odio e un invito pressante alla tolleranza.
Un po’ di trash – a fronte comunque di uno spettacolo di altissimo livello a partire dalle scenografie ipertecnologiche e bellissime – a ricordo degli Eurofestival anni Settanta resta nelle esibizioni delle tre ragazze serbe raggruppate sotto il nome di Hurricane che con “Loco loco” sembravano fare il verso a Sabrina Salerno & Co., oltre a tentare di spupazzarsi Damiano.
Censura per il presentatore Jan Smit che non è riuscito, annunciando la vittoria dei Måneskin con un “vincono pizza e sambuca” – mancavano solo spaghetti-tarantella-mandolino-mafia –, a
sottrarsi da stereotipi insopportabili soprattutto a fronte di “Zitti e buoni” che è tutto fuorché “all’italiana”.
Dubito che se la vittoria fosse andata all’artista di casa Jeangu Macrooy il patinato Smit avrebbe citato “Gouda e mulini a vento”, ma tant’è. Adesso parte il totoconduttori per l’edizione 2022: io tifo Malgioglio.
Alessandro Cammarano