Lufthansa – Come salvare una compagnia aerea guadagnandoci!
Chissà perché certe notizie non trovano gli spazi che meriterebbero sui nostri giornali e sui nostri media?
Va bene che siamo nel pieno della campagna elettorale, ed i commentatori preferiscono dedicarsi alle dichiarazioni ed alle promesse fantasmagoriche dei nostri Demostene, ma io credo che alla fine neanche la grande stampa abbia poi un così grande interesse a dare notizie che mostrano chiaramente l’inadeguatezza della nostra classe politica, soprattutto se messa a confronto con quelle di altri Paesi.
Da quanti anni parliamo di trasposto aereo e della nostra mitica compagnia di bandiera?
Abbiamo buttato via decenni ed un mare di miliardi per tenta di trovare una soluzione in grado di rimettere in piedi un bidone come l’Alitalia, e non siamo ancora in grado di chiudere la partita di Ita, la compagnia nata dalle ceneri (mai termine fu più azzeccato) dell’ex compagnia di bandiera (concetto che fra l’altro nessuno ha mai spiegato cosa volesse dire).
Cambiando scenario, spostandoci in Germania, sappiamo tutti che la pandemia da Covid ha messo in ginocchio le compagnie aeree di tutto il mondo, e gli strascichi li abbiamo visti ancora quest’estate fra cancellazioni di voli e bagagli smarriti.
Anche Lufthansa, la più grande compagnia tedesca, si trovò allora in serie difficoltà, tanto da indurre la Repubblica Federale Tedesca ad acquistare nell’estate del 2020 il 20% delle azioni per sostenerla.
Il Governo tedesco in questa operazione investì 306 milioni di euro, però impegnandosi da subito a vendere la partecipazione acquisita entro ottobre 2023.
Vi dice niente questo impegno a vendere al mercato entro una data certa?
Forse vi viene in mente il Monte dei Paschi o l’Ilva o da ultimo Ita?
Via ragazzi, come siete pignoli!
Si potrebbe parlare di strane asimmetrie.
Infatti la Germania nei giorni scorsi, oltre un anno prima della scadenza fissata, ha annunciato di essere uscita dal capitale Lufthansa, avendo ceduto agli investitori internazionali l’intera quota ancora posseduta.
Lufhansa è quindi ritornata ad essere una compagnia totalmente privata.
Ma sapete qual è il bello?
Che lo Stato tedesco da questa operazione ci ha guadagnato.
Infatti , come sopra accennato, l’acquisizione del 2020 costò alla Germania 306 milioni di euro.
Ora dopo la cessione degli ultimi 74,4 milioni di azioni (quota residua pari al 9,92% del capitale sociale), il ricavo totale per lo Stato è stato di 1,07 miliardi.
Basta fare come alle elementari una “meno”, (1,07 miliardi meno 306 milioni) per evidenziare una plusvalenza di ben 764 milioni.
Definirlo un esempio virtuoso di intervento pubblico, che ha consentito a Lufhtansa di risollevarsi dalla devastante crisi da Covid, mi sembra persino superfluo.
Ma a questo punto diventa inevitabile la domanda: ma perché fatti simili in Italia non succedono mai?
Perché in Italia tutto quello che tocca lo Stato, ed i Partiti, si trasforma immediatamente un pozzo nero nel quale seppellire montagne di soldi dei contribuenti?
Perché la Germania, non appena Lufthansa si è ripresa, è uscita completamente dal capitale, mentre da noi Giorgia Meloni, e non solo lei, sta premendo con Mario Draghi perché l’apparentamento di Ita venga rimandato dopo la formazione del nuovo Governo?
Forse perché c’è qualche ripensamento, e si vagheggia di rinverdire i fasti della “compagnia di bandiera”, che a questo punto immagino voglia dire “tenuta in piedi con le tasse dei cittadini”?
A questo punto penso si tratti di un fattore culturale, nel senso che la cultura economica italiana, soprattutto quella più influenzata dalla politica, è agli antipodi di quella tedesca.
Da quelle parti privatizzare vuol dire vendere tutto, mentre nel Belpaese per privatizzare si intende vendere la metà più un’azione, così lo Stato, le cui azioni come diceva Enrico Cuccia non si contano ma si pesano, può continuare ad influenzare e condizionare le scelte dei manager, dando vita ad operazioni che sono degli “ibridi”, messi in piedi per ingraziarsi le Segreterie dei Partiti, e consentire loro di perpetuare un’innaturale presenza nell’economia del Paese.
E’ questa filosofia di governo, questo modo di concepire il rapporto Stato-Economia-Imprese, che, unitamente alla smodata propensione all’assistenzialismo più deteriore, ed al costante sperpero del denaro pubblico, hanno portato il debito agli attuali 2.770 miliardi.
Ed i nostri Demostene chiedono ancora “scostamenti di bilancio”, come se i miliardi piovessero dal cielo.
Con questa gente alla guida non è facile essere ottimisti!
Può darsi che lo stellone italico ci protegga ancora, può essere invece che con questo andazzo alla fine falliremo, ma almeno lo faremo divertendo il mondo.
E credetemi, non è poco, visti i tempi cupi che viviamo.