22 Aprile 2024 - 9.49

Il caso Scurati.  Dilettanti allo sbaraglio!

Umberto Baldo

Dilettanti allo sbaraglio, come definirli diversamente!    

Se si fosse cercato un modo per dare il maggior rilievo possibile al monologo che lo scrittore Antonio Scurati avrebbe dovuto leggere durante la trasmissione di Serena Bortone, credo che anche la mente più acuta non avrebbe trovato di meglio rispetto a quello che è stato fatto. 

La storia è nota: la Rai (non si sa chi)  decide di “censurare” il monologo accampando una questione di “compenso”, visto che i 1800 euro richiesti dallo scrittore parevano troppi.

Ovviamente si è scatenato il putiferio, di cui abbiamo letto di tutto di più.  

Scurati fatto passare per un novello Piero Gobetti, la Premier che di fronte al casìno rifiuta ogni accusa di “censura” e lo pubblica integralmente sul suo profilo social, l’Ad Rai Roberto Sergio che rigetta anche lui la paternità della scelta, e dissociandosi dalla struttura Rai annuncia “approfondimenti”, la sinistra che grida al “regime”, l’Usigrai che insorge.

L’immagine che a mio avviso ne ricaverebbe un viaggiatore che arrivasse da Marte è quella di una fumeria d’oppio, di un Paese stordito da scoppiati di destra che rispondono a scoppiati di sinistra; di una Rai, che viene erroneamente ritenuta la principale azienda di informazione, che riesce a trasformare le riflessioni di uno scrittore in un nuovo “caso Matteotti”.

E’ da anni che scrivo che la Rai così com’è è arrivata al capolinea, e sarebbe finalmente arrivato il momento di cedere due Reti al mercato, concentrando tutte le risorse (a questo punto con un canone molto ridotto) su un’unica vera Rete di “servizio pubblico”, indipendente dalla politica e dai Partiti, in cui un “caso Scurati” non potesse concretizzarsi.

Ma forse è utopia il solo pensarci, perché  una televisione pubblica in mano ai Partiti, perennemente lottizzata, schiava di giochi politici sempre uguali, regolata su equilibri pendenti  sempre verso il Potente di turno, rappresenta la lucida e precisa volontà dei medesimi.

Volendo esser cattivi, si potrebbe dire che i politici dei diversi schieramenti sono come i “ladri di Pisa”, che secondo la tradizione litigano di giorno e vanno a rubare insieme la notte. 

A questo punto, a cosa fatte, per me non è importante trovare un colpevole, perché non escludo che possa essersi trattato di una scelta fatta da persone che in questo modo intendevano “fare cosa gradita alla Premier”, senza però tenere conto che  così facendo hanno mostrato agli italiani che nel 2024 non è più accettabile alcun eventuale controllo di alcun Governo di turno sull’informazione.

Credo che, come è nel suo stile graffiante ma efficace, il miglior commento alla vicenda sia stato quello di Giuliano Ferrara, da lui postato su “X” il 20 aprile alle ore 6,15: “La Rai ha pestato una cacca.  Viva Scurati ed il suo monologo”.

Ma proprio perché Tviweb ha l’ambizione di fare una “diversa” informazione, ritengo a questo punto che ognuno di voi lettori non debba leggere solo quello che delle parole di Scurati ne scrivono i commentatori, ma possa  prendere direttamente visione di questo benedetto (o maledetto fate voi) monologo, e quindi ve lo proponiamo di seguito:

Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924.

Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. 

Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati. Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.

Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023). Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.

Avete letto?  Vi siete fatti un’idea?  Ditemi voi se valeva la pena per una cosa del genere mostrare al mondo intero l’immagine (e parlo di immagine, perché io non penso sia così) di un Paese guidato da stupidi lacchè che randellano giornalisti, scrittori e intellettuali?

Umberto Baldo

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