11 Giugno 2023 - 9.54

Il rammendo del Sindaco

Mercoledì è la data fissata per scoprire quale sarà la squadra scelta da Giacomo Possamai per comporre la nuova giunta. Gran parte dei nomi sono definiti, il metodo anche. E così pure la versione del sindaco del concetto di rappresentatività, un mix di consenso – leggi preferenze -, competenza – “non basta aver preso i voti, servono anche capacità” avrebbe detto in queste ore il Primo Cittadino – e l’edizione aggiornata del Manuale Cencelli, in formula quasi calcistica: 3-2-1-1-1-1. Tre assessori al PD, 2 alla civica di Possamai, un assessore ciascuno alle altre quattro liste.

I nomi dati per certi sono Isabella Sala e Cristina Balbi (PD), Matteo Tosetto (Lista Tosetto), Leonardo Nicolai (Coalizione Civica), mentre non ci sono smentite nè conferme per gli altri. Possamai dovrebbe tenere per sè la Sicurezza e il rapporto con i comuni dell’hinterland. Per il resto sarebbe rientrata l’ipotesi di Tosetto agli Interventi Sociali, mentre il puzzle delle deleghe definitivo sarà reso noto nei prossimi giorni.

Nel frattempo il sindaco ha incontrato una ventina di delegazioni della città tra partiti che lo sostengono, associazioni di categoria, sindacati, non escludendo praticamente nessuno di chi ha una rappresentanza istituzionale sul territorio.

E qui abbiamo una, prima, discontinuità.

I sindaci precedenti avevano stile e metodi diversi. Quelli di centrodestra – Hullweck e Rucco – concordavano con le liste che li supportavano programmi e rappresentanza in Giunta e nel sottogoverno, nel centrosinistra Variati, – Quaresimin era più tradizionalista nella liturgia da Prima Repubblica, – invece tendenzialmente decideva tutto da solo. Del resto tra le due coalizioni c’è sempre stata una differenza di fondo: il centrodestra vince grazie alla forza della coalizione, il centrosinistra vince quando trova il candidato sindaco che fa la differenza e attira consenso anche da destra, spesso capitalizzando a suo favore le risse intestine o i personalismi.

Insomma con i sindaci di Centrodestra c’è una liturgia che assomiglia molto, più nella forma che nella sostanza, a quella della Prima Repubblica. Con i sindaci di Centrosinistra, soprattutto con Variati, che è stato un modello di governo di quella parte politica, essendo vissuto come il Salvatore della Patria perchè vince contro un centrodestra diffuso che è, sulla carta, maggioranza, diventa un po’ l’uomo solo al comando, che ascolta tutti, ma decide in autonomia. E nessuno ne mette in discussione l’autorità.

Con Giacomo Possamai qualcosa sta cambiando.

Il rituale delle consultazioni non è più materia per iniziati. Ogni due per tre il sindaco convoca i giornalisti ufficialmente e li informa dei passi che sta facendo nella costruzione della giunta, negli incontri con le parti sociali. Li informa e li aggiorna. Dando la sensazione che ci sia la volontà di allontanare dalla politica le ambiguità che ne hanno sempre fatto parte. Come dire, informare tanto per far capire che Palazzo Trissino è diventato di vetro.

E, per adesso, funziona.

La seconda discontinuità con il passato è che la maratona di consultazioni che Possamai ha inanellato in queste settimane ha un valore simbolico da non sottovalutare perchè esprime un obiettivo politico, ricucire le divisioni e gli antagonismi tra la politica ed il resto della città. In passato le opzioni sono state il conflitto o il disinteresse. Per tutti. Bisogna andare ai grandi sindaci della Prima Repubblica per ritrovare indizi di questo metodo, Giorgio Sala e Antonio Corazzin. Poi la Seconda Repubblica e il bipolarismo hanno rotto lo schema. Chi vince piglia tutto. La destra lo dichiara e lo fa, la sinistra lo nasconde, se ne vergogna, ma lo fa uguale. Il rammendo di Possamai è un cambio di paradigma in questo avvio di nuova Amminstrazione e va registrato e apprezzato. Ricucire un rapporto serio fra le parti è il primo atto politico vero del Sindaco Possamai

La terza è la rivoluzione della grammatica politica. La campagna elettorale si è caratterizzata dalla capacità di mettere insieme una squadra che ha viaggiato compatta e positiva per mesi insieme al candidato. Non era facile perchè le provenienze di quella squadra erano molto eterogenee, ma, al contrario delle divisioni nella parte opposta, dove molti giocavano a chi fa meno, il gruppo ha tenuto. E lo sta facendo anche adesso. Al netto dei self un po’ naif che vediamo sui social, con un centrosinistra che si mette la cravatta, si accorcia la barba e indossa il vestito sbagliato, rimane qualcosa di più utile, l’energia positiva di una squadra che ha funzionato, e che, se si è trasferita a Palazzo Trissino, luogo dei veleni da Trono di Spade, sarà la terza discontinuità. In questo non si può non vedere una similitudine con il primo Matteo Renzi, anche se Giacomo, di rottamazione, non parla, anzi ha grande considerazione per la politica del passato. Altro elemento che moltiplica il cambio di paradigma.

Siamo tuttavia ancora dentro la campagna elettorale. Stabilito chi ha vinto, si passa al modo di lavorare del vincitore nella costruzione delle geometrie dei nuovi poteri. In altre parole, sta continuando la narrazione di un progetto politico e finora le mosse sono giuste, in qualche caso addirittura la rappresentazione di una rottura degli schemi che a Vicenza può funzionare perché non ha nulla di brutale. Da mercoledì però inizia la sfida vera, quella dei provvedimenti e delle scelte amministrative e sarà su questo che il sindaco dovrà dimostrare la discontinuità che la città si aspetta, quella del riuscire a restituirle il protagonismo che merita e portarla, davvero, nel Terzo Millennio.

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