15 Febbraio 2024 - 11.06

Il Liceo del Made in Italy. Un flop annunciato!

Umberto Baldo

Quante volte abbiamo constatato che una notizia che magari tiene banco per giorni, fra polemiche, proteste, interrogazioni parlamentari, dopo poco viene abbandonata e non se ne sa più nulla.

Ciò è vero in particolare per le vicende giudiziarie, con giornali e media che si accaniscono con il presunto colpevole, rovinandogli la vita per sempre, salvo poi limitarsi (quando c’è) ad un trafiletto quando dovesse risultare del tutto innocente.

In generale sarebbe opportuno, e oserei dire buona regola giornalistica, che i media “seguissero” certe notizie fino alla fine, informando i lettori su quale ne sia stato l’epilogo. 

Vi ricordate le accese polemiche,  le prese di posizione dei Sindacati degli insegnanti, quando il Governo il 31 maggio 2023 approvò il famoso disegno di legge sul “Made in Italy”, nel quale è prevista anche l’istituzione del “Liceo del Made in Italy”?

Ve ne avevo parlato, e se volete riprendere il filo potete andare a rileggervi su Tviweb il mio pezzo del 7 agosto scorso, titolato “Liceo del “Made in Italy” o Liceo “daaa Nazzzzzzione”?

Nel pezzo in questione facevo una panoramica sui Licei previsti nel nostro ordinamento scolastico, constatando che gli indirizzi erano sei: Artistico, Classico, Linguistico, Musicale e coreutico, Scientifico opzione scienze applicate, Liceo delle Scienze Umane opzione economico sociale (Les).

La domanda che mi posi, e alla quale cercai per quanto possibile di dare una risposta era questa: ma in questo quadro dove si inserirebbe il nuovo ”Liceo del Made in Italy”?

Già allora trovai piuttosto arduo fornire una chiara indicazione, anche alla luce della mission che il Governo attribuiva al nuovo Liceo:  “promuovere le conoscenze e le abilità connesse all’eccellenza dei prodotti e della tradizione italiana attraverso un percorso liceale in grado di dare competenze storico-giuridiche, artistiche, linguistiche, economiche e di mercato idonee alla promozione e alla valorizzazione dei singoli settori produttivi nazionali che tengano conto delle specifiche vocazioni dei territori”.

Vaste programme!  Scrissi allora, perché tutto, o il plus se preferite,  sembrava ruotare attorno a questo concetto, piuttosto vago,  “…competenze imprenditoriali in grado di promuovere e valorizzare gli specifici settori del Made in Italy….” (ovviamente le competenze erano quelle da fornire agli studenti). 

Alla luce dei fatti direi di non avere avuto tutti i torti.

Già perché, alla prova dei fatti, il Liceo del Made in Italy non è piaciuto molto a famiglie e studenti.

E a certificarlo sono i dati ufficiali resi noti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, secondo i quali appena lo 0,08% (375 studenti in tutto il Paese) di quanti hanno dovuto scegliere la scuola superiore hanno optato per il “Liceo deaa Nazzzziiiooone”.

Il dato è ancora peggiore nel nostro Veneto, dove si può proprio parlare di un flop, visto che su 43.666 studenti solo lo 0,02% si è fatto tentare dalla nuova proposta.

Non era difficile immaginare questo risultato.

Innanzi tutto perché forse la vera “novità” stava tutta nel nome, in quanto leggendo bene le linee guida della legge ci si accorgeva che alla fin fine non si  sarebbe trattato di un nuovo tipo di Liceo, ma più che altro di una modifica all’indirizzo già esistente delle Scienze umane con “opzione economico-sociale”. 

Certo qualche differenza c’era, ed era inevitabile, nel senso che nel Liceo del Made in Italy mancavano completamente le Scienze Umane, e l’Economia e il Diritto nel triennio lasciavano il posto al Marketing e all’Economia aziendale.

Determinante poi a mio avviso anche il fatto che, per lasciare spazio al “Made in Italy”, le norme prevedevano a partire dal 2024 la progressiva soppressione del Liceo Economico Sociale, nato nel 2010, presente in 500 Istituti, e scelto dal 4% degli iscritti alle scuole superiori (tanto per far un raffronto gli iscritti al Liceo Artistico sono il 5%, e quelli al Liceo Classico il 6,5%).

Scontate quindi le opposizioni e le levate di scudi degli insegnanti e dei loro Sindacati, che non hanno certo gradito una decisione calata dall’alto senza un preventivo confronto sui contenuti (da qui i Comitati “Salviamo il Les!”).

La cosa non meraviglia più di tanto perché il nostro Paese è da sempre “intimamente conservatore”, e pensare di fare breccia con una decisione affrettata, senza chiarire bene cosa avrebbe dovuto insegnare agli studenti il nuovo tipo di Liceo (il marketing? La promozione del Made in Italy?  O chissà cosa) era decisamente un azzardo. 

Se poi aggiungiamo il poco tempo a disposizione dall’approvazione della normativa,  l’assenza di un quadro orario degli insegnamenti, del programma completo, e delle linee guida per i docenti, non sorprende che poche scuole abbiano deciso di attivare la nuova offerta formativa. 

Non credo  che questa sia una notizia ferale, perché, se proprio si vorrà, con il tempo e con un po’ di pazienza e di dialogo, anche il “Liceo deaa Nazzziiioone” potrà trovare il suo posto nella sgangherata scuola italica.

Quello che mi sento di consigliare a Giorgia Meloni ed ai Ministri di turno, si chiamino Urso o Valditara, è di non insistere nel voler imporre termini e tematiche  che, non credo solo a me, sembrano appartenere ad epoche passate.

Non temano! 

Gli italiani, visto anche il livello e l’inadeguatezza delle opposizioni, continueranno a votarli, anche se non riescono più ad emozionarsi davanti a parole come “Patria “ o “Naaazzziiiooone”.

Da liberal-democratico incallito sono infatti convinto che se il mondo sembra andare a destra, la cosa potrà dispiacere ai gauchistes, ma non va certo demonizzata.

L’unica speranza è che le nuove destre, ovunque esse siano, dalla Germania alla Spagna alla Francia all’Ungheria, guardino al futuro,  e non ad un passato fatto di saluti romani, di camicie brune, o di orpelli da abbandonare alla storia, fra l’altro una storia sicuramente non esaltante.

Umberto Baldo 

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