Labbra a canotto e altri ritocchini
«Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. C’ho messo una vita a farmele!»: questo disse Anna Magnani, la grande attrice – e grandissima donna – ad un truccatore che la voleva “sistemare”.
Purtroppo tutta la saggezza e la fierezza di questa frase sembra essere caduta nel vuoto negli anni in cui si insegue un’eterna giovinezza anche a prezzo di snaturare se stessi.
Ovviamente il mondo dello spettacolo ci ha messo del suo, a cominciare dal cinema – ma oramai anche dal teatro – che vuole tutti belli, magri, atletici, tonici e … finti.
Qualcuno ricorda ancora la bellezza sublime di Virna Lisi, altra artista che portava con orgoglio i segni del tempo, o Katherine Hepburn che a novant’anni era ancora uno splendore senza mai aver fatto ricorso al bisturi?
Oggi la chirurgia estetica è diventata alla portata più o meno di tutti e grazie alla pessima pubblicità che ne fanno “dive” e divetti – gli uomini sono caduti nella trappola peggio delle donne – e chiunque, a partire dalla famosa “Casalinga di Voghera” di arbasiniana memoria può cercare come Faust il patto col diavolo, pardon col chirurgo, per togliersi di torno la patina degli anni.
Peccato che tutta questa pletora di aspiranti Dorian Gray, per mantenere l’aspetto che avevano a trent’anni, si sottopongano a trattamento osceni capaci di tramutarli in personaggi da Freak Show.
Ah, bisogna specificare che chi si sottopone ad interventi “estetici” poi si piace moltissimo, entrando in una spirale di dipendenza da ritocchino che in più di un’occasione sfocia nel patologico,
Basta frequentare un comune ristorante, o andare una sera a teatro, per imbattersi in mostri gonfi di collagene – la famosa “punturina” si fa in ambulatorio e con un’anestesia locale – le cui facce somigliano più a quella di Rocky dopo cinque round contro Ivan Drago che non alla Venere di Botticelli.
Perché una donna vuole somigliare a Valeria Marini o a Pamela Prati? Perché un cinquantenne decide di seguire il sentiero accidentato percorso da Gabriel Garko?
Insicurezza? Forse. Spirito di emulazione? Sicuramente.
Resta il fatto che oramai sembra che i Visitors – che ha più di cinquant’anni sa di cosa sto parlando – abbiano davvero preso il controllo assoluto della terra.
Non solo casalinghe disperate, comunque, ma anche ragazzine e ragazzini – con la sciagurata complicità dei genitori – cedono alla lusinga dell’”aiutino”: ecco dunque le tette posticce regalate al diciottesimo compleanno, o il nasino all’insù che anche il maschio adolescente vuole per somigliare a questo o a quel personaggio del momento. “Dio che fastidio” chioserebbe Ernia.
Le peggiori – ma anche i peggiori – sono quelle che si rifanno le labbra sparandosi dosi massicce di filler all’acido ialuronico e finendo per assomigliare a degli orrendi gommoni gonfiati troppo, non rendendosi conto che il labbrone posticcio sconvolge i lineamenti del viso cancellandone le proporzioni.
Altro effetto collaterale delle punturine – che per inciso si possono fare anche intorno agli occhi, con conseguente effetto “gufo abbagliato” – e che la/il gommonata/o finisce a parlare come se avesse una polpetta in bocca ed è incapace di bere un long drink con la cannuccia.
Guai a dir loro che sono “strani”, si rischia un morso alla giugulare che però, fortunatamente, non riescono ad assestare a causa del turgore anomalo delle labbra.
Il vantaggio è che però in piscina galleggiano anche senza braccioli.
Sono brutte? Sì, parecchio, e spesso anche ridicole, come Patty Pravo che non più tardi di qualche sera fa a “Belve” ha detto «Non mi sono mai rifatta» … magari semplicemente non se lo ricorda.
A conclusione giova ricordare quanto disse un’altra gigantesca attrice come Bette Davis: «Le rughe non sono roba da donnette»: ricordiamolo alle canottate fillerdipendenti.