Il sabato italiano dei comizi. Tutti discorsi ad “uso delle curve”
di Umberto Baldo
Comunque vada abbiamo una certezza: che lunedì prossimo, “uncò òto”, come si dice in Veneto, sapremo come è andata a finire.
Meglio cercheremo di capire dai commenti di politologi, e più spesso di politicanti interessati, chi ha vinto e chi ha perso, mettendo in conto che, per quante “Maratone Mentana” potremmo vedere, ci scontreremo sempre con le furbizie dei nostri Demostene, che sono maestri nel rimescolare la carte a loro vantaggio, anche quando i risultati delle urne non sono stati entusiasmanti per il loro Partito.
Oltre tutto, trattandosi di elezioni “continentali”, diventa più facile mascherare eventuali sconfitte della propria forza politica mediante raffronti con altri Paesi, dove magari forze affini od alleate hanno ottenuto ottimi risultati.
Ma c’è un però; come vi predico da anni abbiate la pazienza di leggere i numeri, di guardare con attenzione le tabelle di raffronto, perché “almeno i numeri non mentono”, ed hanno voglia di raccontarla Lor Signori.
Fatta questa premessa, trattandosi senza alcun dubbio delle elezioni europee più importanti degli ultimi decenni, non solo perché potrebbero cambiare storiche alleanze politiche che sembravano quasi cristallizzate, ma anche perché si svolgono in un momento in cui ci sono due guerre aperte in corso, gli Usa sono in attesa di sapere se Trump tornerà alla Casa Bianca, e si stanno mettendo in dubbio gli equilibri geo-politici post seconda guerra mondiale, penso non vi meraviglierete se questa settimana i miei pezzi saranno in parte dedicati a questa problematica.
Ma non abbiate timore, non vi tedierò con le regole del voto; perché ve le ho già illustrate abbondantemente in una “trilogia” del 2-3-4 aprile, alla quale vi rimando se avete qualche dubbio.
Capisco che, se appartenete a quella cospicua parte di italiani ai quali delle elezioni non “può fregare di meno”, e non andrà a votare, la cosa magari possa disturbarvi, ma c’è sempre la possibilità di non cliccare sul pezzo in questione, e ci ritroveremo, se vorrete, a fine “saga elettorale”.
Vediamo quindi lo “stato dell’arte”.
Sabato si sono svolti forse i tre comizi più importanti della campagna, dove hanno parlato i leader.
Più che comizi, rivolti agli elettori comuni, si è trattato di ”adunate”, svoltesi nei luoghi “storici” per i singoli Partiti, e dove i messaggi dei Capi erano chiaramente indirizzati al “loro popolo”, sicuramente nel tentativo di caricarlo in vista dello sforzo finale, quello di accaparrarsi fino all’ultimo voto.
Ed è logico che, se quello era l’obiettivo, a prevalere siano stati gli slogan, gli attacchi agli avversari, le punzecchiature, i distinguo, i “mai con……”.
E così Giorgia Meloni, in una piazza del Popolo a Roma, calda anche per il clima, si è lasciata andare a concetti come “…Il motore dell’amore contro la rabbia, il livore e l’odio di una sinistra che usa la carta disperata del mostro”.
Arrivando a dire di “..non chiamarle elezioni. Il 9 giugno sarà un referendum fra due visioni opposte dell’Europa”.
Usando anche una immagine “calcistica” inconsueta per la politica: “Due anni fa abbiamo vinto lo scudetto, ora vinciamo la Champion”.
E’ chiaro cosa vorrebbe Giorgia Meloni: ottenere dagli elettori un plebiscito a suo favore.
E per cercare di raggiungere questo risultato deve attaccare frontalmente quella che si è scelta come “vero avversario politico”; la Schlein vista capo della sinistra.
E di conseguenza spiattella la sua “visione” di Europa, definita “coraggiosa, fiera, concreta”, contrapposta a quella dell’arci-rivale Elly: “ideologica, centralista, nichilista”.
E per calcare questa sfida a due, che assomiglia sempre più ad un duello rusticano, la Schlein viene chiamata per nome della Premier, pungendola con frasi tipo “Elly dove sei? Non ti nascondere, rispondi!”
Schlein che da Milano risponde alla Meloni con attacchi quali “Faccio fatica a capire che lingua sta parlando e che film sta vedendo”. E ancora: “In un anno e mezzo che governa, Meloni sta cancellando la libertà delle persone. Perché se hai un salario da fame mentre lei blocca il salario minimo, se non riesci a curarti perché tagliano la sanità pubblica, non hai piena libertà in questo Paese”.
Ad un tiro di schioppo dalla Schlein, in quella Piazza Duomo tradizionale luogo dei comizi milanesi della Lega, Matteo Salvini concentra buona parte del suo discorso sul “pacifismo” (il Capitano ha annusato l’aria che tira), augurandosi che in America torni a governare Donald Trump, ribadendo che mai la Lega voterà Ursula von Der Leyen, e chiarendo che “fra le bombe di Macron e la pace di Le Pen abbiamo il dovere di scegliere Le Pen” (in fondo nulla di nuovo perché Salvini e Le Pen sono spesso stati vicini a quel “pacifista” di Putin).
Ma il comizio è stata anche l’occasione per “sfoggiare” il candidato Roberto Vannacci, accolto con molto entusiasmo dai sostenitori, che si è così presentato: “Siete tantissimi. Come avere davanti a sé una legione, la decima legione”, scherzando ancora sulla X Mas, riferimento che aveva sollevato già numerose polemiche.
Chiudendo il suo intervento con queste parole: “l’8 ed il 9 giugno votate per la Lega, e scrivete il nome Vannacci sulla scheda. Al vostro segnale scateneremo l’inferno”.
Non credo che il bagno di folla abbia diradato i malumori delle strutture di Partito proprio per la candidatura del “generale”.
Ed infatti sembra che nel retropalco il clima non fosse proprio quello della piazza, e qualche spiffero gelido si è potuto percepire nelle parole di Luca Zaia che a domanda ha risposto: Se ho salutato Vannacci? Sì, io saluto tutti. Mia mamma mi ha educato così”.
Certo avrei potuto riferirvi anche degli “altri”, da Tajani , a Calenda, a Giuseppe Conte che, per farsi dal male, ha pensato bene di attaccare i Giovani di Confindustria parlando di “capitalismo infetto”, suscitando reazioni piccate ad esempio da parte di Emma Marcegaglia.
Da questa carrellata, che mi rendo conto assomiglia più ad una discussione fra i “polli di Renzo” che ad una campagna elettorale, credo sia evidente una cosa, che ho già segnalato svariate volte.
Quella che i nostri Demostene si guardano bene dallo spiegarci in modo chiaro ed inequivocabile quali siano le loro posizioni sui temi che inevitabilmente saranno sul tappeto finita la bagarre elettorale.
Certo ci parlano di visioni, di idee, di Europa dei popoli, ma restano piuttosto nel vago sui temi scottanti che giocoforza questa Europa dovrà affrontare in tempi rapidi, e mi riferisco, tanto per fare due soli esempi, a quello della difesa comune a fronte dell’escalation della guerra in Ucraina, e della gestione del Patto di stabilità.
Ma di questo avremo modo di riparlarne.
Umberto Baldo