La tentazione “europea” della Norvegia

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Qualche giorno fa vi ho intrattenuto sull’ arcipelago delle Tunb, un puntino sulla carta geografica, per il controllo del quale si guardano in cagnesco da decenni l’Iran e gli Emirati Arabi Uniti (https://www.tviweb.it/linsidiosa-crisi-delle-isole-tunb/).
Nella storia certe isole hanno sempre avuto una notevole importanza nella geopolitica, e per rimanere vicino a noi penso ad esempio a Malta.
E chi ha qualche primavera sulle spalle ricorda certamente quel 1982 in cui le navi da guerra di Sua Maestà Britannica navigarono per 12.000 chilometri nell’Atlantico per andare a riaffermare la sovranità inglese sulle isole Falkland, occupate con la forza dagli argentini (per loro si tratta delle Islas Malvinas).
Oggi ragioneremo di altre isole strategiche, che si inseriscono nella lotta in corso per il controllo dell’Artico, che vede come attori la Russia, il Canada, la Cina e gli Stati Uniti di Trump, che in barba ad ogni norma internazionale non perde mai l’occasione per rivendicare la Groenlandia, senza escludere anche il ricorso alla forza.
Vi ho già parlato del problema in due editoriali (https://www.tviweb.it/il-baltico-e-ormai-un-mare-natum/) (https://www.tviweb.it/sfida-fra-i-ghiacci-dalla-guerra-fredda-alla-guerra-gelida/), ai quali vi rimando per approfondire meglio la problematica.
Cosa c’è di nuovo?
La Norvegia non ha mai voluto aderire all’Unione Europea, e questo rifiuto è stato ribadito in ben due referendum popolari, nel 1972 e nel 1994.
Ancora nel 2016 il 70% dei norvegesi dichiarava la propria contrarietà.
Ma cosa volete, i tempi cambiano, c’è stata l’invasione russa dell’Ucraina, e la Russia sta diventando sempre più aggressiva anche nei freddi territori del Grande Nord.
Tanto che Oslo ha deciso di investire risorse per restaurare alcuni bunker militari “top secret” costruiti durante la Guerra Fredda.
E anche gli umori popolari sono mutati, e così oggi i norvegesi contrari all’ingresso nella UE sono scesi al 43%.
In questo allineandosi di fatto con l’ultima rilevazione commissionata dal Parlamento Europeo (Eurobarometro), che ha reso noto che il 74% dei cittadini europei considera vantaggiosa l’appartenenza del proprio Paese all’Unione.
Badate che da quanto viene condotta la rilevazione, ossia dal 1983, si tratta di un record storico, che si accompagna ad un altro dato che dovrebbe far riflettere; due terzi degli europei (il 66%) vorrebbero che l’Unione avesse un ruolo maggiore nella protezione da crisi globali, e nella gestione dei rischi della sicurezza.
Alla luce di questi dati, capite quanto siano fuori dal mondo i leader sovranisti antieuropei come il nostro Matteo Salvini!
La politica come si sa annusa il vento, ed in un’intervista al Financial Times, la leader dell’opposizione norvegese, la conservatrice Erna Solberg, ha detto di essere favorevole all’ingresso del suo paese nell’Unione Europea.
Ma da dove deriva questo vero e proprio dietrofront?
Dal fatto che Mosca sta alzando la tensione oltre il circolo polare artico, e particolarmente nel territorio delle isole Svalbard, arcipelago amministrato dalla Norvegia.
Della problematica legate alle Svalbard dal punto di vista strategico-economico vi ho già parlato in uno dei due editoriali sopra citati.
Per cui mi limito a ricordarvi che si tratta di isole fredde e remote, che costituiscono l’insediamento umano più a nord del pianeta.
In base al trattato delle Svalbard del 1920 la sovranità sull’arcipelago è stata assegnata alla Norvegia, ma si tratta di una sovranità soggetta ad una serie di restrizioni, che fanno sì ad esempio che tutti i Paesi firmatari possano avviare attività commerciali in queste isole poste nel cuore del Mar Glaciale Artico.
