Oggi Trump giura, circondato da un parterre populista e sovranista
Umberto Baldo
La mia mamma quando voleva dirmi che un certo compagno, o una certa compagnia, non erano da lei considerati “persone affidabili”, o comunque da frequentare, dopo le dovute argomentazioni chiudeva sempre con il vecchio adagio “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei!”.
Questa massima di antica saggezza mi è tornata in mente leggendo sui media la lista delle personalità invitate da Donald Trump alla cerimonia del suo secondo insediamento alla Casa Bianca, che avverrà oggi 20 gennaio.
Partiamo col dire che per consolidata tradizione il giuramento di un nuovo Presidente Usa è sempre stato una cerimonia di politica “interna”, alla quale venivano al massimo invitati gli ambasciatori delle Nazioni alleate più rilevanti.
Ma questa volta Trump ha voluto cambiare tutto, chiamando a raccolta leader di tutto il mondo, sia capi di Stato o di Governo, sia capi di partiti amici.
Le motivazioni sono per me abbastanza intuitive, ed hanno un sapore antico, quando all’insediamento di un nuovo imperatore, sia in epoca romana, poi bizantina e poi romano-germanica, erano quasi obbligatori la presenza e l’omaggio dei potenti dell’epoca.
Ovviamente non sono materialmente in possesso dell’elenco completo degli invitati, ma i giornali ne hanno dato ampio risalto, per cui ci si può ragionare sopra con buona certezza.
Vi segnalo subito, e lo potrete constatare vedendo i nomi, che Trump privilegia i rapporti con leader nazionalisti e populisti di ogni continente, perché quello è il mondo nel quale maggiormente si riconosce, essendo peraltro nota anche la sua inclinazione ed ammirazione verso i “Capi” autoritari ed autocratici.
Partiamo dai Capi di Stato la cui presenza, almeno quelli della mia generazione, mai avrebbero pensato potesse essere gradita all’insediamento.
A partire da Xi Jinping, il Capo assoluto della Cina, che ha cortesemente declinato, annunciando però la partecipazione del suo Vice Han Zheng.
Il segnale di Trump è comunque chiaro: la telefonata con Xi è stata solo l’antipasto di un confronto che gli Usa vogliono fortemente aprire con Pechino, in quanto “seconda superpotenza mondiale” (almeno al momento).
Non ho trovato invece notizia di inviti a Vladimir Putin, ma capisco che nonostante le più volte ventilate amichevoli relazioni segrete fra i due, per Trump sarebbe stato imbarazzante estendere l’invito al leader di una Nazione con cui, bene o male, gli Usa sono in aperto scontro militare, sia pure non diretto, sul suolo ucraino.
Invitato invece il Presidente indiano Narendra Modi, anch’esso acceso nazionalista, che invierà il ministro degli esteri S. Jaishankan.
Non mi sono dimenticato dell’Europa, tranquilli; ne parlerò più avanti.
Ma al di là dei Capi delle grandi Nazioni, o grandi potenze se preferite, l’elenco degli invitati si fa molto più interessante quando ci spostiamo sulle, chiamiamole così, personalità straniere che saranno oggi presenti a Washington.
Ed ecco che viene buono il “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” della mia mamma.
Perché “Ciuffo biondo” ha voluto fosse presente alla sua “festa” il fior fiore della galassia nazionalista e populista, ovviamente di destra o di estrema destra, che lo riconosce come faro per la propria politica.
E così saranno presenti il Presidente argentino Javier Milei, la cui politica della “motosega” è vista da Trump come un modello di moderna economia, esponenti dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr) quali l’ex premier polacco Morawiecki, Marion Maréchal (nipote disallineata di Marine Le Pen, quest’ultima non invitata), George Simion, leader del partito di estrema destra rumeno Aur, nonché esponenti dell’altra famiglia della destra europea, quella sovranista dei Patrioti per l’Europa. Fra questi ci saranno il neo franchista spagnolo leader di Vox Santiago Abascal, Tom Van Grieken, capo belga del partito populista e di destra Vlaams Melang, nonché il leader portoghese di Chega Andrè Ventura.
