I vicentini Immesi e Brazzale al cinema con “Ritual – una storia psicomagica”

di Ilaria Rebecchi
Uscirà al cinema il prossimo 8 maggio con Mariposa Cinematografica, il lungometraggio d’esordio dei registi vicentini Luca Immesi e Giulia Brazzale, un thriller psicologico intenso e metafisico liberamente tratto da La Danza della Realtà di Alejandro Jodorowsky.
“Ritual – Una storia psicomagica” è il primo film in Italia, e tra i primi in Europa, girato in Red Epic 5K, con la stessa tecnologia di Prometheus, The Girl with the Dragon Tattoo, Spiderman 4, Lo Hobbit, Pacific Rim e molti altri, e che ha raccolto numerose e importanti collaborazioni da Jeff Gross (sceneggiatore di Roman Polanski e qui supervisore alla scrittura) all’artista Moby che ha concesso alcuni suoi pezzi per la colonna sonora, passando per Patrizia Laquidara e il maestro Alejandro Jodorowsky, consulente per l’ambito “psicomagico”, anche in un cameo.
Il film, infatti, nasce dall’interesse dei due registi Giulia Brazzale e Luca Immesi per la psicomagia, disciplina teorizzata e praticata dal regista, scrittore e artista cileno.
La psicomagia è una forma artistica di psicoterapia che consiste in un’azione curativa diversa per ogni paziente, un atto simbolico che parla direttamente all’inconscio utilizzando il linguaggio dell’immaginazione, e cura ferite dovute a traumi passati. Jodorowsky ne è padre fondatore, e sostiene che la psicoanalisi non cura realmente ma blocca, congela il sintomo, così come fa un analgesico, mentre la psicomagia rimuove il trauma passato, guarisce realmente, sanando in maniera definitiva la ferita.
La psicomagia è tratta da riti ancestrali sciamanici che derivano dalla tradizione popolare: Pachita, una curandera messicana, insegnò al regista cileno la sua pratica curativa, basata in gran parte sulla suggestione.
E così il film ha tra gli obiettivi il voler riportare alla luce l’antico folclore della tradizione popolare veneta, dove a causa del cambiamento della struttura societaria e della scomparsa della generazione più anziana, sono andati persi (quasi totalmente) usi, costumi, mitologie e rituali propri della nostra cultura: leggende legate a figure mitiche come l’Anguana e i Salbanei, o ancora riti come L’uovo di San Giovanni, sono rappresentati con cura e cognizione nel film, in più occasioni, e “Ritual” vuole riportare l’accento sulla comune credenza nel magico, sul potere suggestivo dell’immaginazione, che un tempo serviva a spiegare gli eterni problemi del vivere e che oggi, con discipline come la psicomagia jodorowskiana, può curare le più profonde ferite dell’animo umano.
Non un film surrealista, come dichiarano i due registi: «Non era nostra intenzione emulare i film visionari del grande maestro cileno. Abbiamo voluto seguire, invece, un filo narrativo molto classico. Tuttavia Jodorowsky ha approvato la sceneggiatura, ha definito il film “terapeutico” e si è prestato per un cameo straordinario».
E incalzano: «Il nostro film è un viaggio nell’inconscio della protagonista, Lia, nel suo desiderio frustrato di maternità che la costringerà ad una scelta tra razionalità e oblio. Racconta una storia universale, la storia di una donna irrisolta che, proprio a causa del suo disagio, si lega ad un uomo problematico che non la può e non la sa amare. La struttura è quella di un thriller psicologico di matrice polanskiana. Supervisori alla scrittura sono Jeff Gross, uno degli sceneggiatori di Roman Polanski, Chris Vogler, autore de “Il viaggio dell’ eroe” e Brad Schreiber di Storytech – Hollywood.
