PASSAGGIO A NORD – Addio all’inverno a Recoaro Terme con la Chiamata di marzo

Si respira aria di primavera a Recoaro Terme: è tutto pronto per la “Chiamata di marzo”, la festosa manifestazione che domenica 23 febbraio vedrà sfilare per le vie della cittadina centinaia e centinaia di figuranti in costume, che, a piedi o sui carri allestiti con ogni genere di scenografie, metteranno in mostra una straordinaria serie di oggetti, attrezzi e testimonianze della civiltà e della tradizione cimbra. L’evento, che si svolge con cadenza biennale dalla sua reintroduzione, giunge quest’anno alla sua ventiduesima rappresentazione e vuole come sempre celebrare l’arrivo della primavera dopo il lungo inverno. L’origine di questa grande festa si perde nella notte dei tempi: già gli antichi Greci celebravano Afrodite, dea della primavera, la stagione dei fiori, della generazione e dell’amore. Anche per i Romani il mese di marzo aveva una valenza importante: l’anno romano iniziava proprio il 1° marzo e durante questo periodo si tenevano le grandi assemblee generali. A Recoaro la festa viene celebrata con grande entusiasmo e partecipazione già a partire dal diciannovesimo secolo per “risvegliare la primavera, assopita dopo il lungo inverno. Chiamarla a gran voce, con corni, recùbele, snàtare e ogni sorta di strumento e arnese. Rivivere nel sogno di un giorno giochi e fatiche di una montagna che fu, scendendo dalle oltre cento contrade per ritrovarsi e di nuovo far festa, finalmente”.
La tradizione
L’evento, che si tiene sempre nell’ultima domenica di febbraio, in passato era
la manifestazione spontanea della gioia che invadeva gli animi della gente di
montagna al primo tepore primaverile: le persone potevano finalmente riprendere
i rapporti e le comunicazioni con gli abitanti delle altre contrade e del paese,
dopo molti mesi in cui erano state costrette a rinchiudersi in casa o nelle
stalle per via delle rigide temperature. Verso l’imbrunire, centinaia di
pastori, mandriani e contadini, insieme alle loro famiglie, si radunavano così
nelle proprie contrade, scendevano poi in paese, abbigliati con fogge e costumi
stravaganti, in un corteo compatto e allegro. Oggi, per l’occasione, le storie,
i mestieri, i prodotti e il folclore del passato recoarese rivivono in
un’affascinante girandola di scorci e di dettagli recuperati dai secoli
passati. La Chiamata di marzo è insomma storia di gente di montagna e dei tempi
in cui gli uomini indossavano ornamenti fatti di rami e fronde, abiti vecchi
dai colori vari e vivaci, stelle alpine sul cappello alla montanara; mentre le
contadinelle e le montanare sfoggiavano gli abiti migliori, adorne di merletti
e dei primi fiori. E in mezzo al grande, allegro corteo non potevano mancare
gli animali: asini, buoi, capre e perfino conigli e galline, che insieme agli
uomini avevano condiviso i lunghi giorni dell’isolamento invernale. Tutti si
ritrovavano nella piazza con i propri attrezzi di lavoro, i propri animali e
con ogni possibile arnese trasportabile. Alla testa della folla sfilavano per
primi i cacciatori, armati di vecchi archibugi con i quali più tardi, mentre si
intrecciavano le danze, salutavano a salve l’arrivo di marzo. Il corno, il “rècubele”
e le “snatare” completavano il gaio frastuono, mentre i bambini agitavano
campanelli (le “ciochète”) e le campane suonavano a festa.
Il programma della ventiduesima
edizione
L’inizio della sfilata è previsto alle 14:00, ma i primi carri prenderanno posizione
in centro storico già dalle 9:30. Dalle 10:00 sarà in funzione lo stand
gastronomico, in attesa della sfilata. Dalle 17:30, nel piazzale della
cabinovia ci saranno la premiazione del concorso “La vetrina della Chiamata di
marzo” e la premiazione dei carri.
La Chiamata di marzo è anche poesia
Tradizione passata di generazione in generazione, di popolo in popolo fino ai
nostri giorni, la Chiamata di marzo è un momento che è meglio spiegare con le parole
di chi non l’ha mai vista, perché l’ha sempre fatta: “è un’attesa lunga due
anni, è fierezza, è orgoglio, è trovarsi mesi prima per organizzare e sapere
già che ogni incontro sarà una festa, è finirne una e pensare già alla
prossima, semplicemente è la nostra festa. Quella festa che unisce tutti, che
tutti non vedono l’ora arrivi. Quella giornata di festa che sembra duri
soltanto cinque minuti rispetto a tutto il tempo che l’aspettiamo: non te ne
rendi nemmeno conto, un battito di ciglia e tutto è già finito. Il giorno dopo
ti svegli e quasi ti scende la lacrimuccia, torni in centro e vedi le strade “segnate”
dalla grande festa del giorno prima, i piedi quasi non li muovi da quanto fanno
male ma la Chiamata di marzo è anche questo. È unione, è la soddisfazione di
aver fatto divertire e essersi divertiti perché poi il freddo passa, il male ai
piedi lo sopporti, anzi, ci balli pure sopra perché quel male non lo vuoi
proprio sentire. È quella sensazione di stanchezza infinita ma che ti rende
dannatamente felice. È quell’emozione di
sentire tutti insieme cantare “fora febraro che marso xè qua”! E se sei un
recoarese ti viene semplicemente il pel d’oca dall’emozione. Perché la Chiamata
di marzo è una cosa troppo importante, la Chiamata di marzo è storia di gente
di montagna” (Morgana Faccio, recoarese).