Medici e Covid: ieri eroi, oggi trasgressori
Ve la ricordate quella foto dell’infermiera Elena Pagliarini, del Pronto Soccorso dell’ospedale di Cremona, fotografata l’8 marzo 2020 da una collega mentre si era addormentata stremata dalla fatica sulla scrivania, con la testa sulla tastiera del computer, ancora con la mascherina ed il camice addosso?
Divenne giustamente una foto simbolo dell’impegno del personale sanitario durante il terribile periodo della pandemia da Covid, e ancor oggi vi confesso che non riesco a guardarla senza provare un po’ di commozione.
Tranquilli, non voglio parlare di Covid, di vaccini o quant’altro, bensì di burocrazia.
E la storia di oggi è a mio avviso emblematica di cosa sia questo nostro Paese, e ci spiega anche, senza tanti giri di parole o elucubrazioni, perché i nostri ragazzi non vedono l’ora di andarsene all’estero.
Già perché io credo che quello che è successo nei giorni scorsi a Bari possa accadere solo in questa “Repubblica di Pulcinella”, in cui si lasciano correre, e addirittura si giustificano, fenomeni di illegalità di massa, solo per citarne alcuni l’abusivismo edilizio e l’evasione fiscale, e poi si fa calare la scure della legge accanendosi su singoli individui senza tenere in alcun conto le condizioni in cui si sono trovati ad operare, e a fare determinate scelte.
E’ l’eterno problema del “formalismo giuridico” di cui si discute da sempre nei corsi di Filosofia del Diritto, che per certi aspetti trovo aberrante quando non considera che le norme giuridiche, che disciplinano e descrivono una condotta in modo solo generale e astratto, non possono trascurare gli aspetti particolari e «sostanziali» (il merito) che la fattispecie inevitabilmente assume nel singolo caso concreto.
E vediamolo allora questo caso concreto.
Parliamo di una sanzione amministrativa di 27.100 euro ricevuta dal Direttore del Pronto Soccorso di Bari, comminatagli dall’Ispettorato del Lavoro per avere, durante il drammatico periodo del Covid “svolto, lui e il resto del personale, straordinari nel pronto soccorso, andando oltre le ore di lavoro previste dalla legge”.
Non so se vi è chiaro, ma il verbale dell’Ispettorato imputa ai sanitari di “non aver rispettato all’epoca i riposi prescritti, ed aver lavorato più delle ore previste”.
Dopo aver letto questa news, uno pensa subito che l’abusato termine “kafkiano” andrebbe corretto in “italiano”.
Perché solo in un Paese schizofrenico dei professionisti che durante l’emergenza non si sono risparmiati (molti di loro hanno addirittura perso la vita), e che per questo erano stati comunemente definiti “eroi” con tanto di riconoscimenti a tutti i livelli, adesso si trovano ad essere accusati di “essersi spesi troppo”, meglio di aver superato le ore di lavoro straordinario, e di non aver rispettato i riposi previsti.
Ma vi rendete conto dell’enormità di questa sanzione?
Frutto di una mentalità burocratica che ragiona senza tenere conto della contingenza, che allora vedeva medici ed infermieri affrontare un virus del quale non si sapeva niente, e contro il quale non c’erano cure.
Ma per i nostri burocrati un Pronto Soccorso evidentemente equivale ad un qualsiasi ufficio, come se un medico che sta intubando una persona che non respira, e ne ha altri quattro o cinque sulle barelle nelle stesse condizioni, potesse, come si fa in un qualsiasi ufficio, dire a questi pazienti “mi scusi ma il mio orario è appena scaduto, e per non incorrere negli strali della legge debbo necessariamente staccare. Mi dispiace per lei”.
Ma dove c…o erano questi signori durante quei mesi tragici in cui negli Ospedali si moriva, in cui a Bergamo sfilavano i convogli militari con le bare?
Già, dove c…o erano?
Erano probabilmente in smart working, a casa loro, al sicuro, come buona parte della nostra Burocrazia pubblica!
E adesso si permettono di fare le pulci non dico a degli eroi, termine che trovo spesso abusato, ma comunque ad italiani che non si sono tirati indietro, che non sono rimasti nelle retrovie, ma che hanno affrontato la tragedia a viso aperto, rispettando fino in fondo il giuramento di Ippocrate.
Qualcuno potrà dire: in fondo non hanno fatto altro che il loro dovere di medici ed infermieri!
