10 Luglio 2024 - 15.36

Le diete venete – Altro che vegani… sopressariani, spritzariane e molto altro

Di Alessandro Cammarano

Italiani popolo di santi, navigatori, poeti e … fedeli a discipline alimentari curiose.

Non è di oggi l’adesione al veganesimo di legioni di nostri compatrioti e, tutto sommato, non si può nemmeno dare loro torto perché, se non si porta tutto all’esasperazione, si tratta di una disciplina non solo alimentare in gran parte condivisibile.

Il problema è che, come praticamente in ogni cosa “in voga”, si arrivino a toccare eccessi al limite del ridicolo; e allora perché non scherzarci un po’ su, magari prendendo in considerazione scelte nutrizionali vere e praticate accostandole ad altre solo in parte di fantasia.

Tra i vegani oltranzisti  –  quelli che per intenderci si comportano non diversamente dai Testimoni di Geova o dagli adepti di Scientology – ci sono i crudariani, ovvero coloro i quali consumano solo verdure non cotte, o i fruttariani che si cibano esclusivamente di frutta, il tutto causare disturbi metabolici non indifferenti, strenuamente negati in nome di un mal supposto equilibrio psicofisico impossibile da raggiungere con una dieta equilibrata.

Tra I meno talebani ci sono i pescetariani, che guizzano tra orate al vapore e lucci in olio a bassa cottura, ma rifuggono dal bisato perché pare una serpe, e il sorbetto lo fanno con le acciughe.

In Veneto invece sono parecchio in voga i sopressariani, che si cibano quasi esclusivamente del pregiato salume alternando però la versione con aglio a quella che invece ne è priva, il tutto facendo riferimento alle fasi lunari. 

Una volta alla settimana si concedono un numero dispari di peperoni verdi sottaceto per reintegrare gli elettroliti.

Una  loro variante è costituita dai cotechiniani, detti anche musettiani, il cui regime alimentare prevede cotechino con lingua la mattina a colazione, con broccolo fiolaro a pranzo e bondola la sera a cena. 

Nell’universo di quelli che si danno anima e mandibole alla dieta liquida spiccano I birrariani, di preferenza maschi, stanziali nei pub dove ingurgitano ettolitri di cervoge trappiste alternate a birre artigianali alla castagna selvaggia o al granchio blu e che se, posti di fronte all’alternativa, preferiscono un boccale da litro ad una notte di fuoco con una pornostar.

Una sottovariante al femminile comprende l’universo delle spritzariane.

Lo spritzarianiesimo è ecumenico, prescinde da qualsiasi stato sociale, abbracciando adepte sia tra le lavoratrici manuali che tra le imprenditrici, passando per la nobiltà. 

Il rito viene solitamente compiuto in gruppo, anche se ognuna segue un proprio credo rigidamente personale a seconda della categoria in cui si riconosce: abbiamo dunque le bitteriane, le aperoliane, più rare le slectiane. 

Tutte sono, secondo loro, a dieta stretta e dunque, schifando le noccioline o le patatine a loro incautamente servite dal barista – guardato come un mentecatto dalle vestali spritzariane – decidono per un bis e un tris della bevanda feticcio, incuranti della quantità di zucchero in essa contenuta e che viene immediatamente messa a tacere dalla sbornia che avanza.

Tornando ai cibi solidi in Veneto pullulano i bollitariani, che fanno della varietà la loro bandiera, seguendo tuttavia regole ben precise: se a pranzo si mangiano testina e lingua a cena bisognerà necessariamente mettere nel piatto cappone e cappello del prete. La domenica il cren è in quantità libera e dunque spergibile a piacimento sugli ossi de mascio.

In conclusione, ci sono spazio e cibo per tutti, anche per gli ariafrittariani.

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