Il Quatar si compra l’Europa! Dopo il PSG ora è la volta del Manchester United
La notizia è di quelle in grado di eccitare le fantasie dei tifosi, ma anche invidie o recriminazioni di altre tifoserie.
A cosa mi riferisco?
Al fatto che il Qatar sarebbe in dirittura d’arrivo per acquistare la squadra di calcio del Manchester United.
Anche se al momento manca l’ufficialità, l’operazione sarebbe ormai ad un passo della firma, e stiamo parlando di un affare che varrebbe più di 6 miliardi di sterline, fra quanto verrà versato alla famiglia Glazer, proprietaria del Club, e quello che servirà per migliorare infrastrutture e parco giocatori.
Per i meno attenti, o i non calciofili, non stiamo parlando della squadra che lo scorso 10 giugno ha negato alla nostra Inter la conquista della Champion League.
Già perché la città inglese di Manchester, come avviene in molte realtà europee (es. Torino con Juventus e Torino, Roma con Roma e Lazio, Milano con Milan ed Inter, Madrid con Real Madrid e Atletico Madrid) vanta due club calcistici, il Manchester City (fresco vincitore della Champion per la prima volta) ed il Manchester United; due squadre che danno vita ad un confronto cittadino che dura da 130 anni, riempiendo le pagine dei giornali e i discorsi dei tifosi nei pub inglesi.
Ma a breve lo scontro sarà anche fra due monarchie del Golfo persico, gli Sceicchi degli Emirati Arabi Uniti, proprietari del City, ed appunto l’Emiro del Qatar, dopo che lo United sarà entrato nella scuderia “qatarina”, affiancandosi così ad un’altra squadra “atomica”, il Paris Saint Germain, che ha rivoluzionato il calcio miliardario forse più di Real Madrid e Chelsea.
Al di là dell’aspetto sportivo, su cui magari tornerò più avanti, questa operazione, che comunque la sia pensi è di natura prevalentemente finanziaria, dimostra come il calcio inglese viaggia attualmente ad un altro livello rispetto a tutti gli altri, non solo come appetibilità televisiva, ma soprattutto come attrattore di capitali.
La realtà è che dietro queste acquisizioni c’è una strategia ben precisa degli sceicchi: che parte dalla considerazione che in un’epoca come questa, in cui non apparire significa non esistere, la visibilità assicurata dalle più importanti e prestigiose squadre di calcio del mondo (che hanno milioni di tifosi in tutti e cinque i continenti) garantisce un’influenza a livello globale impareggiabile.
Ma non solo: lo sport diventa anche una leva per creare ulteriori, infinite, nuove occasioni di business.
Quindi il calcio è solo una sorta di “biglietto da visita”, perché gli interessi in campo sono inimmaginabili, e volendo sintetizzare quanto sta avvenendo da anni, si potrebbe dire che “il Qatar si sta comprando l’Europa”.
Solo per darvi un’idea, e limitandosi al solo settore immobiliare, dal 2007, il Qatar ha investito oltre 5,7 miliardi di euro nel settore immobiliare di varie città europee, soprattutto Londra e Parigi. Nella capitale britannica ha finanziato la costruzione dello Shard, il grattacielo più alto dell’Unione europea, inaugurato poche settimane prima dell’inizio dei Giochi olimpici. Nel Regno Unito il piccolo Stato è proprietario dei grandi magazzini Harrods e ha una quota del 27% in Songbird Estates, società che possiede la maggior parte degli edifici di Canary Wharf, quartiere finanziario di Londra. A Parigi il Fondo sovrano dell’emirato ha acquistato edifici per centinaia di milioni di euro, fra cui un mega albergo situato sugli Champs Elysées, del valore di 500 milioni di euro.
Ma se estendiamo lo sguardo alle grandi industrie, alle Banche e alle Assicurazioni europee, ci accorgiamo che in pochi decenni Qatar, Arabia Saudita e Bahrain si sono serviti del denaro ricavato dal settore energetico per diventare partner fondamentali dell’economia europea, e di recente anche della politica estera soprattutto su questioni riguardanti il Medio Oriente.
