9 Aprile 2025 - 15.43

Meloni, Trump e il richiamo della foresta

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Sarebbe ingeneroso non riconoscere che Giorgia Meloni in questi due anni di governo abbia maturato un processo di conversione, sull’antieuropeismo e sul filoputinismo, solo per fare due esempi, concretizzando una benefica “inversione ad u” che ha modificato il nostro posizionamento internazionale, mettendo da parte le derive pericolose, che avevano tuttavia costruito la fortuna della premier quando era capo dell’opposizione.
Ma il sangue non è acqua, ed il mondo e le idee cui ti sei abbeverato in gioventù difficilmente possono essere dimenticate, perché faranno sempre parte del tuo Dna.
E così è bastato che il sovranismo autarchico e complottista sia andato al potere nella prima superpotenza mondiale, per mettere la premier di fronte ad un bivio; scegliere la strada della maturità del patriottismo europeo, se volete del sovranismo continentale, oppure quella col cappello in mano, di avamposto di Trump ed Elon Musk in Europa.
E guardando alle posizioni che ho visto in questi giorni, dalla minimizzazione degli effetti dei dazi, alla volontà di non assumere una posizione netta fra i contendenti, sperando così di fare da “ponte” fra Ue e Usa, mi sembra di rivivere le atmosfere delle mie letture giovanili, di Jack London e del suo “Il richiamo della foresta”, in cui il cane Buck, dopo una serie di vicissitudini, alla fine non riesce a resistere agli istinti primordiali e ritorna fra i suoi simili.
E mi spiace dover constatare che il “richiamo della foresta” per Giorgia Meloni sembra portare a Washington, rischiando così di farsi portatrice di un sovranismo senza spina dorsale, da praticare a corrente alternata, e solo per concessione di un aspirante tiranno che vede l’Italia solo come uno strumento per dividere l’Europa.
Non so cosa si aspetti dal suo “pellegrinaggio” a Washington del 17 aprile, perché in realtà non sembra avere nulla da offrire in concreto, se non un ipotetico azzeramento reciproco dei dazi, che immagino il Tycoon respingerà freddamente (anche perché non ha la certezza che la nostra Giorgia possa parlare a nome della Ue, dei Macron, dei Sanchez, dei Merz, dei Tusk).
Attenzione ad abbandonare la linea dell’Europa, attenzione a consentire un consolidamento dell’intesa franco tedesca, allargata e Spagna e Polonia, perché il rischio è che “aaa Nazzzziiiiooone” alla fine sia lasciata sola nel Mediterraneo e nella convivenza in Europa con la Russia.
Umberto Baldo

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