Ma per non farsi mancare proprio nulla nelle lande estreme della destra, ad essere stati invitati ci sono pure il francese Eric Zammour, leader di Reconquete, Alice Weidel di Alternative fur Deutschland (al suo posto andrà il co-presidente Tino Chrupalla), e per il Regno Unito Nigel Farage, capo di Reform Uk e padrino della BrexiT (nonostante Musk lo abbia di recente scaricato).
In altri tempi si sarebbe parlato di un raduno del peggio delle destre del mondo, ma oggi il panorama è questo, ed elezione dopo elezione questi Partiti stanno avanzando in tutto il nostro Continente.
E finalmente siamo arrivati all’Europa, relativamente alla quale stride il mancato invito a Ursula von del Leyen, il che, sarò anche malizioso, mi suona come un segnale chiaro.
Per il vecchio Continente, tradizionale alleato degli Usa, Trump è stato piuttosto sbrigativo e tranchant.
Nel senso che l’unica leader di uno Stato formalmente invitata è stata la nostra Giorgia Meloni.
Pensate che nemmeno Victor Orbàn ha avuto l’invito, e quindi non è certa la sua presenza.
Fuori anche Emmanuele Macron, Olaf Scholz, Pedro Sanchez; persino Keir Starmer, premier inglese, che da sempre era il primo leader europeo ad essere contattato da ogni neo Presidente Usa.
Mi sembra che tutto questo costituisca la prova provata di quale sia l’indirizzo politico cui si ispirerà la nuova Amministrazione Usa.
Venendo, per concludere, a Giorgia Meloni, non ho alcun problema nel riconoscere che si muove molto bene a livello di politica internazionale, mentre in politica interna, complice anche una classe dirigente di FdI chiaramente impreparata, al di là dei proclami si limita per lo più a vivacchiare.
Ma a mio avviso questa nuova posizione di “leader europea prediletta” da Trump può nascondere più di qualche insidia, perché è chiaro che gli altri europei a mio avviso difficilmente accetteranno di dialogare con il Tycoon per il tramite dell’Italia.
Il problema, a quanto si vede anche sulla base degli uomini scelti per i ruoli chiave della sua Amministrazione, è che Trump per forma mentis non vuole più alleati. Vuole clienti per gli affari dell’America: e questa è la vera grande novità cui a mio avviso gli europei non sono preparati.
Ciò risulta evidente quando si parla della Nato, ridotta da Trump ad un mero affare di livello delle spese militari dei Paesi membri.
E’ un percorso tortuoso ed accidentato quello che si accinge ad intraprendere la nostra premier, stretto fra il pifferaio magico Trump, che crede solo nei rapporti bilaterali fra Stati, ed un’Europa di cui l’Italia fa parte a pieno titolo, e che non può certo abbandonare.
Ed in quest’ottica Giorgia Meloni deve essere conscia di dover scegliere se questo rapporto speciale, che sembra esserci fra lei e Trump, possa trasformarsi in un aiuto per l’Europa, oppure nella breccia per far saltare l’Unione.
Le consiglio di rileggere le pagine del Principe di Niccolò Machiavelli là dove tratta del rapporto fra virtù e fortuna. Là dove il Segretario evidenzia l’importanza dell’azione umana nel plasmare il destino, insegnando che il governante ideale è colui che sa bilanciare virtù e fortuna con intelligenza e realismo.
Umberto Baldo
PS: sicuramente Matteo Salvini, che forse immaginava un diritto di primogenitura con papà Trump, rosica per non poter essere presente oggi a Washington. Ma non ha tenuto conto che il biondo Donald non è un ideologo, bensì un uomo d’affari, e gli affari si fanno con chi ha qualcosa da mettere sul piatto. E cosa può avere da offrire il Capo di un Partitino italico che vale poco più dell’8%?