13 Maggio 2024 - 9.48

L’allegria e la gentilezza degli Alpini hanno svegliato una città addormentata

L’adunata alpina ha risvegliato Vicenza da un torpore che dura da anni. Avrà dato la giusta carica per risvegliare la città permanentemente?

di Alessandro Cammarano

Questa mattina il silenzio regna, di nuovo, su Vicenza; la moltitudine gioiosa delle Penne Nere che per tre giorni ha trasformato la città è ripartita e la novantacinquesima Adunata Nazionale degli Alpini si è conclusa.

Con buona pace di chi già a partire dai mesi scorsi aveva preconizzato disastri orrendi – primi tra tutti i “custodi della tradizione” e le “prefiche del caos prossimo venturo” si erano lanciati all’attacco a suon di “povero Palladio!” e “saremo invasi” – possiamo dire che è andato veramente tutto bene, con qualche immancabile distinguo qua e là.

Premessa: chi scrive abita in piena Zona Rossa e, inizialmente, si era fatto un po’ suggestionare dalle suddette Vestali della “Vicenza città museo-bomboniera intoccabile”: ebbene lo scrivente, al quale un amico aveva saggiamente consigliato di vivere il tutto serenamente e soprattutto di lasciarsi coinvolgere dall’atmosfera, si è divertito parecchio.

Alla luce dei fatti l’adunata alpina è stata per Vicenza, città letargica per vocazione, una salutare sveglia, capace di far rivivere, o forse semplicemente vivere, uno spirito collettivo che dopo la pandemia sembrava irrimediabilmente perduto.

Gli alpini hanno saputo integrarsi, con il rispetto e la cura verso gli altri che caratterizza la loro azione quotidiana – basterebbe già solo il loro apporto alla Protezione Civile – creando un’atmosfera unica e coinvolgente.

Tutto questo, a parte il fattore emotivo che è stato parte essenziale della manifestazione, non è accaduto per caso: l’organizzazione è stata pressoché impeccabile grazie in primo luogo agli stessi alpini, che già dalle settimane che hanno preceduto l’adunata hanno imbandierato la città e hanno curato l’allestimento degli infiniti stand gastronomici che hanno sfamato il quasi mezzo milione tra penne nere e familiari, oltre che i vicentini stessi.

La macchina del Comune è apparsa assai ben oliata e ha contribuito all’ottima riuscita del tutto, con un plauso agli operatori ecologici protagonisti di un lavoro titanico e certosino tanto che la città si è svegliata per tre giorni tirata a lucido nonostante le bevute e le mangiate abbiano riempito il centro di rifiuti di qualunque genere.

Ottima anche l’idea di prolungare l’orario di apertura della mostra in Basilica e della terrazza, che è il vero rooftop di Vicenza, con tantissime visite che si sono unite ad altre iniziative culturali proposte e che hanno permesso anche ii vicentini di conoscere meglio la loro città.

Vogliamo parlare poi delle zone calde, come per esempio in Quadrilatero, normalmente in ostaggio di spacciatori e sbandati che per tre giorni sono state zone vivibili, allegre e soprattutto sicure? In realtà in tutta la città ci si è sentiti sicuri e coccolati, senza doversi guardare le spalle o temere gang di malintenzionati.

Pressoché perfetta la gestione della sosta per i residenti in zona rossa – anche se con più di una ragione i possessori di garage in centro storico hanno fatto sentire la loro voce avendo i veicoli di fatto “sequestrati” nelle loro rimesse – con i parcheggi riservati, soprattutto Fogazzaro e Canove, ai residenti e ai portatori di handicap con registrazione delle targhe e piena libertà di movimento.

Qualche WC in più non avrebbe guastato, perché la birra scorsa è stata davvero tanta e alla fine la pipì bisognava pur farla, magari pure nelle stradine “sconte” …

Ma torniamo alla fantastica sveglia che ha percorso tutta la città e della quale si deve ringraziare lo spirito di comunità che anima gli alpini, soprattutto i “veci”.

I cittadini si sono ritrovati a svolgere, tra gli altri, il compito di Google Maps in carne ed ossa, perché gli alpini non cercano il percorso con lo smartphone, chiedendo invece informazioni ai passanti, creando così l’occasione per una chiacchiera, una battuta, una considerazione sulla città.

Potenza del “fare comunità”: anche i “ruspi” vicentini si sono lasciati progressivamente coinvolgere dai cori, dalle fanfare, dalle bevute e soprattutto dal rispetto delle Penne Nere per la città che li ospita e che, per loro tradizione, lasciano meglio di come l’hanno trovata.

Non si può non considerare anche l’indotto che una manifestazione di tali proporzioni genera: i ristoratori e gli esercenti di bar e caffetterie – con buona pace di altri commercianti che presi dalla psicosi dell’invasione hanno tenuto le saracinesche abbassate – hanno sicuramente avuto un ritorno non indifferente.

Anche i ristoranti più eleganti hanno optato per servire menù tipici per fare, FINALMENTE!!!, apprezzare i prodotti locali e pressoché tutti i bar hanno montato chioschi nei quali si è spillata birra – rigorosamente fornita dallo sponsor principale – a fiumi e dove si è cantato grazie a DJ set più o meno improvvisati ma soprattutto si è fatta comunità.

Gettonatissime “Alba chiara”, “Maledetta primavera”, “Sarà perché ti amo” alternate alla “Montanara” e al “Mazzolin di fiori”

Vogliamo poi mettere in conto l’aspetto folcloristico-goliardico degli alpini, che è stato il vero valore aggiunto del tutto?

Furgoncini trasformati in fantasiosi distributori di vino, abbigliamenti pazzi, tanta voglia di cantare e di fare festa, il tutto, lo ripetiamo ancora una volta, nel massimo rispetto degli ospitanti.

E poi i trattori col “rimorchio-mescita” con posti a sedere, le damigiane portate sulle spalle e coperte da cappelli giganti e tante altre trovate divertenti.

E ancora il lancio dei paracadutisti al Querini – con la bandiera da Guinness dei Primati – e la Cittadella Militare, sulla quale si erano scatenate polemiche, dove non si è insegnato a fare la guerra ma al contrario a comprendere l’importanza della pace.

Un plauso ammirato alle mogli degli alpini, spesso, se possibile, anche più alpine dei mariti.

Alla città, ora tornata all’usuale silenzio, resta da apprendere una formidabile lezione per non ripiombare in una letargia perniciosa: più eventi, più condivisione, più occasioni per stare insieme, più possibilità di confronto sono la via virtuosa da percorrere.

All’Amministrazione Comunale avanzo, neppure tanto sommessamente, una proposta: perché non pensare, almeno in periodo estivo, ad una notte bianca (con un tema forte e coinvolgente) in centro storico ogni mese?

Negozi aperti, musica, cultura, cibo locale, opportunità d’incontro. Insomma, da questa esperienza dovremo imparare che si può svegliare una città che sembra morta.

Secondo me sarebbe salutare per la città e soprattutto per i cittadini, che hanno davvero bisogno di stare insieme.

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