Ricco di simboli, è stato definito ctonico e metaforico: un film che obbliga gli occhi e la mente ad una visione diversa. Spazia dai riti, alle leggende popolari venete, dalla superstizione, alla psicomagia, terapia di cui Alejandro Jodorowsky è padre fondatore. Nel film, la psicomagia è praticata dalla zia della protagonista, ed è la cura con cui tenterà di guarire il conflitto interiore di Lia.
Al cinema Jodorowsky con i suoi due leggendari film “El Topo” e “La montagna sacra” aveva intrapreso un percorso visionario e surrealista, che portava già in grembo i semi della psicomagia. In seguito con la messa in pratica delle sue teorie e con la scrittura dei suoi libri, “La danza della realtà” e “Psicomagia”, ha codificato questa pratica rendendola una disciplina terapeutica.
Come risulterà palese, il nostro non è un film surrealista. Non era nostra intenzione emulare i film visionari del grande maestro cileno. Abbiamo voluto seguire, invece, un filo narrativo molto classico. Ciò nonostante, Alejandro Jodorowsky, ha approvato la nostra sceneggiatura, ha definito il film terapeutico, ci ha concesso di utilizzare il termine “psicomagico” per rafforzare il titolo del film e si è prestato per un cameo.
Uno degli obbiettivi del film è stato anche riportare alla luce l’antico folclore della tradizione popolare veneta. Oggi in Veneto, come in gran parte d’Italia, a causa del cambiamento della struttura della società e della scomparsa della generazione più anziana, si sono quasi totalmente dimenticati usi, costumi, leggende, mitologie e rituali propri della nostra cultura. Ritual vuole riportare l’accento sulla comune credenza nel magico, che un tempo serviva a spiegare gli eterni problemi del vivere, e di cui oggi, forse più che mai, sentiamo ancora il bisogno».
SINOSSI:
La giovane e fragile Lia (Désirée Giorgetti) si trova coinvolta in un rapporto molto passionale con Viktor (Ivan Franek), un sadico e narcisista uomo d’affari. Il loro equilibrio malato viene rotto quando Lia rimane incinta; l’uomo le impone di abortire e Lia va in pezzi. Gravemente depressa, dopo un tentato suicidio, nell’ultimo disperato tentativo di guarire, Lia lascia Viktor e va a far visita alla zia Agata (Anna Bonasso) nella sua misteriosa villa di campagna del 1700, in uno sperduto paesino veneto, Mason, ricco di tradizioni popolari, credenze magiche, leggende e riti. La zia Agata è la guaritrice del villaggio da sempre appassionata di psicomagia e medicina alternativa. Ha imparato ad usare questi metodi di cura dal defunto marito cileno Fernando (Alejandro Jodorowsky), che ancora le appare in sogno per consigliarla. Lia, quand’era bambina, passava tutte le estati in campagna dalla zia. Ritornare in quei luoghi d’infanzia sembra inizialmente le giovi ma la sua serenità purtroppo non dura a lungo. La prima notte di permanenza nella villa di Mason, Lia sente uno strano canto provenire dal giardino. A cantare un’inquietante ninna nanna, è l’Anguana (Patrizia Laquidara), una creatura magica, tra la strega e la sirena, che popola le leggende popolari venete. Nei giorni seguenti, tra le siepi del grande giardino, Lia incontra anche due strani bambini che tornano spesso a farle visita e le recitano vecchie nenie e filastrocche.
La zia Agata vorrebbe curare la nipote con un rito psicomagico jodorowskiano ma Viktor, che ha raggiunto Lia in campagna, completamente scettico, si oppone ai metodi curativi di Agata, considerandola solo una vecchia ciarlatana completamente pazza.
Approfittando dell’assenza di Viktor, dovuta ad un litigio con Lia, le due donne si affrettano per compiere il rito che ha lo scopo di liberare l’inconscio di Lia dal suo senso di colpa, ma Viktor torna e prova in ogni modo ad ostacolarle.
CLIP ESCLUSIVA: www.youtube.com/watch?v=8SzlDxA_raM