Certo, i sanitari assistono e curano i malati, ma se quei tre primari oggi multati avessero seguito le norme ora agitate come una scure dall’Ispettorato del lavoro, rispettando orari e riposi, molte persone non sarebbero più fra noi.
Perché durante il Covid quel reparto di Bari ha salvato la vita a circa 8.600 pazienti, di cui 1.600 ventilati meccanicamente.
Ed in quell’Apocalisse biblica i “sacerdoti delle norme”, i burocrati dell’Ispettorato del lavoro, avrebbero preteso che i primari tenessero un conto certosino delle ore in più, o dei riposi mancati o saltati?
Purtroppo è facile dimenticare, ma quell’emergenza deve restare nella coscienza collettiva ancora per lunghi anni.
Comprensibile l’amarezza del Direttore Vito Procacci, che ha preso carta e penna e si è rivolto al Presidente della Repubblica.
Nella lettera il medico scrive: Le scrivo perché oggi, dopo tutto l’impegno profuso da me e dalla mia meravigliosa equipe nel contribuire orgogliosamente a rendere un essenziale servizio ai cittadini, in nome del giuramento di Ippocrate e dell’articolo 32 della Costituzione, le affido tutta l’amarezza, la delusione e lo sgomento per il trattamento ricevuto da uno Stato che amo ma nel quale ad oggi faccio fatica a riconoscermi”.
Procacci annuncia di aver fatto “opposizione” ma “non posso negarle che – scrive rivolgendosi a Mattarella – mi sento profondamente ferito da un Paese che fino a poco tempo fa ci definiva eroi, insignendoci, tra l’altro, di un premio per “aver fatto respirare la Gente di Puglia”, e oggi ci chiama trasgressori in un burocratico quanto asettico verbale di sanzione amministrativa”.
Guardate, la questione non sono i soldi, non sono quei miserabili 27.100 euro!
Il Policlinico di Bari ha già annunciato che farà ricorso, l’Ordine dei Medici ha parlato di “una situazione paradossale, che ha dell’incredibile”, è stata persino lanciata dal prof. Loreto Gesualdo, ordinario di Nefrologia all’università di Bari e presidente della Fism federazione italiana delle società medico-scientifiche, una iniziativa di raccolta fondi a favore del dott. Procacci e degli altri due primari che “per avere svolto, insieme alla sua equipe, con entusiasmo, abnegazione e responsabilità il suo lavoro in prima linea in una struttura pubblica, dovrà ora pagare di tasca sua una multa per aver lavorato di più durante il periodo della Pandemia Covid”.
No, lo ripeto non è per il vile denaro!
E’ per lo sfregio, per l’offesa recata ad una sanità pubblica sempre più in difficoltà, costretta a vivere con carenza di personale e di fondi, e a tutti i cittadini che hanno provato sulla propria pelle la sofferenza ed il lutto a causa del Covid.
La sua amarezza, la sua delusione, il suo sgomento, caro dottor Procacci li provo anch’io, e con me dovrebbero provarli tutti gli italiani!
E mi auguro che il Presidente Mattarella, che molto si è speso durante la pandemia, possa intervenire con tutta la sua autorevolezza per porre fine a questa farsa, non dimenticandosi di chiedere scusa a lei e ai suoi collaboratori.
La prego solo di non abbandonare il Servizio Sanitario Nazionale, anche se mi rendo conto che il suo stato d’animo attuale potrebbe spingerla verso il settore privato o addirittura verso qualche Paese straniero.
Rispolveri le sue reminiscenze liceali, e come dice il Sommo Poeta “Non ti curar di lor ma guarda e passa”.
Umberto Baldo
Ultima ora: ieri, inusualmente di domenica, il Ministro Marina Calderone ha reso noto che l’Ispettorato del lavoro di Bari ha sospeso le sanzioni ai medici, specificando che l’Ispettorato “procederà, nei prossimi giorni, ad ulteriori approfondimenti per valutare l’annullamento delle sanzioni comminate”. Lo stesso comunicato parla di una telefonata fra il Ministro ed il Presidente Mattarella (e questo basta a spiegare tutto).
A mio avviso non va comunque abbassata la guardia, perché quella formula sibillina, “ulteriori approfondimenti”, in Italia non tranquillizza mai del tutto.
Questa vicenda rende evidente che la prima grande riforma di cui il nostro Paese ha bisogno per crescere veramente resta quella della “Burocrazia”, per la cui inefficienza l’Italia oggi appare come un sistema iper burocratizzato e iper centralizzato, che enfatizza le procedure e perde di vista il raggiungimento degli obiettivi.