Così la Russia fino al 1998 ha mantenuto una presenza diretta sull’isola di Spitsbergen attraverso una cittadina, Pyramiden, costruita per sfruttare una miniera di carbone. Questo avamposto che nel periodo d’oro dell’unione Sovietica arrivò a contare circa 2.500 abitanti, con il passare del tempo si è trasformato in una città fantasma; troppo alti sia i costi di estrazione del carbone, sia quelli per mantenere un avamposto così lontano dalla madrepatria.
Ma non tutti i russi sono tornati a casa; molti sono rimasti nell’arcipelago, soprattutto nella città più grande, Barentsburg.
Com’è ormai nella tradizione del Cremlino da quanto comanda Putin, questi russi sono utilizzati per azioni provocatorie.
E così nel maggio 2023 è stata organizzata una piccola parata sull’isola, in occasione del giorno della vittoria contro i nazisti nella Seconda guerra mondiale, festa nazionale in Russia, durante la quale hanno sfilato una cinquantina di veicoli che hanno esposto, tra le altre, la bandiera della repubblica autoproclamata filorussa di Donetsk.
L’anno scorso a Pyramiden sono state issate due bandiere sovietiche al posto di quelle norvegesi, e per non farsi mancare nulla un deputato russo ha proposto di cambiare il nome delle Svalbard in Isole Pomory, in onore dei coloni russi.
Sono poi seguite accuse della Russia alla Norvegia per fantomatiche violazioni delle norme del Trattato del 1920, prontamente respinte da Oslo.
Nulla di eclatante all’apparenza, solo punture di spillo, che però i norvegesi percepiscono come tentativi di creare problemi, magari per giustificare un intervento militare (finora manca l’accusa ai norvegesi di essere nazisti come gli ucraini, ma mai dire mai!).
Aggiungerei che a Oslo non sono mica scemi.
Hanno bene inteso le parole con cui Putin ha detto di capire e giustificare il desiderio di Trump e degli Usa di prendersi la Groenlandia.
E hanno semplicemente fatto due più due: nel senso che se gli Usa possono prendersi la Groenlandia in barba a qualunque diritto della Danimarca, chi impedirebbe ai russi di cercare di riottenere un controllo diretto sulle Svalbard, soprattutto se la Nato, di cui la Norvegia fa parte, non sarà più centrale nella politica estera della nuova amministrazione Trump.
Capite bene che, data la situazione, forse l’unico modo per opporsi all’aggressività russa, per Oslo sarebbe quello di chiedere l’ingresso del Paese nell’Unione Europea.
Fra cinque mesi in Norvegia si vota, ed il fatto che, come accennato, la leader dell’opposizione ne parli apertamente, la dice lunga su quanto da quelle parti si prendano sul serio l’aggressività russa, ed il disimpegno americano in Europa.
Come vedete, la geo politica è come una grande partita a domino, in cui ad ogni mossa corrisponde una contromossa.
Ho già avuto modo di scrivere che, relativamente alla strategia dell’Artico, penso che Trump sbaglierebbe ad indebolire la Nato, perché dopo l’adesione di Finlandia e Svezia, oggi sette delle otto nazioni artiche sono membri dell’Alleanza Atlantica (Nato Arctic 7); unica eccezione è la Russia, che però ha dalla sua il controllo del 53% della costa artica.
Siamo sempre stati abituati a guardare ai Paesi del Nord Europa, e a quelli scandinavi, come democrazie culla del welfare, dell’ecologismo e del pacifismo.
Ma il fatto è che questi Paesi hanno la ventura di avere confini in comune con la Russia dello zio Vladimir, e quindi, come si dice in Veneto “co’ l’aqua toca el culo, se impara a noare”.
Sarebbe interessante vedere se i nostri politici pacifisti neo-gandhiani, da Conte a Salvini a Fratoianni alla Schlein, la penserebbero allo stesso modo se invece di avere la frontiera russa a 2500 chilometri, ce l’avessero magari a Gorizia,.
Permettetemi di dubitarne.