19 Dicembre 2023 - 8.44

No hay plata! 

Lo scorso 23 novembre nel pezzo titolato “Gli argentini eleggono il Presidente con la motosega” parlavo della clamorosa vittoria di Javier Milei alle elezioni argentine.

Siccome in politica tutto ha un seguito, domenica 10 dicembre Milei  è diventato il dodicesimo presidente dell’Argentina dal ritorno della democrazia quarant’anni fa, giurando davanti ai Parlamentari, ed indossando la fascia presidenziale bianco celeste.

Al giuramento erano presenti il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj, l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro, il primo ministro ungherese Viktor Orbán, il leader del Partito spagnolo Vox Santiago Abascal,  il re di Spagna Felipe VI e i Presidenti dei Paesi vicini dell’Argentina: l’uruguaiano Luis Lacalle Pou, il cileno Gabriel Boric e il paraguayano Santiago Pena.

Qualche commentatore ha sostenuto che nel discorso di insediamento di Milei si sono percepiti i toni sia del famoso discorso “lacrime e sangue” di Winston Churchill   nel 1940, e anche un po’ delle parole dell’ex presidente americano Franklin Delano Roosevelt nel 1933, in risposta alla crisi del 1929. 

Ma al contrario di Roosevelt, il neo-Presidente non vuole statalizzare l’economia o approvare un forte piano di sussidi sociali, bensì liberare l’economia argentina dalla stretta morsa delle corporazioni sindacali, aprendo il paese all’economia di mercato.

“No hay alternativa; No hay plata” (non c’è denaro) questa è stata forse la frase più paradigmatica del suo discorso, che si spera anticipi una nuova era di responsabilità economica, di “accountability”, di lotta alla corruzione e all’eccessiva spesa pubblica.

Non poteva essere più chiaro di così, nel fotografare la situazione del suo Paese!

L’Argentina versa in uno stato economico comatoso, con un’inflazione al 147%, con più del 45% della popolazione che vive sotto la soglia della povertà, e di cui il 57% sono bambini. 

Secondo l’Indice della Libertà Economica, l’Argentina si colloca al 144° posto su 176; mentre nell’Indice delle Barriere Commerciali l’Argentina si piazza all’80° posto su 88 paesi analizzati, e al 95° su 125 per quanto riguarda l’Indice Internazionale dei Diritti di Proprietà.

Capite bene che con la “motosega”, con cui ha visivamente accompagnato la sua campagna elettorale Milei, voleva rappresentare simbolicamente ed emotivamente la fine della corruzione, di una eccessiva spesa pubblica assistenzialista, che ha fatto sì che la politica non fosse al servizio dei cittadini ma, al contrario, i cittadini al servizio della politica.

E non stupisce quindi se il  primo passo del Presidente sia stato il taglio dei Ministeri da 19 a 9, ed inaspettatamente la nomina a Ministro dell’Economia di Luis Caputo, a suo tempo da lui  criticato con l’accusa di aver sperperato, per evitare la svalutazione del peso, più di 15.000 milioni di dollari delle riserve della Banca Centrale quando  ne era a capo, (durante il governo di Mauricio Macri). 

Ma evidentemente Milei ha valutato di aver comunque bisogno di una persona che sa muoversi sul terreno dell’economia; si potrebbe dire una sorta di “usato sicuro”. 

Ed è toccato quindi al neo Ministro annunciare le prime misure economiche, partendo dall’ormai mitico “No hay plata”. 

Quali sono queste misure, che non ho alcun dubbio nel definire “draconiane”?

Il piatto forte riguarda il tasso di cambio ufficiale, passato da 400 pesos per dollaro a 820, con una svalutazione improvvisa del 51%. 

Il nuovo valore mette fine alla finzione che il governo di Alberto Fernández ha mantenuto attraverso molteplici restrizioni valutarie, ma non libera il mercato dei cambi, né elimina il divario con le quotazioni alternative (il cosiddetto dollaro blu) che coesistono in Argentina,  e che superano i 1.000 pesos per dollaro.

