22 Dicembre 2023 - 8.43

Noi che…….   Buon Natale da Tviweb

Qualche giorno fa riflettevo sul fatto che il segno inequivocabile della vecchiaia non sono le rughe, non è la presbiopia o il mal di schiena che si cronicizza, non è la pancetta o i peli nelle orecchie: è la prima volta in cui dici “Ai miei tempi”.

Espressione che sottintende quasi sempre: “allora si stava meglio!”

Confesso che, essendo ormai approdato ad una ragguardevole età, capita anche a me di dire sempre più spesso “ai miei tempi”.

E quando pronuncio queste tre parole, non posso non ricordare quante volte le ho sentite dire dai miei genitori o dai miei nonni, e quanto allora a me ragazzo sembrassero senza senso.

E non sono sicuramente il solo a volgere lo sguardo al passato, perché immagino capiti anche a voi che ogni tanto qualche amico o amica, ovviamente coetanei, vi spediscano un messaggio su WhatsApp che inizia sempre con “NOI CHE…….”, e poi elenca una sfilza infinita di ricordi quali: Noi che la penitenza era “dire fare baciare lettera testamento”, Noi che ci mancavano sempre quattro figurine per finire l’album Panini, Noi che ci divertivamo anche facendo ‘1,2,3 Stella!’, Noi che le cassette se le mangiava il mangianastri, e ci toccava riavvolgere il nastro con la bic, Noi che si andava in cabina a telefonare, Noi che a scuola ci andavamo da soli, e tornavamo da soli, Noi che se a scuola la maestra ti dava un ceffone, la mamma te ne dava 2, Noi che se andavi in strada non era così pericoloso, Noi che il primo novembre era ‘Tutti i santi’, mica Halloween, Noi che all’oratorio le caramelle costavano 50 lire, Noi che in motorino si andava in due e senza casco, Noi che con il freddo ci prendevamo al massimo il raffreddore, Noi che se cadevamo mettevamo solo un cerotto e circolare……..

Ne ho riportate solo alcune pescate fra questi messaggi, e si capisce che su questo terreno, quello dei ricordi, di cose che “ai miei tempi” erano diverse rispetto all’oggi se ne potrebbero scrivere migliaia.

E non può essere diversamente perché, per fare solo un esempio, chi come me è nato negli anni ’50 non poteva che imparare a scrivere usando il pennino, perché le penne a sfera non c’erano ancora (ma ciò non toglie che la mia sia stata forse la generazione più fortunata della storia, non solo perché non abbiamo conosciuto la guerra, ma anche perché abbiamo visto concretizzarsi in pochissimi anni cose che neppure Leonardo da Vinci o Jules Verne avrebbero immaginato; pensate solo a cos’è uno smartphone).

Mi rendo comunque conto che quel “ai miei tempi” lo pronunciamo facendo intendere che “quei tempi” fossero una sorta di Età dell’Oro, contrapposta ovviamente ai giorni d’oggi.

Ma riflettendoci ho concluso, come vi ho già accennato, che questa nostalgia dei “miei tempi” come misura della realtà, è veramente la spia dell’essere diventato vecchio, perché quello che si rimpiange non sono davvero “quei tempi”, bensì il tempo in cui si era giovani.

Io credo che il rimpianto del passato sia insito nel divenire della vita di ciascun uomo, perché dall’alba della civiltà il mondo si è sempre evoluto, e di conseguenza ogni generazione si trova a proprio agio con ciò che ha vissuto nell’età in cui era giovane. 

Li capisco solo adesso quei rimpianti dei miei genitori  che apprezzavano più i tempi passati, perché erano nati a cresciuti con quelle cose; e poiché la vita è una ruota,  inevitabilmente fra 30/40 anni anche le generazioni di oggi finiranno per dire anche loro “ai miei tempi”.

Forse il problema sta nel fatto che facciamo fatica a vivere il presente, che a rifletterci bene è l’unico spazio che abbiamo a nostra disposizione, perché il passato è passato e non puoi cambiarlo, ed il futuro sta nelle mani di Dio, per i credenti, o nella fantasia.

Da questo punto di vista il presente lo viviamo ma ci sfugge sempre, lo attraversiamo sì, ma non lo viviamo, presi come siamo dalla quotidianità, dai pensieri, dalle preoccupazioni per il futuro, e intanto il presente se ne va, per trasformarsi rapidamente in  “passato”; ed ecco perché si finisce per ricordare solo i momenti belli “di una volta”, tendendo ad identificarli e a rimpiangerli come migliori.

E sarà la magia delle Festività di Natale e Fine Anno, ma questo è il periodo in cui è più facile cadere nella spirale dei ricordi, che inevitabilmente diventano “il Natale di una volta”.

E giù a rievocare quant’era bello decorare l’albero con quelle palline variopinte e le lucine cangianti, quant’era bella la Vigilia e l’emozione dell’attesa,  quant’era bello scrivere la letterina ai genitori (a casa mia i doni li portava la Befana non Babbo Natale), in cui si sottolineava il fatto d’essere stati dei bravi bimbi tutto l’anno, anche quando era una bugia bella e buona; letterina che si metteva sotto il piatto del papà in attesa che la vedesse ed elargisse qualche soldino.

Guardate, ritornando con il pensiero a quei Natali, sicuramente erano diversi da quelli di oggi.

Ma semplicemente perché la società era diversa, sicuramente molto meno ricca, e quindi meno coinvolta ad esempio nel “rito dei regali” che, a guardare i nostri Telegiornali, sembra diventato un’ossessione di massa. 

Quasi nessuno andava a sciare, e figuratevi chi poteva anche solo immaginare che esistessero le Seychelles o le Andamane dove poter passare Natale o Capodanno.

Certo c’era maggiore calore umano; si stava più assieme, almeno fino a quando non è arrivata la televisione, si parlava di più, si mangiava forse più di oggi, anche perché “non era sempre Natale” per tutte le famiglie, e quel giorno si cercava di mettere in tavola il meglio che ci si poteva permettere.

Era un Natale migliore di quello di oggi?

Francamente è impossibile dirlo, ma di una cosa sono certo, che allora lo “Spirito religioso del Natale” era sicuramente più sentito dalla gente comune rispetto all’oggi, ma capisco che questo imporrebbe una riflessione sulla progressiva scristianizzazione della società europea. 

Non la faccio troppo lunga, anche per non venir coinvolto nel turbinio dei ricordi. 

Ma qualcosa di diverso la voglio fare questo Natale!

Io la letterina a Babbo Natale la scrivo di nuovo, e poi la tengo per me.

Chissà, magari questo potrebbe farmi rivivere, magari per un attimo, le stesse emozioni di quando la scrivevo da bambino.

Detto questo, anche a nome degli amici della Redazione di Tviweb, vi auguro possiate trascorrere  una serena Festa in salute.

Buon Natale.

Umberto Baldo

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