Il giornale al bar: una lotta eterna (per i pochi che lo leggono)
Di Alessandro Cammarano
Ci sono delle tradizioni che, nonostante la modernità, resistono come antiche rovine romane: una di queste è la nobile e serissima pratica di leggere il giornale al bar. Perché farlo a casa, dove sei comodo e nessuno ti guarda, quando puoi farlo in pubblico, avvolto nell’aroma del caffè e nel giudizio muto degli altri avventori?
Questo soprattutto se sei un boomer o di generazione ancora precedente e ti ricordi dí quando il quotidiano ti macchiava i polpastrelli di inchiostro, un po’ come l’orrido Padre Jorge da Burgos del Nome della rosa.
Impadronirsi del giornale prima degli altri è arte sottile, che si affina in anni di pratica e può sviluppare anche insospettabili tendenze alla manipolazione psicologica che neppure gli adepti di Scientology.
Il lettore da bar – le sottocategorie sono “sportivo da sofà” e “politologo del ragù” – è espertissimo fin dalla scelta del tavolino giusto.
Non uno qualunque, attenzione. Serve il “tavolo da giornale”, che poi è una sorta di trono degli intellettuali da bar.
Se non c’è nessuno che lo occupa, il che accade raramente, lo si riconosce subito: è il tavolo con la migliore esposizione alla luce naturale, leggermente in disparte ma non troppo, perché il lettore Augusto essere notato ma non disturbato. Se lo scranno preferito è già occupato, non si perde d’animo e, soprattutto se è donna, sceglie di sedersi vicino al bagno così da sembrare “alternativo”.
Se nessuna delle alternative è disponibile allora l’utente abituale inizia una serie di movimenti a spirale che avvolgono il malcapitato avventore che si è posto sul suo cammino, magari avendo avuto pure l’improntitudine di aver “inaugurato” la Gazzetta stropicciandola.
L’occhio diventa come quello di un posseduto da Pazuzu, i denti – spesso dentiere – digrignano e la voce si fa, di contro, melliflua mentre con un sibilo dice “ne ha ha per molto?”
In ogni caso appena trovata la sistemazione ideale il lettore da caffè esibisce tecniche che sembrano rimandare a conoscenze ed esperienze tali da rimandare a studi di fisica quantistica uniti ad altri di filosofia teoretica; perché il giornale del bar non è solo un oggetto di lettura, ma una sfida alle leggi della natura. ingegneria.
La vegliarda scafata piega la carta in modo da occupare il minor spazio possibile, ma anche il massimo; è una forma d’arte. Prima stende il quotidiano sul tavolo, creando un manto di parole tra lei e il resto del mondo, poi, piano piano, inizia a ripiegarlo, producendo forme astratte che solo lei capisci, mentre gli altri la osservano chiedendosi come riesca a leggere l’articolo di fondo piegato in sedici parti senza perdere il filo.
L’anziano pensionato è invece spesso un lettore selettivo: prima guarda i titoli, annuisce con gravità, come se ogni parola contenesse una verità universale. Poi, con un gesto lento e calcolato, passa direttamente alla pagina della cultura. Ma attenzione: non per leggere, bensì per piegarla con eleganza e saltare alla pagina dello sport.
Quando poi si arriva all’oroscopo, il momento è solenne: non importa se è uno scettico convinto, un’occhiata va sempre data, giusto per sapere come sarà la giornata, e se gli capita di leggere che sarà un giorno complicato, lo si vedrà ordinare un altro caffè con aria pensierosa, anche per sottrarre il giornale ancora per qualche minuto al rivale che lo attende scalpitando.
Tra i peggiori, e questo è solitamente più giovane, è il commentatore a voce alta, che non può semplicemente leggere in silenzio, ma almeno una volta, deve bofonchiare qualcosa, magari un “Eh, lo sapevo!” o un “Ma dove andremo a finire?”.
Non importa il contesto, l’importante è lasciare intendere che lui, e solo lui, conosce le verità nascoste dietro i fatti. Il barista a quel punto sorride, consapevole che questo teatrino si ripete ogni mattina.
Ogni tanto smette di leggere, prende il cucchiaino e inizia a mescolare la tazzina ormai vuota, ovviamente al costo di un caffè occupa il tavolo a tempo indefinito.
Non beve, mescola. E riflette. È un atto meditativo, quasi zen: il giornale rimane aperto davanti a lui, ma per qualche secondo è come se il tempo si fosse fermato. “Saranno ancora freddi i rapporti USA-Cina?”, sembra chiedersi fissando i resti della schiuma dalla quale pare voglia trarre una qualche divinazione.
Se nel mentre un malcapitato forestiero chiede incautamente “scusi, posso dare un’occhiata anche io?” il Divin Lettore lo apostrofa con un risentito “Ma non vede che sto leggendo io?”, stringendo a sé i fogli stampati come Scroodge stringe un sacchetto di ghinee d’oro.
Una volta terminata la lettura, o meglio, il suo rituale quotidiano, il lettore di giornali al bar si alza con lentezza studiata, lasciando il giornale piegato male – perché la perfezione, in fondo, non si addice a chi legge il giornale al bar – e si avvia verso l’uscita. Non saluta nessuno, ma fa un cenno con il capo come a dire “oggi ho capito tutto”. E se ne va, consapevole che domani tornerà, perché il mondo cambia, ma il giornale al bar è eterno.