A ben guardare stanno utilizzando i nostri soldi (quelli con cui compriamo il loro gas ed il loro petrolio) per comperarsi le nostre economie.
Scherzando un po’, ma in realtà non più di tanto, si potrebbe dire che la conquista dell’Europa che non riuscì agli arabi nel medioevo, la stanno realizzando adesso non con le scimitarre, ma con i petrodollari e le loro televisioni Al-Jazeera e Al-Arabya.
Tornando da dove siamo partiti, cioè al calcio, il mondiale del Qatar è stato a tutti gli effetti un caso paradigmatico del ruolo del calcio e delle competizioni calcistiche globali come strumento di soft power per acquisire visibilità.
In altre parole il Qatar è la prova del ruolo geopolitico del calcio, sport in grado di attribuire visibilità e peso politico a Paesi che dalla loro hanno solo un sottosuolo estremamente ricco di idrocarburi.
Detta in altre parole il calcio aiuta a dare “un’immagine rassicurante” di quella che, secondo alcuni, è un’invasione finanziaria.
Gli arabi (o meglio i Fondi Sovrani del Golfo Persico) sono stati bravi a comprenderlo, e di conseguenza ormai hanno messo le mani sul calcio europeo; e ciò grazie alla capacità di spesa illimitata, alle grandi ambizioni, agli inevitabili successi sportivi,e anche a qualche delusione presto dimenticata.
Non è stato solo il calcio inglese ad essere beneficato da questi capitali.
Sempre restando al top dei club continentali, ricordiamo che Real Madrid e Barcellona sono sponsorizzate rispettivamente da Emirates Airlines e da Qatar Airways, con contratti da centinaia di milioni di euro.
Il Barcellona si era sempre rifiutato di far comparire uno sponsor sulla propria maglia; i soldi qatarioti hanno rapidamente fatto rapidamente cambiare idea alla dirigenza blaugrana.
Lo aveva ben capito anche Vespasiano quando pronunciò la famosa frase “pecunia non olet”.
E lo hanno compreso anche i mandarini che guidano la Fifa, che assegnarono il mondiale 2022 al Qatar facendo finta di non vedere lo scarso rispetto dei diritti umani, gli abusi sui lavoratori immigrati, le leggi che puniscono l’omosessualità, ed il clima non certo favorevole alle competizioni calcistiche.
Alla fine della fiera non resta che prendere atto che politica, immagine e business si intrecciano laddove la passione cieca del pubblico porta a narcotizzare cause e pretesti: è ciò che per due decenni hanno fatto gli oligarchi russi (chi ricorda quando il sogno di ogni tifoso era quello di veder spuntare un Abramovic per il proprio club?), oggi lo fanno i Fondi Sovrani del Golfo, dietro i quali spesso ci sono interi Stati e, quando non è apertamente così, sono comunque significative le connessioni con le famiglie regnanti dei Paesi autocratici dell’area.
Certo bloccare queste acquisizioni non è possibile, ma secondo me questa girandola miliardaria alla fine rischia di affossare il movimento calcistico in generale.
Come possono competere le squadre che non hanno i capitali arabi alle spalle?
Come possono fare gli altri Club, dotati di mezzi limitati, ad accaparrarsi qualche fuoriclasse?
Il rischio è che non solo i campionati nazionali, ma anche le competizioni internazionali risultino falsate, e diventino alla fine solo “tornei riservati a pochi intimi”, o “pochi eletti” se preferite, cioè solo ad un ristretto gruppo di squadre sostenute dai miliardi di sceicchi od oligarchi.
In fondo qualcuno ci ha già pensato, e l’idea della cosiddetta “Super Lega” a mio avviso altro non era che l’ammissione di questa nuova realtà.
Umberto Baldo