23 Dicembre 2021 - 11.04

Natale e bambini: il miglior regalo è il vaccino

L’8 aprile scorso scrissi un editoriale dal titolo “E se a morire di Covid fossero anche i giovani?”Già dal titolo si capiva che si trattava di un pezzo provocatorio, a fronte di una lettera di un Consigliere comunale di Pavia in cui si diceva fra l’altro: “Ormai questo piagnisteo sulle vittime penso che abbia stufato tanti italiani. Sono nove mesi che non pensiamo ad altro, per salvare poche migliaia di vecchietti stiamo rovinando sul lungo termine la vita di un sacco di giovani……..”.Su quelle deliranti affermazioni, che si chiudevano addirittura con un “Viva Darwin”,  mi sono già espresso, ma credo vadano comunque riprese perchè, l’evoluzione dell’epidemia sta cambiando la platea dei contagiati.Credo che a questo punto sia necessario prendere coscienza che, diversamente da quanto accaduto inizialmente, quando i contagi fra i bambini rappresentavano una percentuale estremamente bassa, oggi, probabilmente a causa delle mutazioni accumulate nel tempo, il virus Sars-Cov-2 colpisce indistintamente adulti e bambini, tanto che, per dare un solo dato, negli Stati Uniti il 25% dei nuovi casi riguarda la fascia di età 5-11 anni.  Con la conseguenza che, sempre negli Usa, sono già morti oltre 700 bambini, ed il Covid è entrato nella lista delle prime dieci cause di morte in età pediatrica.Che il problema esista anche in Italia lo dimostra il fatto che l’Ema ha di recente approvato il vaccino a mRNA utile nella prevenzione di Covid-19 appunto per la fascia di età 5-11 anni. Lo so che per un genitore decidere se vaccinare o no un figlio non è sempre facile, e che le paure o le perplessità che esistono anche per gli adulti si ingigantiscono quando si parla di bambini.Ma il punto dirimente è sempre quello che divide i favorevoli ai vaccini dai No Vax; quello della fiducia, o meno, nella scienza e nella medicina.E’ chiaro che se uno crede che il virus non esista, o al massimo che si tratti di un banale raffreddore, il problema non si pone, e sicuramente questi talebani No vax non porteranno certo i figli ai centri vaccinali.Ma questo non vuol certo dire che abbiano ragione!Basta ascoltare serenamente le parole degli operatori sanitari che ogni giorno negli ospedali combattono una guerra senza quartiere contro il Covid, in particolare gli specialisti pediatrici, i quali ci dicono come nella seconda e terza ondata di Covid il tasso d’incidenza tra i più piccoli abbia avuto dei picchi, superando progressivamente quella della popolazione generale da quando è stata introdotta la vaccinazione. E che nelle ultime settimane la differenza è emersa con forza: nella fascia di età 5-11 anni l’incidenza di infezione è la più elevata della popolazione, principalmente a causa del combinarsi dell’elevata socializzazione dovuta alla frequenza scolastica e alla mancata protezione derivante dal vaccino.Ma, soprattutto che il vaccino rappresenta un fattore di protezione per il bambino dalle complicanze dell’infezione da SARS-CoV-2, che sono sì meno gravi rispetto agli adulti, ma che possono comunque esserci, e che i grandi numeri di un’infezione diffusa nella popolazione possono far emergere.Questi segnali di allarme che provengono da tutte le cliniche pediatriche italiane, trovano conferma anche nel nostro Veneto, relativamente al quale si parla di 5mila positivi fra 0 e 14 anni, rendendo di fatto la tendenza epidemica nei bambini assolutamente sovrapponibile a quella degli adulti.Nel reparto di Pediatria dell’Ospedale di Padova in questo mese c’è stato un vero e proprio boom di ricoveri, che risultano più che triplicati rispetto ai due mesi precedenti; ora sono venti contro i cinque di novembre ed i tre di ottobre.Ma secondo i pediatri a destare la maggiore preoccupazione sono le complicanze che si manifestano anche a distanza di sei od otto settimane dall’infezione.Prima tra tutte la sindrome infiammatoria  multisistemica  (MIS-C), complicanza che si riscontra con maggiore frequenza.  Si tratta di una condizione clinica legata alla forte risposta immunitaria al virus in alcuni soggetti predisposti, che coinvolge diversi organi (cuore e intestino in primis) e che insorge a circa un mese dall’infezione. Anche se la malattia viene curata con successo, la sindrome richiede un trattamento specifico in ospedale per non meno di 2-3 settimane, e in alcuni casi terapie immunisoppressive importanti.Alla MIS-C si aggiunge poi il cosiddetto “long-covid”, una condizione ormai nota nell’adulto che comincia a verificarsi anche tra i bambini, che può sopraggiungere anche a distanza di due mesi dalla guarigione, e che comporta una sintomatologia di tipo fisico come mal di testa, dolori articolari e muscolari persistenti, fame d’aria, ma tra gli adolescenti soprattutto stati d’ansia, mancanza di concentrazione, abbassamento del tono dell’umore, depressione, nausea, inappetenza.Questi sono i fatti, questa è la realtà documentata dalla scienza medica, che certo si può anche banalizzare o negare, ma con la quale volenti o nolenti si deve fare i conti. Io sono certo che la maggioranza dei genitori comprenderà e farà proprio il problema, e mettendo come sempre la salute dei propri figli in testa alle proprie preoccupazioni, non darà alcun credito ai deliri del mondo No Vax, e li accompagnerà dal pediatra per sottoporsi al vaccino.Siamo in pieno periodo natalizio, per cui ritengo si debba fare proprio l’invito della prof.ssa  Liliana Da Dalt, direttrice del Dipartimento per la salute della donna e del bambino dell’Azienda Ospedaliera di Padova, che in una recente intervista ha detto: Il miglior regalo che un genitore possa fare al figlio per Natale è il vaccino”.

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