19 Aprile 2024 - 10.02

Kübra: la serie TV diventata cult in Veneto a suon di bestemmie involontarie

Kübra e la bestemmia involontaria.

di Alessandro Cammarano

Quando l’esca è ghiotta il pesce abbocca volentieri, e questa volta il bigattino è davvero gourmet.

Torniamo a parlare di serie TV, ma questa volta non per dare consigli o stilare classifiche, bensì per mettere in luce come un’assonanza linguistica possa generare non tanto malintesi – in realtà anche quelli – ma in questo caso dare il via ad uno tsunami goliardico tutto veneto, ma senz’altro comprensibile anche dai confratelli friulani e dai toscani padri dell’Italiano.

Preambolo storico.

All’epoca della RAI bacchettona e democristianissima – che comunque alla luce dell’odierno schifo appare un faro di pluralismo – a trazione Bernabei era stato stilato un regolamento al quale giornalisti, conduttori ed ospiti dovevano rigidamente attenersi affinché non si generassero “fraintendimenti” nel pubblico.

Vietato dunque proferire la parola “membro” quando ci si riferiva ad un appartenente ad una forza politica o a un a qualsiasi associazione.

Per par condicio i cronisti sportivi, quando si trattava di partite di calcio internazionali, quando si parlava della gloriosa squadra potoghese del Benfìca – horribile dictu – dovevano spostare l’accento, stemperando la pruriginosa allusione all’organo femminile, sulla prima “E” ribattezzando il team lusitano con un poco probabile Bènfica.

Adesso è Netflix – ma dove li vanno a prendere i responsabili delle serie? – a mettere in moto un fantastico girotondo di meme, reel, storie che stanno letteralmente spopolando qui nel Nord-Est, che si rivela ancora una volta capace di coglie al balzo l’occasione per rendersi protagonista di un umorismo caustico e allo stesso tempo autoironico. Non è un caso che Andrea Pennacchi sia Veneto.

Ma veniamo all’argomento del dibattere.

La piattaforma streaming statunitense, che oramai produce in tutti i paesi nei quali è presente – ossia praticamente ovunque fatta esclusione per la Kamtchatka –, ha distribuito un nuovo prodotto realizzato in Turchia dal titolo “Kübra”.

La serie, uscita in sordina qualche settimana fa è diventata in breve tempo virale soprattutto nel Nord-Est ed il motivo è presto spiegato.

In “Kubra” si affronta il tema della religione calato però in un contesto thriller, raccontando la storia di Gökhan, un uomo di provincia che cerca di ricostruire e rimettere insieme la propria vita. La trama si sviluppa quando il protagonista Gökhan inizia a ricevere messaggi anonimi che sembrano predire il futuro, guadagnandosi seguaci e nemici potenti.

Fin qui tutto bene, peccato che in italiano – ma i direttori del doppiaggio e gli stessi doppiatori, per dirla alla romana, “dormono da piedi”? – la pronuncia di Gökhan, infatti, suona del tutto simile a “Djocan”.

Da qui un vero e proprio tsunami di ironia online, dato che non pochi utenti hanno notato che sembra proprio richiamare il suono di quella certa bestemmia che fa crasi tra Fido e il Padre Eterno.

Da qui, si diceva, su TikTok, ma anche su Instagram non c’è pietà per nessuno riguardo a questi scivoloni, e di conseguenza sono andate virali una lunga serie di clip di utenti che filmano la tv nel momento in cui sente il doppiaggio italiano… utenti che poi sottolineavano – senza nascondere l’ilarità della cosa – l’ironia assurda della pronuncia.

Il nome del povero Gökhan diventa giocoforza oggetto di lazzi in una serie di “decontestualizzazioni” spettacolari offerte dai dialoghi stessi.

Si va da un banale “Stai attento Djocan!”, a “Ti consideri un poliziotto, Djocan?”, ma il meglio del meglio viene da un dialogo che recita «“Allah, lui parla con me – “Ma cosa dici, Djocan”»: un capolavoro!!!

Fantastico anche lo scambio di battute coi compagni di calcetto: quando il protagonista declina l’invito dei compagni squadra a proseguire la serata e uno dei compagni se ne esce con un «Devi venire con noi, Djokan!».

Si potrebbe andare avanti all’infinito, ma nel frattempo chiosiamo con una citazione lirica: la geisha protagonista della Madama Buttefly di Puccini, si chiama Ciò-ciò San. Ebbene in tutti i paesi dove si parla lo spagnolo l’infelice giapponesina viene ribattezzata “Sio-sio San”, perché in spagnolo l’originale suonerebbe “Chocho”, che sarebbe un po’ come il succitato “Benfìca”.

Alla prossima, Gökhan

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