23 Agosto 2022 - 12.39

Il Parlamento? Sempre più marginale e le candidature lo confermano

Alle “ocho de la tarde” di ieri è suonato il gong.  “Rien ne va plus”, per usare una terminologia da Casinò.

In quel preciso istante si è chiusa per i Partiti forse la fase più difficile di una campagna elettorale, quella della compilazione delle liste, con tutto quel che ne consegue in termini di caos, di mal di pancia, di tensioni, di capricci dei candidati, di guerre fratricide, di esclusioni eccellenti.

Intendiamoci, è sempre stato così, ma stavolta l’individuazione dei nomi da proporre agli elettori ha dovuto fare i conti con la cospicua riduzione del numero dei Parlamentari, imposta dal Movimento 5 Stelle ad un Pd fino a quel momento riluttante, che ha fatto saltare certezze consolidate da decenni. 

C’è da sperare che queste difficoltà costituiscano un monito per i Partiti per una seria riflessione sugli effetti del combinato disposto della legge elettorale chiamata “Rosatellum” e appunto del taglio di deputati e senatori.

Perché lo capiva anche un bambino che meno parlamentari ci sono, meno possibilità si aprono per i non professionisti della politica di accedere alle Camere. 

Non ci perderemo nella defatigante elencazione dei candidati; quella la potete trovare in comodi specchietti su tutti i giornali!

Noi da quelle liste, perché comunque da quelle bisogna partire, cercheremo di individuare la logica che sta alla base della compilazione delle stesse, sempre ammesso che una logica ci sia. 

Ad una prima lettura ci sembra che le liste suggeriscano l’idea di una chiusura del Partiti alla società, di un arroccamento della politica rispetto all’Italia “vera”, quella che si alza ogni mattina, e nei luoghi di lavoro fa il proprio dovere per tenere in piedi questo Paese. 

Dove sono gli esponenti del mondo della cultura universitaria e del volontariato?

Dove sono i climatologi, i ricercatori, gli intellettuali, gli esperti di nano tecnologie, di medicina, di politica internazionale, di mass media, ed in generale di tutte quelle discipline che caratterizzano questa fase della storia umana?

E badate bene che non si tratta di voler a tutti i costi affermare un primato dei tecnici sui politici, quanto di osservare che non esiste quasi più osmosi fra la politica e la società, come se si trattasse di due mondi separati, con la politica sempre più chiusa in un fortino fatto da professionisti che vivono in  un mondo che riesce a parlare solo a se stesso.

Sono decenni che si parla di un sempre maggiore distacco fra gli “onorevoli” ed il cittadino comune, e chi sperava che stavolta queste “barriere” sarebbero state abbattute non può che uscirne deluso.

Perché è del tutto evidente che nella compilazione delle liste hanno prevalso i criteri della fedeltà al capo, del familismo, dell’opportunismo, della cooptazione. 

E tutto questo è stato visivamente confermato dalle modalità con cui le liste sono state compilate, nel chiuso degli uffici delle aristocrazie che governano i Partiti, senza un reale coinvolgimento di quello che resta del mondo dei militanti, delle sezioni, dei circoli. 

Perché meravigliarsi se il ruolo del Parlamento in questi anni si è fatto via via sempre più modesto e marginale, se la selezione dei candidati , salvo qualche eccezione, è fatta esclusivamente sulla base dei meriti di fedeltà al leader, o su quella della visibilità sui social media?

Come meravigliarsi se anno dopo anno il ruolo del Governo è diventato via via più centrale, dato che il ceto politico è interessato solo a perpetuare se stesso, piuttosto che aprire la aule parlamentari alla parte più colta, più in linea con i tempi, più consapevole dei problemi di ogni giorno, più rappresentativa anche di quella grande fetta di elettorato che non se la sente più nemmeno di andare a votare? 

Il fenomeno è ovviamente nazionale, ed il nostro Veneto non fa eccezione.

A grandi linee, scorrendo le liste, ci sembra di capire che la Lega ha optato per la riconferma in blocco degli esponenti di provata fede salviniana, tanto che si parla di mugugni, di sbalordimento, della cosiddetta “componente Zaiana”, che pure nelle ultime regionali aveva fatto il pieno di voti.

Ci sembra di poter dire che è inutile sbalordirsi nelle sezioni non coinvolte nelle scelte dei candidati, se poi si accetta supinamente tutto quello che viene imposto dall’alto da Salvini e dal suo entourage!

In Forza Italia le novità sembrano tutte nella candidatura dell’attuale capogruppo al Senato Anna Maria Bernini, “paracadutata” in Veneto, ed allo spostamento in Basilicata della senatrice Maria Elisabetta Casellati Alberti.

Interessante ci sembra comunque la candidatura come capolista nel maggioritario a Verona di Flavio Tosi, che potrebbe portare ad un risultato interessante. In generale sembra che il “grande vecchio” Silvio Berlusconi abbia privilegiato l’”usato sicuro” all’innesto di giovani.

Il volto nuovo di Fratelli d’Italia in Veneto ci sembra quello dell’ex magistrato Carlo Nordio, che potrebbe essere chiamato anche ad incarichi in un futuro governo di Giorgia Meloni.  Per il resto nomi già visti, ma per Fratelli d’Italia le sceltre sono state sicuramente facilitate dal fatto che, se i voti nelle urne saranno conformi ai sondaggi, ci saranno molti più eletti delle ultime elezioni.

Nel Partito Democratico va segnalata senz’altro la scelta del Segretario Enrico letta di correre da copolista nel proporzionale a Vicenza. Per il resto sembra che l’unico sicuramente eletto dovrebbe essere Alessandro Zan. 

Per Azione e Italia Viva hanno scelto di correre in Veneto Carlo Calenda nel proporzionale al Senato nel collegio Veneto2, e la Ministra Elena Bonetti sempre nel proporzionale alla Camera.

Alla fine della fiera, ci sembra di poter dire che dopo tanto parlare, dopo tante promesse di rinnovamento, in una sorta di gioco dell’oca all’incontrario ci troviamo ancora con redivivi di Governi passati, da Giulio Tremonti a Marcello Pera, da Giulio Terzi a Pieri Fassino solo per citarne alcuni.

Permetteteci di chiudere elogiando la scelta di Pierluigi Bersani che ha rinunciato ad una candidatura con queste parole: “Tante persone mi stanno chiedendo il motivo…ma è normale come il tempo che passa. Io ho fatto per 20 anni il parlamentare, l’ho fatto da ministro e da segretario. Mi sembra abbastanza. Non abbandono la politica, la farò in un altro modo e nemmeno la mia compagnia”.

Bersani ha 70 anni, e ritiene di avere fatto la sua parte.

Provate a scorrere le liste, e provate a guardare l’età di molte “vecchie glorie” che correranno anche stavolta!

Vi stupirete!

Luca Faietti e Umberto Baldo

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