24 Gennaio 2025 - 18.51

Il Nuovo Codice della Strada di Salvini: clienti dei ristoranti e bar terrorizzati, benvenuti nell’era dell’astinenza totale (o quasi)

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Di Alessandro Cammarano

Anno nuovo, codice nuovo! In Italia, la guerra al bicchiere di troppo ha raggiunto vette da Guinness dei Primati, e non stiamo parlando di birra. Con le ultime modifiche al Codice della Strada, sembra che il vero nemico pubblico non siano più i mafiosi o i politici corrotti, ma quel calice di Refosco che osa affacciarsi sulla tua tavola mentre ceni. 

Le nuove regole? Draconiane, roba che il codice di Hammurabi in confronto è un inno alla trasgressione.
Un bicchiere di vino e sei praticamente un fuorilegge, due calici e sei etichettato come un terrorista della strada; tre flûte? Tanto vale consegnarti spontaneamente alla polizia, con l’alcoltest già in bocca.

Tutto questo sconvolgimento – miopemente punitivo e non virtuosamente educativo – sta causando enoteche e i ristoranti, ormai, sono sull’orlo di una crisi di nervi visto il crollo verticale delle vendite e da qui, in una perversa reazione a catena che si ripercuote sull’intera filiera, dalla produzione alla distribuzione.

Chi ci rimette non è solo il signor Rossi, che ha una cantina da far invidia a un barone francese, ma anche il povero ristoratore che si ritrova con file di bottiglie polverose e clienti terrorizzati.

Fino a poche settimane fa si usciva in tutta tranquliità, chiaro che l’amico che alza un po’ troppo il gomito – leggasi imbriagón – lo abbiamo tutti: lo si teneva sotto controllo e poi magari gli si dava un passaggio a casa impedendogli di mettersi al volante, affidandosi comunque al buonsenso, ma ora non più.

Adesso la scena tipica al ristorante o in pizzeria è cambiata: un tempo si ordinava un Brunello senza pensarci troppo, oggi invece il cliente medio si agita, consulta app e tabelle sul tasso alcolemico e alla fine opta per… una tisana. I camerieri, da sommelier, sono diventati consulenti legali: “Questo rosso ha 13 gradi, ma se mangia la carbonara dovrebbe riuscire a rimanere sotto il limite… forse”.

Ma l’ingegno italiano non si fa piegare, e i ristoratori stanno mettendo a punto escamotage astutissimi per aggirare gli orridi divieti e le possibili sanzioni da repubblica islamica: equi iniziano le vere perle di comicità.
Si comincia con il vino da asporto, ovvero la doggy-bag enologica: non puoi bere in sala? Nessun problema! Ora le enoteche ti offrono il “calice d’asporto” in eleganti bottigliette da 100 ml.
Lo bevi a casa, in pantofole, davanti alla tv, mentre ripeti a te stesso: “Almeno così non rischio la patente”.

Altra trovata alla Richelieu è il menù zero alcol: alcuni ristoranti hanno lanciato menù gourmet che abbinano ogni piatto… all’acqua. Dalla minerale naturale con lieve retrogusto sulfureo per il pesce alla frizzante con bollicine oblique per la carne. Vuoi il dessert? Un bicchiere di acqua del rubinetto, vintage 2023, è il matrimonio ideale.
Corollario: ci sono acque minerali islandesi che costano più di un Sassicaia e che nessuno, se non gli emiri o i cafoni, comprava ma che adesso sono diventate oggetto di sfrenato desiderio.

Parecchio interessante pure la navetta del vino, ovvero sorta di Uber del bere: ti vengono a prendere a casa, ti portano al ristorante, ti lasciano bere come un sommelier al Vinitaly e poi ti riportano a casa. L’unico problema? La tariffa: dopo il quarto bicchiere, forse ti conveniva noleggiare una limousine. Alcuni ristoranti la offrono come servizio aggiuntivo gratuito, ma solo se ti scoli una damigiana di Romanée-Conti di grande annata.

E che dire degli alcol-test “fai da te”? Al posto delle caramelle, ora i ristoranti offrono etilometri usa e getta. Vuoi bere un bicchiere di Amarone? Soffiaci dentro prima di ordinare il secondo. L’unica vera controindicazione? Il test diventa un gioco da tavolo quando il vino comincia a fare effetto.

E in mezzo a questo bordello di divieti e sanzioni il cliente medio cosa fa? C’è chi ha deciso di adattarsi, chi preferisce rimanere sobrio e chi, invece, adotta strategie borderline: “Bevo a casa e poi esco”, “Prendo il taxi, ma solo per l’andata” o il mitico “Non bevo più, guido io… ma mi mangio tutta la torta”.

Poi c’è l’immancabile categoria di chi si sente un James Bond del volante: “Un bicchiere di vino non mi ferma, tanto so come far funzionare il fiatone per ingannare l’etilometro”.

Tutto questo bailamme, che per inciso ci auguriamo termini con i primi – inevitabili – ricorsi giudiziari che provvederanno a rimettere ogni cosa sul piano di un’equità tra infrazione e sanzione, al momento coinvolge anche i raffreddati, dato che pure un innocuo spray decongestionante può alterare i valori facendo passare qualsiasi derelitto costipato per un fattone alcolizzato.

Concludendo – come diceva Mike Bongiorno quando pubblicizzava una nota grappa, tanto per rimanere in tema – c’è una morale in tutto questo, ed è che l’Italia rimane il paese dell’arte di arrangiarsi.
Tra un codice della strada sempre più severo e un popolo che si rifiuta di abbandonare la gioia di un buon bicchiere, il compromesso è diventato un’arte a sé.

E mentre le enoteche si trasformano in bunker anti-legge e i ristoranti cercano di servire emozioni a zero alcol, una cosa è certa: il vino italiano è più sobrio di noi.

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