8 Ottobre 2024 - 9.41

Lo Stato non può chiedere sacrifici ai cittadini se non fa i compiti a casa

Umberto Baldo

Conoscete da tempo il mio “vezzo” di paragonare, fatte le debite proporzioni, la gestione del bilancio dello Stato a quello di una famiglia.

Il perché ve l’ho già spiegato altre volte; e sta nel fatto che un bilancio, familiare o comunale o regionale o statale, è sempre comunque costituito da entrate e uscite, e dalla loro somma algebrica (una “più” ci dicevano quando eravamo alle elementari) si capisce se il numero che ne risulta è di segno positivo o negativo, se cioé rappresenta un attivo o un passivo.

Ai “puristi” della contabilità pubblica dico che lo so bene che nella finanza statale le cose tecnicamente sono un po’ più complesse ed articolate, ma credo che nessuno possa negare che, in estrema sintesi, tutto si possa ridurre alla dinamica fra soldi che entrano e soldi che escono.

L’unica differenza è che in una famiglia le entrate sono generalmente redditi da lavoro, mentre quelle dello Stato sono sostanzialmente “tasse”, soldi pagati dai cittadini in cambio di servizi (sanità, pensioni, trasporti ecc.).

Ho ritenuto opportuno tediarvi, ripetendo questi concetti “elementari”, perché sono comunque utili per capire il dibattito in corso su cosa inserire o meno nella Legge di Bilancio in corso di elaborazione.

Al riguardo credo sia bene stamparsi bene in testa un principio; nessun Governo, di qualunque colore, quando c’è da mettere in cantiere la legge Finanziaria vuole sentire parlare di “nuove tasse” o di “sacrifici” o di “tagli di spesa”.

Su questo tutti i nostri Demostene hanno la stessa reazione del Diavolo quando vede l’acqua santa!

E quindi si preferiscono termini più morbidi, più sfumati, che poi alla resa dei conti sono ovviamente “nuove tasse” o “sacrifici”; ma che definite “rimodulazioni” o “aggiustamenti” ai loro occhi dovrebbero nascondere il fatto che per i cittadini sempre di “inc…ate” si tratta. 

Allo stato dell’arte, è inutile rivangare i video “taglia accise” al distributore, gli slogan, i “ridurremo le imposte”, con cui Giorgia Meloni ha vinto le elezioni del 2022.

D’altronde dovremmo esserci ormai abituati al fatto che la politica si basa per la più parte su menzogne ad uso di noi cittadini gonzi.

E come in “A Silvia”  Giacomo Leopardi scrisse “all’apparir del vero tu misera cadesti…”, così i “Patrioti” di fronte ai freddi “veri” numeri della Finanza pubblica hanno abbandonato tutte le rodomontate per rilanciare, guarda un po’, l’usata politica dell’austerità.

Ci ha pensato il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a spiegare che “servono sacrifici per tutti”, concetto che qualche giorno fa campeggiava sulle testate di tutti i giornali.

E lo ha fatto, facendo fare i salti sulla sedia alla Meloni, a Salvini, a Tajani, nel corso di un Forum organizzato da Bloomberg, pronunciando queste parole: Ci saranno sacrifici per tutti”, quasi calandosi nelle vesti di una specie di Churchill della contabilità pubblica. 

Apriti cielo!!!    Sacrifici?  

Ma quando mai!  

Tajani si è precipitato ad affermare che “FI non consentirà aumenti delle tasse”, e da quanto si è capito dai “Palazzi” è partito l’ordine di “sopire e troncare…..”

Verrebbe da chiedersi a questo punto cosa ci stia a fare lì il Ministro Giorgetti, ma cosa volete, la politica è anche questo.  D’altronde in un Paese normale, un Ministro che dice quelle cose (la verità) davanti ad operatori economici internazionali, e poi è costretto a fare una piroetta (una pseudo smentita) su questioni di tale portata, dovrebbe dimettersi.  Ma nella Repubblica di Pulcinella ci si dimette per questioni di donne! 

