1 Agosto 2024 - 9.37

Olimpiadi: nuotare nei colibatteri o essere gonfiata da un transgender? Delirio woke e cialtroneria in Francia

Umberto Baldo

Era evidente che dovevano essere le “Olimpiadi di Parigi”, i giochi della capitale francese e non della Francia, e così è stato.

Comunque la si guardi, che sia o meno piaciuta, che sia stata più o meno accettata, La Ville Lumiere è stata l’unica vera protagonista della cerimonia di apertura.

Così l’hanno voluta i francesi, così l’ha voluta il Presidente Macron; un documentario a tutto tondo sulle vicende storiche della città, accompagnato da un servizio fotografico di prim’ordine, che ci ha mostrato con divizia di particolari tutte le bellezze della capitale francese.

A partire dal suo fiume; che nella narrazione ha assunto un ruolo centrale; basti pensare alle delegazioni nazionali degli atleti fatte sfilare a bordo di natanti, sotto un diluvio d’acqua (ma di questo non si può certo incolpare nessuno, tanto meno Macron).

Ce n’era bisogno?

Io penso di no; Parigi è Parigi da sempre, una delle più belle città del mondo, una delle più visitate, il sogno dei viaggi di nozze di generazioni e generazioni di cittadini di ogni continente.

Per cui solo la “grandeur”, l’orgoglio francese, spiega l’esibizione spasmodica della città, forse come contraltare ad una fase in cui la Francia sta progressivamente perdendo il suo ruolo nel mondo, a partire dall’Africa. 

Cosa dite?

E’ riuscito Emmanuel Macron nel suo intento?

Francamente non lo so.

Ho visto commenti estremamente favorevoli per certe “scelte di rottura”, accompagnati però a critiche feroci tipo “Il gay pride olimpico”, “Sette anni per questa buffonata”, o “ nella Senna non ci faccio fare il bagno nemmeno al mio cane”.

E qui arriviamo al primo dei due fattori su cui voglio soffermarmi oggi.

Abbiamo visto il ruolo assegnato dagli organizzatori alla Senna quasi fosse il “Nume tutelare della città”, ed in quest’ottica cosa c’era di meglio di disinquinare il fiume per renderlo balneabile, e quindi fruibile per le gare di nuoto in acque libere?

Ci si sono impegnati per quattro anni i francesi per vincere questa sfida, per realizzare questo sogno; ci hanno speso circa 1,5 miliardi di euro, e quel divieto di balneazione nel fiume decretato nel lontano 1923 sembrava superato quando a pochi giorni dall’apertura dei giochi la Sindaca Anne Hidalgo, e con lei il capo dei Giochi francesi e il prefetto di Parigi, si sono immersi nelle acque del fiume per dimostrarne la pulizia.

Sono bastate le piogge di venerdì e sabato perché il fiume tornasse a livelli di inquinamento inaccettabili, perché pericolosi per gli atleti.

Vi dico subito che fossi un nuotatore (e penso a Gregorio Paltrinieri) mi rifiuterei di gareggiare in queste condizioni, perché a questo punto resterà sempre il dubbio che il via libera (che ci sarà senza dubbio proprio per questioni di grandeur) sia dovuto ad analisi “addomesticate”.

E mi meraviglio che il Comitato Olimpico Internazionale e le varie Delegazioni nazionali non si mettano di traverso per impedire che i loro ragazzi siano costretti a nuotare “nella merda”, visto che i batteri più presenti sono proprio quelli dell’Escherichia coli (i batteri fecali per capirci).

Non si può dire che la Francia, con la sua abbondanza di fiumi e di laghi, non offrisse valide alternative, sicuramente più salubri; ma tant’è la Seine è la Seine, è il fiume della Ville Lumière, è il cuore della Francia, e chissenefrega se Paltrinieri e compagni si beccano qualche infezione.

Ma si sa come vanno queste cose; opporsi ai poteri forti è sempre difficile, ed in effetti ieri le gare di nuoto del Triathlon si sono regolarmente svolte nel fiume. 

Un altro aspetto su cui le Olimpiadi francesi hanno fatto discutere è il volersi atteggiare come punta di diamante della cultura woke e gender.

