L’Italia dei Tafazzi (ed il clamoroso autogol)
L’Italia dei Tafazzi
Umberto Baldo
Quando parliamo di politica interna, ormai ci siamo assuefatti ai voltafaccia, ai cambi di campo o di casacca, ai giri di valzer, a leader che sembrano specializzati in “metamorfosi”.
Possono farlo impunemente perché noi italiani sembriamo ormai un popolo che o non crede più a nulla (per cui accettiamo tutto supinamente) oppure crede a tutto quello che ci propinano i nostri Demostene.
Per di più siamo complessivamente un popolo con la memoria corta, per cui le “cazzate” basta che i leader le facciano lontano dalle elezioni per non pagare pegno.
In un Paese semplicemente normale un Capo partito, che da Presidente del Consiglio ha promosso due “genialate” come il reddito di Cittadinanza, ed il Superbonus 110% (che ci sta costando la stessa cifra che ci arriverà, in parte a debito, con il Pnrr) forse non sarebbe ancora in sella, fra l’altro a poche lunghezze dal Pd, che vorrebbe federarlo (chissà se la Schlein ci crede ancora dopo il voto sul Mes?).
Ma, come dicevo, all’interno del nostro Paese vale tutto, e quindi non resta che costatare che in fondo abbiamo i leader che ci meritiamo.
Diverso è il discorso se ci spostiamo nel campo della politica estera.
Qui la musica cambia, perché i balletti, i bizantinismi della nostra classe politica, gli “altri” fanno fatica a capirli. E a ragione, direi!
Ma soprattutto fanno fatica ad accettare che non si rispetti uno dei brocardi, attribuito ad Ulpiano, che stanno alla base del diritto internazionale e dei buoni rapporti fra Stati; “pacta sunt servanda”, che tradotto dal latino suona “i patti si rispettano”.
E qui, piaccia o non piaccia, torna in campo il Mes, la cui ratifica nei giorni scorsi è stata respinta dal Parlamento, e rinviata di fatto sine die.
Guardate, non voglio neppure entrare nel merito, nelle previsioni del Trattato.
Non credo ne valga la pena, tanto troverete sempre “esperti” che lo sostengono, ed altri che invece lo affossano.
No, io voglio attirate la vostra attenzione sul fatto che, visto da fuori, è assolutamente inspiegabile il comportamento tenuto dall’Italia.
L’accordo sul Mes (meglio la modifica al vecchio Trattato) era stato siglato dal Governo Conte 1, che ricorderete era sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega.
Qualche giorno fa il M5S e la Lega hanno votato contro la ratifica (sic!).
Ma non è finita qui.
L’attuale Governo Meloni aveva annunciato che la ratifica del Mes avrebbe fatto parte di un “pacchetto”, insieme alla riforma del Patto di Stabilità; ma alla fine si è firmato quest’ultimo, ed il Mes è andato in cavalleria.
C’è di che restare basiti.
Perché, comunque la si veda, l’Italia ha perso la propria credibilità, ed il danno principale è l’affidabilità del Paese.
Mettendosi nei panni dei nostri partner, non meraviglia che siano rimasti sconcertati.
Anche perché nel negoziato sul Mes alcuni Paesi, pur di chiudere, avevano accettato il compromesso in ratifica, partendo da posizioni molto diverse da quelle italiane.
E’ inutile che la nostra premier perda tempo in sorrisi alla Von Der Layen ed abbracci alla Metsola, se poi alla resa dei conti porta l’Italia ad uno strappo con la Ue, accomunandosi così all’Ungheria di Orbàn.
E dispiace dirlo, ma come sempre la responsabilità è di chi comanda, quindi di Giorgia Meloni, che prima ha pensato di usare il Mes come arma di minaccia all’Europa, e poi non ha voluto opporsi al ricatto in modalità Papeete di Matteo Salvini (“Non lasceremo che i lavoratori e i pensionati italiani paghino il salvataggio delle banche tedesche”), ovviamente temendo l’ennesimo sorpasso a destra, che sta diventando la specialità del Capitano in vista delle elezioni europee.
