PASSAGGIO A NORD – Loris Giuriatti, il vero angelo del Grappa
Autopubblicato nel 2013 e
subito diventato un caso editoriale locale: “L’Angelo del Grappa” di Loris
Giuriatti torna in libreria con una nuova edizione arricchita. Dalla penna di
un professore amante della montagna, nasce un libro che insegna ai ragazzi a
guardare la storia più da vicino. Protagonista del romanzo è Angelo, un
adolescente come tanti che ama la musica e i videogame, ha una passione per la
street art e, soprattutto, detesta la scuola. L’estate vorrebbe trascorrerla in
città, con gli amici, ma i suoi genitori hanno altri piani: una vacanza sul
monte Grappa, in una baita sperduta senza connessione Internet. Lassù il tempo
scorre con placida lentezza e incontrare un coetaneo è quasi impossibile; tra
le cime sono rimasti solo i caprioli e i vecchi malgari che collezionano cimeli
della Prima guerra mondiale. Angelo si annoia, sbuffa, protesta. Ancora non sa
che la montagna segue vie misteriose, e ha scelto proprio lui come custode dei
suoi segreti. Così, durante una passeggiata, si imbatte in un diario
appartenuto a un soldato nel 1918: si chiamava Antonio, aveva diciannove anni,
l’avevano spedito sul Grappa dalla Sardegna profonda. Anche lui era un ragazzo,
ma aveva un fucile in spalla e tanta paura nel cuore. Angelo comincia a leggere
e sente che una parte di quelle pagine è nascosta lì fuori, tra le trincee, le
rocce e il fitto dei boschi. Vuole mettersi sulle tracce di Antonio, ricomporre
i tasselli della sua vita…Ma da dove cominciare? Grazie alla guida di un
giovane ricercatore, imparerà ad ascoltare la voce della montagna e scoprirà
che la Storia, lontano dai banchi e dalle interrogazioni, può trasformarsi
nella più straordinaria delle avventure.
Forse non è un caso che il primo romanzo dell’autore, bassanese d’adozione, si
chiami in questo modo: un angelo che protegge e promuove il suo amato Grappa
affinché non venga dimenticato, così opera Loris Giuriatti. Andiamo a conoscere
meglio il vero angelo del Grappa.
Ciao Loris, raccontaci un po’
di te!
«Di
lavoro non faccio lo scrittore, ma sono un dirigente scolastico. “L’Angelo del
Grappa” in realtà è nato proprio come idea per riuscire a far studiare la
storia ai ragazzi, dato che è una delle materie che amano di meno. Per riuscire
a invogliarli a studiare ho pensato di provare a raccontare loro una storia, facendo
leva sulla curiosità, qualità che i ragazzi hanno da vendere. In questo modo è
nato il primo Angelo del Grappa nel 2012».
Un libro che fa parte di un
progetto più grande: “Che storia!”. Di cosa si tratta?
«Ho
notato che c’era poco interesse per un territorio che in realtà è ricchissimo
di storia e natura, così ho cominciato ad approfondire l’argomento. Per farlo mi
sono rimesso a studiare: sono diventato una guida ambientale escursionistica per
potere approfondire anche tutta la parte naturalistica legata alla botanica,
alla geologia, allo studio del territorio. Ho dato quindi vita al progetto “Che
storia!” con l’intento di rilanciare questo territorio dalle numerose
potenzialità. Ho fatto poi un lavoro con la Regione del Veneto per il
centenario della Grande guerra nel 2016 e sono riuscito ad andare a parlare di
storia e di Grappa a cinquanta scuole in Veneto, con una media di un centinaio
di ragazzi per scuola. Tantissimi li ho portati in cima al Grappa e tanti sto
continuando a portarli. A partire da queste premesse, “L’Angelo del Grappa”
dovrebbe essere un trampolino di lancio per il territorio: la speranza è di avere
la possibilità di portare su sempre più persone, che magari lo hanno letto e sono
curiose di sapere se la storia è vera o no».
In questo modo hai unito la
passione per la storia a quella per l’ambiente?
«Sì,
tra l’altro ho riscoperto un mondo che conoscevo in parte ma che non avevo mai
approfondito nel dettaglio e mi sono chiesto perché queste cose non le fanno
tutti. Ad esempio, a scuola stiamo portando avanti un progetto per fare capire
che cos’è l’educazione ambientale ai ragazzi. Nel concreto, andiamo a
recuperare i prodotti di scarto di una fattoria didattica che dà lavoro a ragazzi
in difficoltà e con disabilità, la Conca d’Oro. Purtroppo alcuni dei prodotti
biologici della fattoria, anche se sono buonissimi, non possono essere immessi
sul mercato perché sono brutti. Come scuola andiamo quindi non solo a
recuperare quei prodotti che andrebbero scartati, ma li ritrasformiamo facendo
da mangiare: con gli scarti riusciamo quindi a mandare avanti un’attività
didattica. Per portare a zero lo spreco con gli scarti degli scarti, che non
sono utilizzabili in cucina, do da mangiare a dei porcellini d’India. In questo
modo attuiamo il processo inverso: non rimproveriamo i ragazzi perché magari
trattano male la natura, ma li portiamo a fare esperienza diretta sul campo e
sono loro i primi ad interrogarsi e a trovare la soluzione al problema. Quando
hanno visto che molte zucche andavano buttate via, si sono chiesti: “Perché
buttano via questi prodotti? Perché i negozi non li vogliono? Perché non li
portiamo a scuola noi?”. Lavoro molto
sulle emozioni, anche quando porto le persone sul Grappa. In galleria faccio
sentire loro il rumore delle picconate e del cannone, il generale che dà gli
ordini. A volte basta dire poche parole, quando inneschi le emozioni hai già fatto
un tipo di memoria».
