La “flessibilità” è solo debito in più
Umberto Baldo
Il vedere i capi di Stato e di Governo europei convergere venerdì 8 novembre ad un vertice informale a Budapest, solo qualche giorno dopo le elezioni americane, fornisce a mio l’idea precisa di quanto la vittoria di Donald Trump stia scompaginando la politica europea, e turbi i sogni dei leader della Ue.
L’impressione, da quanto trapelato, è che ci sia una sostanziale convergenza sul fatto che gli scenari impongono un cambio di marcia, ma come al solito ci siano divergenze fra i Paesi ad alto debito tendenzialmente “federalisti” (ovviamente federalisti sul debito intendo) come l’Italia, ed i cosiddetti “frugali”, quelli cioè che hanno i conti in ordine e non sono certo inclini a fare debito comune con i primi.
Vi ho accennato più volte che, oltre ai dazi, che dovrebbero abbattersi sulle nostre merci, sul tavolo europeo a tenere banco è il traguardo del 2% (come minimo) sul Pil per le spese della Difesa, come richiesto da Trump fin dal 2016.
L’Italia è praticamente l’unico grande paese Ue (assieme alla Spagna) ad essere piuttosto lontano dal target, ed inevitabilmente si è quindi aperto, anche se in modo ancora soft, il dibattito sul che fare, e sul come fare, dato che “a Nazzziooonnneee”, nonostante non lo si voglia ammettere, con il ritorno dei paletti del Patto di Stabilità arranca ancora di più del solito.
Se devo essere onesto queste dichiarazioni a caldo di Giorgia Meloni mia hanno lasciato un po’ perplesso: “Al di là della volontà c’è poi quello che si può fare, e le risorse vanno individuate in qualche modo. L’unica cosa che non sono disposta a fare è prendermela con i cittadini italiani, i lavoratori. Noi spendiamo le risorse su priorità reali, non gettiamo soldi dalla finestra e quindi su scelte strategiche che io condivido bisogna dire anche come si fa ad aiutare gli Stati membri a trovare le risorse”.
Già perché messa così sembrerebbe che spendere risorse per dotarsi di strumenti per difenderci siano “soldi buttati dalla finestra”, mentre le nostre “priorità” sarebbero altre.
Non credo che questo atteggiamento della Premier farà fare i salti di gioia a Donald Trump, ma alla fine il problema è e resta un problema europeo.
Ma a voler fare l’ermeneutica delle parole di Giorgia Meloni sembra di capire che, pur condividendo la necessità di allineare il Paese al livello di spesa militare richiesta, ciò lo si debba ottenere senza “prendersela con i cittadini”, che immagino voglia dire “senza che siano i cittadini a pagare”.
Confesso che a questo punto mi sono dovuto dare qualche pizzicotto, per verificare di essere ben sveglio, e non invece nel bel mezzo di un sogno.
Perché?
Ma perché non occorre essere Milton Friedman o Mario Draghi per sapere che tutte le spese di uno Stato sono pagate con le tasse dei cittadini, almeno di quelli che le pagano, ma in questo contesto non voglio riaprire questa scandalosa questione.
Riprendendo il filo, se si vogliono comprare carri armati, droni e navi senza disturbare i cittadini (cioé senza aumentare la pressione fiscale o tagliare il welfare) non c’è altra alternativa che trovare qualcuno che ti fornisca i soldi che ti servono.
Ed ecco che, quasi per magia, si ricomincia a sentir sussurrare la parola che rappresenta sempre la via di fuga della nostra classe di governo: “Flessibilità”.
Che, inutile che ce la menino, ormai abbiamo capito che è solo un modo elegante per dire “nuovo debito”.
Ma a questo punto arriva puntuale il problema del debito monstre che grava su ciascuno di noi italiani, che ad agosto ha raggiunto la cifra di 2.962 miliardi di euro.
A parte il costo annuale per mantenerlo (interessi ai titolari dei Btp), con questi chiari di luna, con questa incertezza della politica monetaria, credo sia poco consigliabile aumentarlo ulteriormente.
E quindi?
L’idea, come accennato, sarebbe quella di ricorrere alla flessibilità, che resta sempre nuovo debito, ma forse politicamente più accettabile se ad esempio assumesse la forma di eurobond.
Ammesso e non concesso che oggi l’emissione di debito comune per la difesa verrebbe a costare meno di emissione di nuovi Btp, resta il problema che gli altri Paesi da quest’orecchio sembrano proprio non sentirci.
E a dirla tutta hanno ragione!
Di flessibilità si cominciò a parlare negli anni 2015-2018, con la crisi dei cosiddetti Pigs (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna), che innescò in questi Stati una ondata di anti europeismo tale da consigliare Bruxelles di concedere ai Governi di spendere più di quanto concesso dai vincoli del Patto di Stabilità allora vigente, purché quelle risorse venissero spese per riforme tali da impattare positivamente sull’economia.
Il Governo di allora, guidato da Matteo Renzi, ottenne di poter “sforare” per 30 miliardi, che non erano pochi.
Ricordate come vennero spesi?
Ma quali riforme!
Vennero impiegati per finanziare i famosi 80 euro, quindi non in investimenti, bensì in spesa corrente.
Il problema è che da allora il termine “debito” sparì dal comune lessico politico, sostituito appunto dalla parola “flessibilità”.
Che non venne più utilizzata nella fase dei Governi Conte, perché ricorderete certamente che con la Crisi del Covid il Patto di Stabilità e Crescita venne “sospeso”, e si passò ad una fase in cui i Governi cominciarono a spendere senza limiti, come se non ci fosse un domani.
Furono gli anni del “liberi tutti”, del Reddito di Cittadinanza, e soprattutto del Superbonus 110%; e quell’ubriacatura la stiamo pagando adesso, perché nella vita, e nella politica, i debiti vengono sempre a scadenza.
E’ vero che il Governo Meloni ha ereditato questa situazione difficile, ma è anche vero che i Partiti dell’attuale maggioranza hanno di fatto sostenuto le spese pazze di ispirazione pentastellata, non solo non apponendosi, ma addirittura votandole.
Io lo capisco bene che, con il “pacifismo” propugnato dall’opposizione, con una popolazione vecchia che non vuole neppure sentire la parola guerra, non è facile per nessuno raccontare agli italiani che la nostra sicurezza, quella dei nostri figli e nipoti, dipende dalla nostra spesa per armamenti; ma io credo da sempre (vanamente) che ai cittadini i politici dovrebbero sempre dire la “verità”, e non cercare di nasconderla con astrusi giri di parole.
Ecco perché penso che parlare di “flessibilità”, facendo intendere come in passato che le risorse siano gratis, regalate, pagate dagli altri europei con le proprie tasse, è di fatto una bugia, una presa in giro per gli italiani.
Lo so che ormai siamo un popolo disattento, abituato a credere a qualsiasi fandonia, a qualsiasi fuga dalla realtà, ma spero che i nostri Demostene non si illudano che non ci sia comunque una parte degli italiani che invece capisce come stanno veramente le cose, e che sa bene che la invocata “flessibilità” spacciata per un “pasto gratis” altro non è che l’ennesimo grande inganno.
Umberto Baldo