Certo la parodia dell’Ultima Cena con le Drag Queen (poi fatta passare come un banchetto luculliano dei tempi antichi), o l’immagine di Maria Antonietta che canta con la propria testa in mano, gli accenni a una scena di sesso a tre, forse si sarebbero potuti evitare; ma evidentemente a prevalere è stata la visione che  non c’è più nulla in natura che sia “naturale”, ma non c’è nemmeno più nulla di artificiale e storico che debba rimanere nei limiti dell’identità e delle funzioni che chi l’ha creato ha assegnato nel corso della storia.

Era prevedibile che con queste premesse, con questa cultura dominante, anche le discipline sportive ne fossero in qualche modo  coinvolte.

Non è la prima volta che su questo network vi parlo delle aberrazioni che potrebbero essere determinate dalle teorie del gender applicate allo sport.

Per spiegarmi meglio ho più volte denunciato che atleti maschi che affermano di sentirsi donne, e pretendano così di gareggiare con le donne, finirebbero per alterare qualunque competizione sportiva.

Tutte le atlete, di ogni disciplina, questo lo sanno bene, e finora le Federazioni sono riuscite a contenere la problematica. 

Se non che, proprio oggi, 1agosto, l’italiana Angela Carini, una delle pugili più brave del panorama italiano, salirà sul ring olimpico e incrocerà i guantoni con Imane Khelif, pugile transgender dell’Algeria. 

La boxe femminile è uno sport di nicchia, quindi il nome Khelif non è particolarmente noto ai più, ma tra gli addetti ai lavori c’è grande fermento e indignazione per la sua partecipazione al torneo olimpico.

Il motivo? 

“Finge di essere donna”, ha dichiarato Umar Kremlev, il Presidente dell’International Boxing Association (IBA), a seguito dei test del dna per la determinazione del sesso a cui sono obbligatoriamente sottoposti i pugili. 

Test che, infatti, hanno di fatto escluso Khelif dal mondiale di boxe in quanto dal suo Dna è emersa la presenza di cromosomi XY, tipici del sesso biologico maschile.

Di fatto Khelif è un uomo, ma in nome dell’inclusione a tutti i costi, le Olimpiadi di Parigi 2024 ammettono nel circuito femminile un pugile che si identifica come donna. 

Come è possibile? 

Semplice, con un raggiro, cioè bypassando l’IBA e creando una commissione ad hoc, la Boxing Unit di Parigi 2024, che dà molta libertà ai Paesi di valutare i propri atleti ma, soprattutto, perché alle Olimpiadi non vengono effettuati test sul sesso.  Come dire che vale tutto!

Guardate che non si tratta di avere due tette più o meno posticce o gonfiate, o altro che potete immaginare.  Qui si tratta di una morfologia, di una struttura ossea e muscolare profondamente diverse nel corpo di un uomo, che possono diventare devastanti per una donna “vera” che si trovasse a fare a pugni con un “uomo che si sente donna”.

Il pugno di un uomo biologico è circa il 160% più forte rispetto a quello di una donna biologica, e gli effetti di questa potenza si sono osservati sul volto di Brianda Cruz, una delle ultime pugili che ha affrontato Khelif prima della squalifica dai mondiali. 

“I suoi colpi mi hanno fatto molto male, non credo di essermi mai sentita così nei miei 13 anni da pugile, né nei miei sparring con gli uomini. Grazie a Dio quel giorno sono uscita dal ring sana e salva, ed è bello che finalmente se ne siano accorti”,ha raccontato la Cruz subito dopo la sconfitta.

E così, con queste premesse, a queste Olimpiadi ispirate all’inclusione ed al buonismo, all’Arena Paris Nord il pubblico sarà oggi chiamato ad applaudire un uomo biologico che malmena una donna, per di più italiana. 

“Questa è la Francia!”, diceva con orgoglioEmmanuel Macron durante la cerimonia di apertura.

Se questa è la Francia, caro Presidente, mi permetta di dirle che non mi piace proprio. 

E sono disposto a scommettere che i Robespierre, i Danton, i Saint Just, quando abbattevano l’Ancien Régime non pensavano certamente che la “Marianne” potesse ad un certo punto della storia diventare un uomo.

Umberto Baldo 

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