Il più brutto Sanremo di sempre: le pagelle

Sanremo 2025: le pagelle.
Di Alessandro Cammarano
“Che noia che barba, che barba che noia”: mai come in questa occasione il mantra di Sandra Mondaini in “Casa Vianello” è risultato così calzante.
Si sta ovviamente parlando del Festival di Sanremo 2025 che sotto la direzione artistica di Carlo “Raku” Conti ha fatto un balzo indietro tanto lungo da far sembrare la RAI censoria e benpensante dell’era Bernabei un coacervo di seguaci di Che Guevara.
La famiglia “papà e mamma”, “Sole cuore amore”, quel “guerriera” osceno rivolto a Bianca Balti, la cariatide cafona Zanicchi, Malgioglio che sembra ormai la parodia di se stesso, il baby pianista “che suona come Mozart” e il piccolo saccente esperto del Festival sono solo una parte di un Sanremo oscurantista, cieco al mondo e ai suoi cambiamenti, in sosta perenne sul binario del tedio più assoluto dove il guizzo e l’improvvisazione lasciano il posto ai cliché cari a chi non vuole sporcarsi le mani.
Tutto questo si riflette, naturalmente, sulle canzoni in gara, la cui “qualità” va di serata in serata uniformandosi verso il basso.
Dunque, è ora di pagelle, con gli artisti in gara rigorosamente in ordine alfabetico e una sintesi necessaria, visto che sono ventinove.
Achille Lauro – “Incoscienti giovani”: ancora una volta, Lauro propone una traccia che sembra una ripetizione delle sue precedenti esibizioni – solo che questa volta la canzone pare scritta per Tananai – senza apportare nulla di nuovo. Voto 5,5.
Bresh – “La tana del granchio”: un brano che si perde in metafore poco chiare, con una melodia che non lascia alcun segno. Voto 5 perché è carino.
Brunori Sas – “L’albero delle noci”: nonostante la sua reputazione, questa canzone risulta prevedibile e ricca di “ispirazioni” tratte dal repertorio di De Gregori. Voto 6,5, perché nel mondo dei ciechi l’orbo è re
Clara – “Febbre”: un tentativo di pop moderno che finisce per essere una copia sbiadita di trend già superati e somiglia almeno a dieci canzoni già sentite. Voto: 4,5.
Coma_Cose – “Cuoricini”: il duo non riesce a più a sorprendere, offrendo un pezzo che suona come una versione diluita dei loro successi passati. Voto 5 perché il trucco da Sposa Cadavere è divertente.
Elodie – “Dimenticarsi alle 7”: performance tecnicamente valida, gran scelta di look, ma il brano manca di profondità e originalità. 6 per meriti precedenti.
Fedez – “Battito”: inaspettatamente tra i migliori. Il testo lascia qualcosa e fa dimenticare le lenti a contatto da rettiliano. Voto 7
Francesca Michielin – “Fango in Paradiso”: un titolo promettente che però non mantiene le aspettative, con un testo banale e una melodia già sentita. Voto 6 e auguri di pronta guarigione
Francesco Gabbani – “Viva la vita”: Gabbani propone un brano che sembra una ripetizione dei suoi lavori precedenti ma con assai meno verve, senza alcuna evoluzione artistica. Voto 6 per aver fatto un patto col diavolo o con il chirurgo estetico.
Gaia – “Chiamo io chiami tu”: voce importante per una traccia pop standard che non offre nulla di nuovo né dal punto di vista lirico né musicale. Voto 4,4
Giorgia – “La cura per me”: nonostante la sua voce straordinaria, il brano risulta prevedibile oltre che pericolosamente ispirato a “La notte dei Miracoli”. Voto 6,5 che avrebbe potuto essere 7, ma Dalla non si tocca.
Irama – “Lentamente”: una ballata carina che però scorre senza lasciare traccia, con un testo poco incisivo. Però lui se la gioca bene. Voto 7.
Joan Thiele – “Eco”: un tentativo di sperimentazione che però non decolla, rimanendo intrappolato in cliché musicali strasentiti. Voto 4,5 perché il disagio di facciata è fastidioso.
Lucio Corsi – “Volevo essere un duro”: strano, da scoprire, sicuramente il più sincero sul palco. Il pezzo non è indimenticabile ma il ragazzo va tenuto d’occhio. Voto 7,5 e l’auspicio del podio.
Marcella Bella – “Pelle diamante”: nonostante l’esperienza e una tecnica da fare impallidire i pischelli schiavi dell’intonazione assistita la canzone appare datata e priva di freschezza. Voto 6,5.
Massimo Ranieri – “Lettera di là dal mare”: una performance che non aggiunge nulla di nuovo al repertorio dell’artista, che però può contare sul televoto di legioni di nonne. Voto 6,5 per rispetto di ciò che è stato.
Modà – “Non ti dimentico”: una ballatina rock che suona come una ripetizione dei loro successi passati. Ideale per essere cantata sotto la doccia. Voto 5.
Noemi – “Ti amo non lo so dire”: un’ira di Dio di voce e di grinta per brano che manca di profondità emotiva, con una melodia datatissima. Voto 5,5
Olly – “Balorda nostalgia”: la erre moscia e il fisico pompato, oltre ad una certa qual empatia aiutano a mandare giù una canzone così così che potrebbe essere tra le hit dell’estate. Voto 7 e odore di vertice in classifica.
Rkomi – “Il ritmo delle cose”: il nuovo taglio di capelli “alla Frodo” è carino, lui è garbato, milanese non eccessivamente imbruttito, ma la canzone non si può sentire. Voto 5 per simpatia.
Rocco Hunt – “Mille volte ancora”: un tentativo di pop-rap nulla più che banale e privo di originalità. Voto 5.
Rose Villain – “Fuorilegge”: bella come una dea, voce interessante, il tutto per una canzone che è il clone di tutte le sue precedenti, ovvero un mix di Baby K e Elettra Lamborghini. Voto 4,5
Sarah Toscano – “Amarcord”: un brano nostalgico che però non riesce a evocare emozioni autentiche, risultando quanto mai piatto. Voto 4,5
Serena Brancale – “Anema e core”: una performance vocale valida, ma la canzone manca di qualsiasi struttura. Voto 6.
Shablo con Guè, Joshua e Tormento – “La mia parola”: il “Quartetto Che C’entra” in un tentativo di rap collaborativo che però suona forzato e poco coeso. Voto 4.
Simone Cristicchi – “Quando sarai piccola”: mamme e zie in lacrime, tema spinoso trattato in maniera paraculesca alquanto e condito da dichiarazioni che nemmeno Povia. Per questo in odore di vittoria. Voto 3,5. Ma il giudizio su Cristicchi è divisivo (se non sei d’accordo con il giudizio leggi qui: https://www.tviweb.it/sanremo-cristicchi-pianta-un-coltello-nel-cuore-degli-italiani/ )
The Kolors – “Tu con chi fai l’amore”: n brano che cerca di richiamare sonorità passate e niente più. 4,5 che avrebbe potuto essere un 5 se Stash non si fosse fatto la permanente
Tony Effe – “Damme ‘na mano”: uno stornello-trap di agghiacciante vuotezza eseguito con lo stesso entusiasmo col quale ci si va a cavare un dente. Voto 3
Willie Peyote – “Grazie ma no grazie”: non è Jannacci ma almeno il testo è sufficientemente ironico da emergere nella palude amorfa dell’Ariston. Voto 7,5 e speranza di piazzamento.