PASSAGGIO A NORD – Bostel di Rotzo, dove la storia torna a vivere
Passo dopo passo, quante persone nel corso della storia hanno camminato, viaggiato e combattuto tra le montagne vicentine. Di alcune rimane traccia nella lingua, di altre nella terra. Ampio, soleggiato e ventoso pianoro, il Bostel di Rotzo ci riporta indietro nella storia alla scoperta di coloro che per primi si insediarono in modo stanziale nell’Altopiano dei Sette Comuni. Affacciato sullo sbocco in pianura di due importanti vie di comunicazione con l’area alpina, la Val d’Astico e la Val d’Assa, questo antico villaggio risale alla seconda Età del Ferro. Il sito del Bostel è ormai da tempo diventato un archeopercorso: accanto agli scavi archeologici dell’Università di Padova, possiamo trovare una ricostruzione archeosperimentale, a grandezza naturale, di una delle abitazioni rinvenute durante le ricerche. Nel 2012, a circa 600 metri dal villaggio, è nato anche il Museo Archeologico Sette Comuni: il punto di partenza ideale per cominciare un’escursione nella storia e fare un passo indietro di 2300 anni. Ne parliamo con l’archeologo Riccardo Mantoan, uno dei soci della cooperativa Nea Archeologia che dal 2017 gestisce il museo e il sito archeologico del Bostel.
Che cos’è il villaggio del
Bostel?
«Dal
punto di vista storico e archeologico è un villaggio della seconda Età del
Ferro, risalente all’epoca tra il V e il I secolo a.C. Questo villaggio era
abitato dai Reti, una popolazione che si espandeva anche nell’area trentina e
alpina, fino a raggiungere una parte di Svizzera, Austria e bassa Baviera. Il
Bostel sorgeva in una zona di confine con i Veneti che, negli stessi anni,
abitavano in pianura e possiamo quindi trovarvi una commistione di due culture
diverse. Il villaggio viene distrutto da un incendio e per circa 1000-1200 anni
sembra che sull’Altopiano non arrivi più nessuno fino a che, intorno all’anno
1000, i Cimbri iniziano a ripopolare questo territorio. Da allora passano molti
secoli, finché nel 1781 l’abate Agostino Dal Pozzo, importante storico nativo
di Rotzo, fa la scoperta del villaggio del Bostel».
Come si pensa vivessero le
comunità di quest’epoca?
«Per quanto siamo riusciti a ricostruire, possiamo dire che il Bostel doveva
essere un villaggio abbastanza importante. Togliamoci dalla testa che fossero
dei barbari che non si lavavano e che vivevano nelle grotte: erano invece una
comunità abbastanza ricca. Sebbene il villaggio sia stato depredato nel corso
di tanti secoli, nelle descrizioni della scoperta che ci fa il Dal Pozzo
ritroviamo moltissimi oggetti di valore: monili, perline, oggetti in ferro e in
bronzo e così via. Le signore che vivevano nella parte centrale del villaggio,
quella più a nord dove c’erano le case più ricche, erano sicuramente personaggi
di alto rango. Basti pensare che in una delle casette che abbiamo scavato con
l’Università di Padova, abbiamo scoperto una grande opera di tesorizzazione: un
vaso che all’interno aveva 130 laminette di bronzo. Questa casa era il laboratorio
del vasaio che con il prossimo progetto andremo a ricostruire. Dal Pozzo ci
dice di aver trovato anche la cucina del metallurgo, era pertanto sicuramente un
villaggio autonomo dal punto di vista dell’artigianato. Allo stesso tempo,
molto probabilmente non erano estranei al brigantaggio e alla riscossione di
dazi. Tutti i villaggi che conosciamo dell’area retica sono posizionati
tendenzialmente a controllo delle vallate: il Bostel probabilmente comandava
una serie di altri villaggi a controllo della Valle dell’Astico che era un
accesso privilegiato alla zona trentina. Da lì poi, attraverso la Valle dell’Adige,
si poteva arrivare fino al centro e nord Europa».
Come mai il villaggio venne
distrutto da un incendio?
«L’incendio del villaggio si pensa sia stato causato dai Romani che avevano un’unione
pacifica con i Veneti, ma non con i Reti che al tempo, come si è detto, controllavano
economicamente il tessuto viario di queste grandi autostrade, ovvero i fiumi e
i torrenti, verso il centro e il nord Europa. Queste popolazioni vanno quindi in
guerra e piano piano i Romani spazzano via i Reti. Possiamo vedere incendi di
questo tipo in quasi tutti i villaggi dell’epoca nell’area trentina. Sappiamo
infatti, grazie alle testimonianze degli storiografi romani, che ci sono state
proprio le guerre retiche».
Quando è possibile visitare il
Bostel?