Relativamente a questa misura, credo che una svalutazione di tale entità, calata in un’economia che ha avuto anni di controllo dei prezzi e restrizioni sui cambi, senza un piano parallelo per contenere l’aumento dei prezzi, possa essere un rimedio molto pericoloso. 

E’ evidente che Milei e Caputo pensano che sarà l’inevitabile recessione economica, con il conseguente crollo dei consumi e la paralisi delle imprese, a porre un argine alla spirale inflattiva ed ai rincari dei prezzi.

Resta il fatto che se il divario tra il prezzo ufficiale e il prezzo parallelo del pesos (blue dollar) dovesse aumentare nuovamente, e i prezzi dei beni continuassero a lievitare, la svalutazione perderà rapidamente significato ed efficacia.

A seguire sono state annunciati tagli alla spesa pubblica, giustificandoli con il fatto che   “i precedenti governi non sono riusciti a controllare l’inflazione”. 

Il ministro Caputo ha precisato che lo Stato non convocherà più gare d’appalto per opere di infrastruttura, e che gli appalti già assegnati, ma le cui opere non hanno ancora preso il via, verranno annullati. 

«Le opere infrastrutturali le faranno i privati» ha detto. 

Il Ministro ha poi annunciato una serie di ulteriori interventi.

Oltre alla citata svalutazione della moneta, ciò che avrà il maggiore impatto sulle tasche degli argentini sarà la riduzione dei sussidi per i trasporti pubblici, l’elettricità, il gas e l’acqua. 

Il potere d’acquisto di molte famiglie è crollato dal 2018, e affrontare questa nuova realtà per loro non sarà facile, così come  molte Province si troveranno nei guai perché smetteranno di ricevere i fondi nazionali, un’altra delle misure annunciate.

La motosega di Milei non tralascerà neppure il settore del pubblico impiego. 

E così Caputo ha precisato che non verranno rinnovati i contratti di lavoro dei funzionari in servizio da meno di un anno. Era comunque già stata pre-annunciata  una revisione approfondita dei contratti dei dipendenti dell’amministrazione nazionale. 

Il pubblico impiego rappresenta circa il 18% dell’occupazione totale dell’Argentina, e durante la pandemia di Covid-19 è salita al 20%,   Si tratta di una percentuale molto più alta rispetto ad altri paesi della regione, come il Cile (12%) o il Messico (13%). 

Come si vede si tratta di una cura da cavallo, e nonostante lo scontato apprezzamento del Fondo Monetario Internazionale, saranno i mercati da un lato, e dall’altro le prevedibili reazioni sociali a decretarne o meno il successo.

Milei e Caputo non hanno nascosto le difficoltà, ed hanno detto chiaramente che la prima fase comporterà sacrifici, con addirittura il peggioramento della condizioni attuali, ma che gli stessi  saranno temporanei. 

Consapevole della tempesta in arrivo, l’Esecutivo ha comunque promesso di mantenere gli attuali aiuti alla popolazione più bisognosa, aumentando le voci di bilancio di due dei programmi che interessano la maggior parte delle famiglie: l’Assegno universale per l’infanzia, il cui importo sarà raddoppiato, ed i fondi dalla carta Alimentar, che sarà del 50% in più. 

Vedremo se questa sarà una vera svolta per l’Argentina, e soprattutto se Milei, che non ha una maggioranza propria in Parlamento, convincerà i Partiti e sostenere le sue misure “lacrime e sangue”.

Prendiamo atto che, in ossequio al principio della real politique, la sbandierata intenzione di Milei di “non avere legami con i paesi comunisti” è svanita con la stessa rapidità con cui l’aveva lanciata in campagna elettorale. 

Al Presidente sono bastate solo 24 ore per cercare di ricucire i rapporti con la Cina, uno dei principali finanziatori dell’Argentina negli ultimi anni. 

D’altronde se si ha un debito di 44miliardi di dollari con il Fmi, e la Banca Centrale con le riserve a zero, i soldi di Xi Jinping sono una manna dal cielo, cui non si può rinunciare.

Umberto Baldo

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