PASSAGGIO A NORD – A caccia di tartufi nelle montagne vicentine
Prezioso gioiello dei nostri boschi dall’aroma inconfondibile, ingrediente pregiato e molto apprezzato. Con l’arrivo dell’autunno il tartufo ritorna a profumare i nostri piatti. Difficile non conoscerlo e non amarlo, ma forse non tutti sanno che il mondo dei tartufi è pieno di curiosità. Il tartufo è un fungo ipogeo che vive in simbiosi con le radici di alcune piante, cresce in ambienti non inquinati e si può trovare anche nelle nostre montagne oltre i mille metri. Il resto ce lo racconta Silvano Marangoni, allevatore e addestratore di cani da tartufo.
Per andare a tartufi è necessario possedere un
apposito tesserino?
«La
raccolta del tartufo è regolata da una normativa nazionale, che ha demandato ad
ogni regione la facoltà di disciplinare la raccolta dei tartufi con una legge
propria. Una volta ottenuto il permesso, che è appunto emesso dalla regione,
c’è la possibilità di andare a tartufi in tutta Italia. Quando il tartufaio esce
dalla propria regione, deve quindi conoscere le norme della regione dove andrà.
Per esempio, i tempi di maturazione sono diversi a seconda della regione. Può
capitare inoltre che in alcune regioni si possa andare a cercare tartufi di
notte e in altre no. In Veneto, per avere il tesserino è necessario sostenere
un apposito esame a Venezia. Una volta rilasciato, il tesserino vale cinque
anni e poi si può rinnovare. Per il momento siamo l’unica regione dove i
possessori di tesserino non devono pagare una tassa annuale».
Qual è il periodo di raccolta?
«Nel
Veneto, nel suo complesso, abbiamo la raccolta ammessa tutto l’anno. Nelle
montagne vicentine, proprio dall’autunno fino all’inizio dell’inverno, possiamo
trovare due tipi di tartufo caratteristici di questa stagione: il Mesenterico,
che sarebbe il tartufo nero di Bagnoli, e l’Uncinato che è una varietà dello
Scorzone o del tartufo estivo. Questi si possono trovare anche oltre i mille
metri».
Si può andare a cercare tartufi senza cani?
«Si
potrebbe tecnicamente, ma è assolutamente vietato dalla normativa. Certamente,
ci sono svariati modi con cui si può capire dove c’è un tartufo: purtroppo la
tecnica più usata è quella di andare nell’albero simbionte e di zappettare
tutto intorno per tirare fuori i tartufi. In questo modo però si rompe la
simbiosi tra l’albero e il fungo, creando un grave danno all’ambiente. In quel
luogo infatti stenterà a riapparire il tartufo. La legge prevede invece che si
possa prendere il tartufo solamente dove il cane ha iniziato a scavare.
Dopodiché il lavoro può essere finito dal cane, oppure può intervenire il
tartufaio con un attrezzo. Anche qui, ci sono dei limiti: gli attrezzi troppo
grandi possono essere invasivi e fare danni alle radici o al micelio».
Come ci aiutano questi preziosi animali?
«Il
tartufo, quando la spora è pronta, comincia ad emanare un forte profumo. Può
essere infatti che il tartufo sia già bello grosso, ma non essendo pronto non
emana alcun odore. L’odore serve ad attrare gli animali che lo vanno a cercare
per mangiarselo. Il cane ci aiuta proprio in questo: grazie al suo fiuto
sopraffine riesce a percepire il profumo del tartufo da fuori anche a decine di
metri di distanza. L’emanazione non dipende solo dalla maturazione del tartufo,
ma anche da un sacco di fattori ambientali, tra cui l’umidità, la temperatura,
la presenza del vento e così via».
Ogni razza di cane può essere addestrata per
cercare tartufi?
«Tutti
i canipossono essere addestrati per la ricerca del tartufo,
specialmente quelli da cerca come il Lagotto, il Labrador, il Cocker, il
Retriever e così via. Certo, l’epigenetica, che studia le mutazioni genetiche e
la trasmissione di caratteri ereditari non attribuibili direttamente alla
sequenza del DNA, ci mostra come le reazioni che un cane elabora a seguito
degli stimoli dell’ambiente possono essere trasmesse ai suoi discendenti per
via ereditaria. Nel momento in cui un cane viene addestrato per fare un
determinato lavoro, i suoi figli saranno più portati a far quel medesimo lavoro».
Cosa ci dice la legge in merito alle quantità
che è possibile raccogliere?
«Nelle
altre regioni ci sono dei limiti di quantità, nel Veneto attualmente invece non
ne abbiamo. Nel caso poi volesse venderli, il tartufaio paga una ritenuta di
acconto di cento euro all’anno che gli permette di emettere ricevute fino a
settemila euro senza avere nessun altro tipo di tassazione».
Quali sono i comportamenti da tenere per
rispettare l’ambiente?
«Secondo
la legge bisogna sempre coprire le buche aperte per l’estrazione dei tartufi
con la terra precedentemente rimossa e il terreno deve essere regolarmente
livellato per coprire la micorizza. In questo modo si evita di danneggiare la
simbiosi fra albero e fungo. Personalmente cerco poi anche di diffondere le
spore nel momento in cui è finita la stagione. Solitamente tengo da parte del
tartufo che macino e spargo nei boschi di modo da avere una continuità della specie».