«Per conoscere e comprendere la storia di questo luogo, è importante che le
persone visitino sia il museo archeologico che l’area archeologica, dove si
trovano gli scavi, la casetta archeosperimentale, e un’aula didattica che è
diventata anche un punto di ristoro e ristorazione. Dal 6 giugno all’8
settembre saremo sempre aperti nel weekend e sarà possibile partecipare alla
visita guidata su prenotazione. Le visite guidate si svolgono al mattino, dalle
10.00 alle 12.00, e nel pomeriggio, dalle 14.30 alle 16.00. Poi, nei mesi di
aprile, maggio, settembre e ottobre accogliamo, anche durante la settimana, le
scolaresche e facciamo laboratori per bambini e ragazzi. In questo particolare momento storico, chiaramente
all’interno del museo abbiamo poi adottato tutte le dovute precauzioni per
tutelare la salute di tutti i nostri visitatori e abbiamo scelto di non
ospitare gruppi di più di dieci persone. Siamo fiduciosi e abbiamo già fissato
le date per il Festival dell’archeologia: sabato 8 e domenica 9 agosto. Per
l’occasione, come ogni anno, sarà possibile partecipare a laboratori, provare
la realtà virtuale e assistere a ricostruzioni storiche dei mestieri di un
tempo».
In che modo vengono utilizzate
realtà aumentata e virtuale nelle visite?
«All’interno
del museo, una sala è diventata un cinema immersivo: i visitatori possono
assistere ad una proiezione di cinque minuti su tre pareti dove viene
raccontata la storia della scoperta del Bostel. Poi abbiamo la realtà virtuale:
grazie a due zainetti con visore, i visitatori, specie durante eventi e
manifestazioni particolari, possono vedere il villaggio animato con le persone
che camminano e lavorano. Un’altra è un’esperienza più diretta: grazie all’utilizzo
di due joystick le persone possono entrare e muoversi all’interno della capanna
virtuale, utilizzando degli oggetti che si trovano sulla tavola. Non manca poi
la realtà aumentata: sul pianoro del Bostel abbiamo una serie di totem con dei
marker che sono delle specie di QR Code. Diamo ai visitatori un tablet di modo
che possano inquadrare con la nostra applicazione questi marker e vedere sullo
schermo porzioni del villaggio ricostruite, persone che si parlano tra loro, e
così via. In questo modo offriamo uno spaccato della vita al villaggio durante
quegli anni».
Quali sono i vostri progetti per
il futuro?
«Vorremmo
arrivare a dimostrare che un bene culturale, come il Bostel, può creare
economia non solo per chi lo gestisce ma anche per il territorio. L’Altopiano è
un territorio fantastico da questo punto di vista, avrebbe moltissimi spunti. Questa
estate cominceremo al Bostel la ricostruzione di un’altra casetta. Con il
tempo, puntiamo a rendere questo luogo un open air museum: vogliamo fare immergere
i visitatori nel passato e fare provare loro l’esperienza della vita nel
villaggio. In futuro ci piacerebbe potere offrire un pacchetto di servizi che
spingano il visitatore a rimanere tutta la giornata al Bostel, arrivando magari
ad offrire un’esperienza dell’Età del Ferro con la possibilità di rimanere anche
a dormire proprio nelle casette ricostruite. Questo luogo ha già tutte le
potenzialità, ma servono finanziamenti per strutture di sicurezza, accessi e
facilitazioni per i diversamente abili, nuovi giochi a tema per ragazzi, aree
picnic e barbecue, l’allestimento di una nuova area museale e di nuovi
laboratori per attività didattiche esperienziali reali e virtuali. Per questo è
stata avviata una campagna di crowdfunding nell’ambito del progetto “Living
Early History” e continueremo a scrivere altri progetti per raccogliere i
finanziamenti necessari a realizzare i nostri obiettivi nel tempo».
In cosa consiste invece il
progetto Re-Living?
«Si
tratta di un progetto finanziato parzialmente dalla Regione Veneto che prevede
la ricostruzione di un altro edificio e l’implementazione delle esperienze con
le extended realities. Dalla prossima stagione dovremmo essere in grado di
offrire,attraverso tutta una serie di nuove tecnologie appunto, una
visita guidata all’insegna dell’imparare giocando o giocare imparando. Creeremo
una specie di escaping museum al museo archeologico, dove le persone avranno
una serie di prove da affrontare per arrivare a conoscere tutte le vicende
dell’archeologia dell’Altopiano. Verranno poi portate all’area archeologica del
Bostel e anche là avranno una serie di altre situazioni per creare la propria visita
guidata. Saranno molto probabilmente dei personaggi, ogni personaggio avrà un
ruolo e ci saranno delle ricompense alla fine. Sulla base del punteggio
conquistato, si otterranno dei premi».