6 Ottobre 2021 - 9.32

I nuovi farmaci anti Covid non sono alternativi al vaccino

di Umberto Baldo

Qualche giorno fa mi è capitato, mio malgrado, di scambiare due chiacchiere con una persona decisamente contraria a vaccinarsi contro il Covid.
Non mi soffermo volutamente sulle motivazioni addotte dal nostro No Vax per giustificare il suo rifiuto ad immunizzarsi, perché sono sempre le solite che leggiamo da oltre un anno sui social e sui media, e costituiscono ormai un background culturale di una quota della popolazione difficile da scalfire con argomentazioni “razionali”.
Ma fra tutte, il “renitente al vaccino” me ne ha proposta una non basata sulle consuete argomentazioni che definisco “neo-medioevali”, dicendomi: “io non mi vaccino perché credo nelle cure domiciliari, e so che sono in arrivo a breve nuovi farmaci che non richiedono inoculazioni di Rna messaggero o di vettori virali”.
Non è che questa argomentazione mi abbia più di tanto spiazzato, ci mancherebbe, ma mi ha stimolato ad approfondire il tema, giusto per fare il punto su quale sia lo stato di avanzamento delle terapie anti-Covid.
Premetto doverosamente che non essendo medico, e quindi non avendo specifiche competenze, mi sono dovuto basare su articoli e commenti pubblicati su giornali e media.
In primis va detto che il vaccino è stata fino ad ora la prima ed unica difesa concreta contro il dilagare della pandemia, e numeri e risultati dovrebbero convincere anche la platea No vax, ma la scienza e l’industria farmaceutica (che non può essere demonizzata come fosse l’untrice dall’infezione) non hanno mai smesso di studiare per mettere a punto cure in grado di contrastare il Covid.
E ciò è dimostrato dal fatto che, dall’inizio della pandemia, come si può vedere dal sito dell’Aifa, sono state 71 le sperimentazioni cliniche su farmaci anti-Covid. Tra questi farmaci ci sono tocilizumab, idrossiclorochina, colchicina, azitromicina, ivermectina e la plasmaterapia, basata sul prelievo di anticorpi da pazienti convalescenti.
Ma va anche detto che non tutte queste terapie hanno dato i risultati sperati.
Lo scorso giugno l’Unione Europea ha dato il via libera all’utilizzo di 5 nuovi trattamenti messi a punto per combattere il Coronavirus.
Di queste cinque terapie, quattro sono a base di anticorpi monoclonali (divenute celebri perchè con esse fu curato Donald Trump), inserite dall’Ema (Agenzia europea per i farmaci) nella procedura di controllo rapido e validazione denominata “rolling review”, che vuol dire semplicemente “accelerazione delle sperimentazioni”.
Per i più pignoli specifico che da un punto di vista tecnico e chimico, si tratta di un mix composto da “Bamlanivimab” e da “Etesevimab”, entrambi prodotti da Eli Lilly; di un insieme di “Casirivimab” e “Imdevimab” prodotti da Regeneron Pharmaceuticals e Roche; di “Regdanivimab” prodotto da Celltrion; di “Sotrovimab” realizzato da GlaxoSmithKline e da Vir Biotechnology insieme.
La quinta terapia è invece un immunodepressore, denominato Baricitinib, un farmaco che riduce l’attività del sistema immunitario, prodotto da Eli Lilly, già autorizzato in commercio e utilizzato per curare altre patologie, quali l’artrite reumatoide.
Entro la fine di ottobre potrebbero essere implementate anche altre cinque nuove terapie, portando così a dieci gli strumenti terapeutici a disposizione dei medici.
Al riguardo dell’iter di approvazione da parte delle Autorità sanitarie non posso sottacere che una delle argomentazioni portate dai No vax contro i vaccini è che si tratta di farmaci “sperimentali”, anche se ormai sono stati inoculati a miliardi di uomini e donne. Ne dovrei concludere che questi novelli Maghi Merlino per coerenza dovrebbero rifiutare anche questi nuovi farmaci perchè soggetti a “rolling review”, procedura che invece va considerata inevitabile in caso di emergenza sanitaria. A meno di non scoprire che il rifiuto riguarda solo il vaccino, mentre una pastiglia, anche se “sperimentale”, andrebbe bene.
