30 Gennaio 2020 - 17.58

“Natura, mito, materia” a Noventa Vicentina

L’Assessorato alla Cultura del Comune di Noventa Vicentina presenta “Natura mito materia”, una mostra personale dell’artista ANGELO MARCOLIN. Dal 15 febbraio all’8 marzo in Villa Barbarigo, presso la Sala Esposizioni. L’esposizione è curata da Renzo Zoia e Gian Luigi Bonfante. La presentazione della mostra a cura del Prof. Renzo Zoia, sabato 15 febbraio 2020 alle ore 17,30

Orari mostra:

Sabato e festivi: ore 10,00 -12,00 / 15,30 -18,30

Nato a Torreglia (Padova) nel 1947, Angelo Marcolin ha frequentato gli studi di geometra in Umbria e precisamente ad Assisi, dove ha avuto i primi contatti con il mondo dell’arte, apprendendo i rudimenti del disegno e delcolore dal pittore Dragutescu. Terminati gli studi, ha lavorato come assistente nello studio grafico dell’artista (gruppo N) Alberto Biasi. Si ritiene autodidatta e dipinge fin dalla prima gioventù; ha partecipato a collettive in vari momenti della sua vita, con periodi alterni, dato che la professione di arredatore e tecnico per teatri in tutta Italia, lo ha distratto dalla sua grande passione per la pittura e per l’arte in genere. Attualmente in pensione, ha ripreso l’uso dei pennelli e della tela su cui trasferisce i suoi racconti, la sua storia, i suoi colori e i suoi cromatismi. La pittura di Angelo Marcolin manifesta il continuo richiamo all’infanzia che ha arricchito la sua immaginazione e dato luogo alla “poetica del fanciullino” di pascoliana memoria. Da li’ scaturiscono i temi del gioco, della campagna, degli animali e, contestualmente, il recupero del sogno, della famiglia, della figura paterna e della forza, e con essi la creazione di valori simbolici, come il cavallo, i giocattoli, la donna e una libertà sempre agognata e spesso idealizzata. Accanto al cavallo emerge il mito femminile e amoroso che, con l’uso sapiente della tempera, si manifesta nella creazione di sontuosi vetri eretti su strutture metalliche portanti. Cosi’ pure le leggende della Madre-Terra e di Eva sono raccontate in due tavole di legno con figure di donne stilizzate che riprendono il tema della creazione e che ricordano certe sculture gotiche forse viste ad Assisi. Infine dipinge un cavallo rosso e due “Amanti” in un dialogo surreale, che ricordano lo stile di De Chirico. In basso si svolge una lotta tra il Bene e il Male affidata a due sparvieri in contesa tra loro, mentre, sullo sfondo, una piccola barca sembra alludere a un viaggio acheronteo. Ma vi è un filo rosso che percorre tutta l’opera di Angelo Marcolin ed è quello della materia, il cui libero uso esalta l’animo dell’artigiano che è in lui. Ciò si avverte non solo nella capacità di manipolare ogni oggetto che gli si presenta, ma anche nell’intelligenza di dargli una funzione espressiva ed estetica. A volte utilizza una lamiera rugginosa o la carta di giornale per sfruttarne l’ elemento cromatico. Cavalli a dondolo su legno intagliato e pressato rammentano il gioco che caratterizza l’infanzia di ogni uomo. Carta e materiale riciclato sono assemblati e decorati con tempera e pennarelli per costruire “Galli” dal piumaggio policromo, che rievocano ancora una volta il mondo della campagna e della famiglia. La materia inerte fornisce una spinta emotiva, un bisogno, un desiderio di comunicare, al di là della forma già determinata e del suo effimero valore. Lo dimostrano le scatole di vino di una cantina, che sotto le mani sapienti dell’artista diventano “Omaggio a Palladio”, “Omaggio a Cèzanne”, autori che fanno parte degli amori segreti di Angelo, del suo immaginario. La storia è piena di questi interventi sulla materia, da Braque a Picasso, da Burri a Pistoletto. La malattia è sempre la stessa: comporre un’opera scegliendo un oggetto ritrovato e trasformarlo in arte fornendogli una nuova identità. Quello che conta è l’ispirazione dell’artista, il suo mestiere.

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