Il Monopoli di Donald Trump. Da giocare rigorosamente con lo scolapasta in testa.

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Io immagino le serate alla Casa Bianca, con Donald Trump, il vice J.D. Vance, il Segretario di Stato Marco Rubio e quello alla Difesa Pete Hegseth, intenti a giocare a Monòpoli nella Sala Ovale.
Ma il loro Monòpoli è diverso da quello dei comuni mortali, in quanto al posto dei Vicolo Stretto o Largo Augusto le caselle riportano tutti gli Stati della Terra.
E così, dopo un tiro di dadi, si potrebbe sentire Trump affermare “mi prendo la Groenlandia” o Vance “Ed io Panama”, e magari Rubio “ed io mi pappo l’Islanda”.
A quel tavolo il gioco non consiste nell’acquistare case, alberghi, o riscuotere affitti, ma i rapporti sono regolati da azioni come “applica dazi”, “fai un assalto”, “attacco con droni”, “straccia il trattato”, “bastona gli alleati”, “aumenta la tua quota Nato”, “fai un’offerta che non si può rifiutare”.
Cosa fondamentale, per poter giocare a quel tavolo è sedersi portando in testa o lo “petit chapeau” di Napoleone o uno scolapasta.
Scherzi a parte, stiamo verificando giorno dopo giorno che, come ha scritto il New York Times “una banda di gangster ha occupato la Casa Bianca”, e che la visione di Trump è sempre più simile a quella del “Padrino”, cioè quella di un affarista che punta a massimizzare i profitti, spremere gli avversari, e consolidare il proprio dominio, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze.
l problema è che il mondo reale non funziona come il Monòpoli: non si può semplicemente ribaltare il tavolo quando le cose vanno male, o sperare che alla fine tutti paghino l’affitto.
Gli equilibri internazionali sono più complessi di un tabellone con caselle colorate.
E purtroppo ce ne accorgeremo tutti molto presto.
Umberto Baldo