Ma se così fosse, per capire forse servirebbe l’aiuto del dott. Freud.
Lo scorso agosto una novità è venuta poi dal Sourasky Medical Center di Tel Aviv in Israele, con l’annuncio di un nuovo farmaco anti Covid, chiamato EXO-CD24, che ha già completato due fasi di sperimentazione senza registrare effetti collaterali importanti, e che soprattutto curerebbe il 93% dei casi di Coronavirus in soli cinque giorni (fonte Jerusalem Post).
Per finire, è ancora fresca di stampa la notizia che la grande casa farmaceutica americana Merck ha messo a punto un nuovo antivirale, denominato Molnupiravir, che sarebbe in grado di sabotare il genoma del coronavirus, cercando di impedirgli di replicarsi nel nostro corpo, e questo senza effetti collaterali.
Si tratta di un farmaco allo studio da oltre dieci anni come antivirale generico, ma con la pandemia si sono accelerati i test per usarlo contro il Covid.
Il ciclo della terapia prevede due pillole al giorno per 5 giorni, da assumere quanto prima possibile dopo il contagio.
Merck ha comunicato che i risultati dei test sono molto buoni, perchè il trattamento ridurrebbe di circa il 50% il rischio di ricovero e morte nei pazienti con Covid in forma lieve o moderata, tanto che il Governo Usa ne ha già ordinato 1,7 milioni di cicli, al costo di 1,2 miliardi di dollari.
Segnalo che il prof. Matteo Bassetti, noto infettivologo del San Martino di Genova, coinvolto nella sperimentazione, ha dichiarato: “E’ la prima volta che un farmaco dato per via orale funziona nella terapia anti-Covid e questo è un dato straordinario. Sono molto orgoglioso, perché nel nostro centro a Genova è stato arruolato l’unico paziente italiano nello studio sul Molnupiravir. Eravamo diversi centri in competizione e siamo stati l’unico a trovarlo, e grazie anche al paziente”.
Merck ha annunciato di avere già chiesto all’Fda l’autorizzazione per l’uso in emergenza, e l’Eba dovrebbe seguire subito dopo.
Oltre al Molnupiravir ci sono altri 250 antivirali allo studio, ma solo 3 in fase di sperimentazione avanzata. Così a metà del 2022 potrebbero essere disponibili altre due pillole, da Roche e da Pfizer.
Per concludere, si tratta evidentemente di ottime notizie, anche se va tenuto presente che gli antivirali hanno, come tutti i farmaci, pregi e difetti.
Fra i pregi il fatto che funzionano anche con i soggetti immunodepressi, perchè non agiscono sul sistema immunitario, bensì direttamente sul virus, danneggiando il suo sistema di replicazione.
Fra i difetti il principale è che vanno presi immediatamente dopo il contagio, in quanto la loro efficacia si riduce quando il virus ha avuto il tempo di replicarsi nell’organismo, e di fatto diventano inutili.
Ripensando alla giustificazione addotta dal No Vax di cui ho riferito all’inizio, penso si debba ribadire con forza che le cure non possono e non devono essere un’alternativa al vaccino.
Su questo la chiarezza deve essere massima, perchè si deve evitare di confondere le persone facendo loro pensare e credere che possono evitare di prevenire la malattia vaccinandosi, perchè è possibile affrontarla dopo, quando ci si è infettati.
E ciò perchè al momento stiamo ancora parlando di farmaci antivirali per i quali, come specificato, la tempistica di somministrazione è determinante, e potrebbe essere sgradevole scoprire da un letto di un ospedale o di una terapia intensiva che non si sono “assunti in tempo”.
In definitiva, anche per il Covid vale il vecchio adagio che recita: “Prevenire è meglio che curare”, ed il vaccino, magari riformulato per adattarlo alle nuove varanti del virus, risponde in pieno a questo principio.
Umberto Baldo

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