18 Dicembre 2024 - 8.01

Il Centro. Che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa

Proseguendo nei nostri ragionamenti di ieri, credo sia innegabile che “a destra”, a fianco della “consolidata” Giorgia Meloni, come forza “centrista” stia emergendo sempre più Forza Italia che, dopo la scomparsa di Berlusconi, ha ‘eletto’ Tajani come proprio leader moderato, liberale e popolare.

Questo crea sicuramente  problemi con un Salvini sempre più estremista, ma credo che il “potere” sia un collante che metterà comunque il silenziatore alle contraddizioni.

Il problema si pone sicuramente più nell’ area della sinistra.

Perché è evidente che non possono essere solo la lotta ad un fantomatico fascismo, od una altrettanto astratta e virtuale lotta contro la dittatura o svolta illiberale, le motivazioni decisive e qualificanti in grado di unire un centro popolare, moderato, riformista e di governo, con una sinistra radicale, massimalista e fondamentalista.

Detta in altre parole, visto che l’alleanza (chiamatela come volete, anche Campo largo) tra la sinistra radicale e massimalista di Elly Schlein, la sinistra fondamentalista e ambientalista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis, e la sinistra populista e demagogica dei “Contiani” (ex grillini), non è affatto sufficiente per la vittoria finale, si pone l’urgente necessità di allargarsi al centro.

Da qui partono i ragionamenti, ed i tentativi di individuare il nome e il cognome  del futuro “federatore” di questa potenziale area centrista.

Il problema, a mio avviso, oltre all’oggettiva difficoltà ad individuare questo “Cincinnato”, è che si cercano di fatto solo personaggi attualmente iscritti al Pd, oppure che gravitano attorno al Pd, ma non hanno ancora la tessera di quel Partito (in altri tempi il Pci ricorreva ad esponenti cattolici, oppure ai mitici “indipendenti di sinistra”).

Già perché il progetto (parola grossa eh!) sarebbe quello di riunire i moderati, i riformisti ed i liberali, per consegnarli al Centro-Sinistra a guida Schlein, dando vita ad una nuova Margherita, magari più piccola e sgangherata, una mini Armata Brancaleone satellite del Pd. 

Mi sembra di poter affermare che alla fine tutto ciò assomiglierebbe molto al “gioco delle tre carte”, vale a dire ad un meccanismo che non porterebbe affatto nuovo consenso elettorale, ma che permetterebbe agli azionisti della coalizione di sostenere che nell’alleanza è presente anche il Centro.

E qui arriviamo al vero nocciolo della questione.

Quella che il Centro, come qualsiasi altro progetto politico, culturale e di governo, non può nascere dall’alto.

Non può essere credibile, e forse neanche realisticamente percorribile, un progetto politico eterodiretto.

E questo perché il Centro non può essere solo un fatto politico.

Meglio, il Centro c’è solo se e quando una larga porzione della società è dinamica e capace di condividere norme e valori, duttile, solida ed allo stesso tempo inclusiva, capace cioè di perseguire una linea politica in grado di opporsi ad eventuali tentativi eversivi.

Se ci riflettete, oggi tutte le società libere, a partire dagli Usa, per arrivare alla Germania ed alla Francia,  sono alle prese con la crisi del Centro, del loro Centro sociale prima ancora che del loro Centro politico. 

Di una cosa bisogna essere ben consci; il vecchio Centro novecentesco non tornerà, ed il nuovo Centro per il momento è nulla più che un cantiere aperto. 

Soprattutto nelle società avanzate e libere, la politica non potrà mai ricostruire il centro da sola: sicuramente non attraverso manovre di palazzo (e qui sta la debolezza del Terzo Polo), né tanto meno solo facendo leva sul Quirinale (e qui sta la debolezza dei cosiddetti moderati del Pd). 

Altro elemento da tenere in conto è che le semplificazioni sono solo imbrogli, perché della ricostruzione del Centro, non-solo-politico, non esiste una ricetta; ma la memoria di quanto avvenne in Italia nei primi due o tre lustri del secondo dopoguerra ricorda un principio oggi ancora più vero di allora: nessun Centro funziona se non ha radici locali e, come accennavo ieri, “baricentro basso”. 

Da liberal democratico capite bene quanto sia interessato alla questione della nascita di un Centro politico nel nostro Paese.

Perché sono stanco di andare a votare scegliendo volta per volta il Partito o la coalizione che ai miei occhi appare “la meno peggio”.

Ma sono abbastanza vecchio e scafato da non nutrire soverchie speranze, perché non sono del tutto sicuro che si possa declinare un progetto centrista restando organici all’interno di una coalizione, che fatalmente lo percepirebbe solo come una “cartello elettorale”.

Io ricordo un centro composto da forze politiche magari piccole, ma autonome, in grado di sviluppare analisi, progetti, proposte politiche.

Ecco perché, sia Ruffini o chiunque altro il Federatore, rispetto alla nascita di un’area di Centro all’interno del campo alternativo ed estremista della sinistra attuale, nutro serie perplessità, per il semplice motivo che rischia di diventare un puro ornamento, e comunque con un ruolo marginale.

Diverso sarebbe se il Centro nascesse nel “campo alternativo”, l’unico campo in cui a mio avviso potrebbe dispiegare la sua antica vocazione politica, culturale e programmatica. 

Forse qualcuno di voi starà pensando: ma di cosa parliamo, allora, quando parliamo di Centro? 

Per me di un soggetto politico europeista ed atlantista, moderato nel campo della comunicazione e delle relazioni politiche, riformista nel campo della politica sociale e degli assetti istituzionali, seguace del rigore nell’uso della finanza pubblica e, infine, portatore di una nuova visione del capitalismo e della vita quotidiana.

Capite bene che con queste premesse, con questi obiettivi, non sono consentite improvvisazioni.

Non si può, in altri termini, prendere uno “scappato di casa” per quanto bravo e volonteroso, e dirgli “tu da oggi fai il Centro, e ne diventi il portavoce!”

La dimostrazione sta nel fatto che le proposte, designazioni e investiture – o auto investiture – in pochi giorni si sciolgono come neve al sole perché, essendo pianificate e gestite in laboratorio, è di tutta evidenza che rischiano di essere messe in discussione dagli altri Capi partito che dovrebbero essere federati.

Il Centro è un progetto cui varrebbe la pena di dedicare diversi anni della propria vita politica, chiamando a raccolta le migliori competenze del Paese.

Ci sono persone disponibili a fare questo lavoro di pazienza?

Francamente non lo so, perché gli attuali politici sono sicuramente fatti di altra pasta rispetto a quelli della mia generazione, e la mia impressione è che percepiscano il Centro come una sorta di “rendita di posizione” da giocare nella trattativa con i due schieramenti maggiori.

So però che, di norma, anche in una società post ideologica e a volte post politica, i partiti e le rispettive leadership dovrebbero essere il frutto e il prodotto di un processo di crescita, di elaborazione, di rappresentanza, di confronto e di selezione autentica e democratica della classe dirigente. Finora non è certo stata così!

Difficile fare previsioni in politica.

Ma questa mi sento di farla; di questo passo, con i Federatori calati dall’alto, il Centro resterà un’Araba Fenice.

E credetemi che per l’Italia non è un bene! 

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