Visti i chiari di luna, in questo clima da “diamo l’oro alla Patria!”, la cosa (intendo fare tutti un qualche sacrificio) potrebbe anche essere accettabile, se contemporaneamente non fosse stato approvato l’ennesimo condono a favore delle categorie considerate elettoralmente “amiche”, che sono sempre le solite; Partite Iva ed Autonomi.

Vedremo quindi se alla fine ad essere chiamati a “tirare la cinghia” saranno sempre i soliti contribuenti fedeli, quelli che le tasse le pagano fino all’ultimo centesimo, lasciando i “soliti noti” liberi di evadere, godendo peraltro dei servizi pagati dagli “altri”.

Tornando all’immagine a me cara della famigliola alle prese con i conti, mettiamo che il padre dicesse ai figli: “ragazzi, la situazione è seria, abbiamo un mucchio di debiti, per cui dovete rinunciare a qualche bene superfluo, a qualche gita, a qualche uscita in pizzeria, a qualche vestito, e quant’altro”.

Nulla di male anzi, sarebbe un esempio di sana gestione familiare.

Ma se i figli si accorgessero che il padre, nel mentre chiede loro di stringere la cinghia, continua ad andare a farsi il pokerino con gli amici, giocando a soldi, continua ad andare al night per vedere qualche spettacolino hard, continua a giocare ossessivamente al “gratta e vinci”, sicuramente qualche domanda se la farebbero.  Almeno una: perché a noi i sacrifici e a lui no?

Bene, allargando lo sguardo allo Stato, il quadro è di fatto lo stesso.

Nel senso che i cittadini che si vedessero, solo per fare qualche ipotesi, aumentare le tasse, ridurre la rivalutazione delle pensioni all’inflazione, aumentare il prezzo del gasolio, mentre lo Stato continua in una gestione sconsiderata dalla finanza pubblica come abbiamo visto negli ultimi anni (fra Bonus a pioggia, Superbonus 110%, Redditi di cittadinanza), avrebbero ragione ad incazzarsi.

A maggior ragione se dopo aver pagato le tasse (chi le paga ovviamente) quando hanno bisogno di cure, per non rischiare la vita sono costretti a mettere mano al porfafoglio.

Quindi?

Siccome lo capisce anche un bambino che poiché stiamo entrando in una fase di “vacche magre”, e lo Stato per quadrare i conti ha bisogno di maggiori entrate, sarebbe opportuno, oltre che pedagogico, che alla parola “sacrifici” facesse precedere un elenco chiaro e  dettagliato dei risparmi di spesa previsti a tutti i livelli dalle Amministrazioni Pubbliche, centrali e locali; un elenco puntuale delle 7241 partecipazioni societarie pubbliche (di fatto per lo più poltronifici dove piazzare gli amici) per le quali le Amministrazioni hanno rifiutato di intraprendere qualsiasi attività di razionalizzazione; un elenco delle tax expenditures che si intendono cancellare; un  elenco dei Bonus ancora in vigore da eliminare nel 2025 ecc.

Tutto questo perché, come il papà per domandare sacrifici ai figli deve essere credibile, così lo Stato non può chiedere ai cittadini di tirare la cinghia se prima non dimostra di voler fare pulizia al proprio interno. 

Questo sarebbe “fare politica”, invece dei soliti “giochi delle tre carte” che ci vengono propinati ogni anno in tempo di Finanziaria.

Ricorderete che giovedì avevo commentato l’intervista rilasciata al Corriere della Sera da  Andrea Monorchio, in cui l’ex Ragioniere dello Stato rievocava e svelava i retroscena della famosa notte fra il 9 ed il 10 luglio 1992, quella in cui il Governo di Giuliano Amato decise di mettere le mani direttamente nei conti correnti degli italiani, con il noto prelievo retroattivo del 6 per mille (https://lnkd.in/dGU6ZaYp).
Chissà se in questi giorni qualcuno nelle stanze del “Potere romano” avrà pensato che in fondo l’idea di Giuliano Amato non era poi del tutto sbagliata.

Avrebbe il pregio di colpire tutti, e quindi Lor Signori  potrebbero venderla quasi come un’azione di “giustizia distributiva”; in linea con quanto promesso in campagna elettorale sarebbe una vera “riduzione”, non delle tasse però, bensì dei saldi dei  nostri conti correnti.

Umberto Baldo 

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