Mi auguro tanto che la mancata ratifica del Mes (che Meloni e Salvini non si facciano scudo del Parlamento, perché i deputati li controllano loro!) non sia stata una sorta di ripicca di sapore infantile nei confronti dell’intesa franco-tedesca sul Patto di Stabilità, che l’Italia alla fine ha dovuto giocoforza approvare.
Perché se la strategia negoziale dell’Italia è quella irresponsabile che abbiamo visto con il Mes, alla fine gli altri si adeguano, e ci tagliano fuori.
E non facciamo quindi le vergini violate poi se Francia e Germania si mettono d’accordo prima fra loro, senza coinvolgerci.
Perché nonostante siamo “a Nazzziooooneeeee”, è evidente che, continuando a lisciare il pelo agli Orbàn e agli Abascal, Giorgia Meloni non è in grado di inserirsi da protagonista nel dibattito, meglio nell’asse, tra Francia e Germania.
Urlare e battere i pugni sul tavolo può funzionare nel nostro Parlamento, o magari anche alla festa di Atreju, o nell’eterna campagna elettorale italica, ma quando si tratta di portare a casa risultati a Bruxelles serve altro, in particolare credibilità ed affidabilità.
E per essere precisi, la storiella di Salvini secondo cui ratificando il Mes i lavoratori ed i pensionati italiani sarebbero stati chiamati a salvare le Banche tedesche, è appunto una storiella.
Perché quando scoppia una crisi finanziaria la solidità dei sistemi bancari nazionali è strettamente collegata a quella delle finanze pubbliche dello Stato.
Ciò è stato evidente con la crisi nel 2011.
E non è un caso se il rating delle varie banche europee è sostanzialmente in linea con quello dei debiti sovrani dei rispettivi Paesi.
Provate a dare un’occhiata se non ci credete.
Ma ciò è ancora più logico per il nostro Paese, le cui Banche hanno in pancia 689 miliardi di Btp, importo pari al 24,85% del debito italiano.
Mi chiedo come possa aver accettato una simile “sconfessione” il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, perché è chiaro che dopo questa figuraccia vorrei vedere chi prenderà per buone le sue parole a Palais Berlaymont.
Si dice che dopo la messa in scena della farsa italiana, tra gli uffici di Bruxelles e nei contatti riservati tra le Cancellerie, si sia cominciato a discutere dell’ipotesi di continuare, dando vita ad un Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) senza l’Italia.
Del resto si tratta di una possibilità giuridicamente praticabile. Il Mes si basa infatti su un accordo intergovernativo e non su un trattato comunitario.
Ossia è il frutto di un’intesa tra gli Esecutivi dei venti Paesi che adottano l’euro come moneta, e nulla dunque impedisce che un trattato venga sottoscritto da diciannove partner anziché venti.
Non stupisce se questa idea sia stata avanzata soprattutto da alcuni Paesi del nord Europa (compresa la Germania) che non hanno per niente apprezzato il tradimento della parola data sulla ratifica. Soprattutto se si considera la trattativa sul nuovo Patto di Stabilità, che a loro giudizio “di frugali” presenta comunque degli elementi di flessibilità eccessiva a favore del nostro indebitato Paese.
Sicuramente non sarebbe un’operazione da prendere alla leggera, e mi auguro quindi sia solo il frutto momentaneo del fastidio per la mossa italiana.
Anche perché, se il “Mes a 19” andasse malauguratamente a buon fine, “a Naaazzzziooone” entrerebbe in una sorta di “serie B” dell’Europa, e capite bene quale potrebbe essere l’effetto sui mercati, ad opera della speculazione finanziaria.
Una prospettiva terrificante per un Paese che ha sulle spalle il secondo debito pubblico dell’Unione dopo la Grecia.
Ho sentito la premier nei suoi auguri di Natale invitare gli italiani ad essere “orgogliosi”.
Orgogliosi? Ma de che?
Umberto Baldo