Un nuovo successo proprio
all’inizio di questo 2020: la nota casa editrice Rizzoli pubblica “L’Angelo del
Grappa”, il tuo primo romanzo. Come ti senti?
«Emozionatissimo.
Rizzoli crede davvero molto al progetto, pensa che sono stati loro a cercarmi e
non ho mai mandato il manoscritto del romanzo. Dopo averlo acquistato e letto,
mi hanno chiamato e mi hanno comunicato il loro interesse. Alla prima
telefonata pensavo ad uno scherzo telefonico. E invece no, mi hanno detto che
avevano visto che era da un po’ che il libro rimaneva in testa alle classifiche
e così abbiamo parlato del progetto del Grappa nella sua interezza. A Rizzoli è
piaciuto molto quindi, dopo l’Angelo, sarà pubblicato anche un altro libro che
parla di montagne e di Grappa».
A chi consiglieresti di leggere
“L’Angelo del Grappa”?
«È
un libro che ha una storia un po’ particolare: l’idea del target a cui avevo
pensato era quello dei ragazzi di terza media e del biennio delle superiori,
che sono gli studenti con cui sono abituato a lavorare. Ovviamente è
consigliatissimo soprattutto nelle scuole. Poi ho scoperto, con mia grande
meraviglia, che è un libro che piace anche ai ragazzini delle elementari e che
riescono a leggerlo. Non solo, anche tra gli adulti ha avuto un bel successo».
Quanto c’è di reale e quanto
c’è di inventato in questo libro?
«Per
quanto riguarda la parte storica è corretta: ho fatto un bel lavoro di ricerca,
studiando la diaristica esistente, i libri di testo e documentazioni anche
importanti. La parte del protagonista storico invece non è realistica: nella
versione Rizzoli alla fine ci sono due pagine che raccontano la vera storia del
soldato Zicchi, ovvero chi era veramente Antonio Zicchi. Poi, durante la
lettura, ci sono degli episodi che portano il lettore a domandarsi: “Ma è vero
o non è vero?”. La confusione è voluta e questa è un po’ la chiave di forza di
questo libro: l’invito è quello di salire in montagna per andare a verificare se
queste cose ci sono veramente o non ci sono. La tomba del soldato Zicchi, per
esempio, c’è, solo che è messa nel posto sbagliato».
Perché ritieni sia così
importante andare a conoscere il Grappa?
«Sembrerà banale la risposta, però in realtà credo sia importante andare a
conoscere il Grappa per via della ciclicità della storia. L’importanza di
conoscere quello che c’è stato, dovrebbe evitarci di andare a fare sempre le
stesse cose, nel bene e nel male. Bisogna avere un’idea di quello è stato
affinché non si ripeta. Mi piange il cuore quando senti che c’è disinteresse da
parte degli adulti, ancor più che dei ragazzi, su quella che è la nostra
storia. L’idea pertanto è quella di aiutare le persone a capire cos’è successo,
perché è successo e quali sono state le conseguenze di ciò che è accaduto,
portandole a ragionare su quel periodo storico. È facile dire: “Son tutti
cattivi o son tutti buoni”. Bisogna invece calarsi nel contesto e mettersi nei
panni di chi c’era».
Quali altri romanzi hai
pubblicato?
«“Lassù è casa mia” è il secondo libro che ho pubblicato. Si tratta di un libro
metafora legato ad un fatto accaduto realmente: il furto di una medaglia d’oro
dal museo dell’Altare della Patria di Roma. La medaglia rubata è quella di Ettore
Viola, un grande combattente del Grappa. Quando è successo la moglie, Palma, mi
ha chiamato chiedendomi di aiutarla in qualche modo. Non tanto per rimettere al
suo posto la medaglia vera, ma per andare almeno a sostituirla con una copia. Dopo
non poche difficoltà, siamo riusciti nell’impresa. “La perla del Brenta”
racconta invece di Sofia, una bimba che muore a causa della Prima guerra
mondiale mentre è in esilio. La sua storia viene associata a quella di un campione
del ciclismo come Alfredo Vinale, atleta di Marostica arrivato a vincere la
medaglia d’oro olimpica nel 1924 a Parigi. Con “L’urlo del male” andiamo in un
periodo storico diverso: siamo alla fine della Seconda guerra mondiale. È un
libro che vorrebbe aiutare i docenti a spiegare la Guerra fredda, argomento che
si fa di solito in maniera superficiale per questioni di tempo. Narra l’avventura
di una squadra speciale che si mette a inseguire in giro per l’Europa i
fuggiaschi di Norimberga, ovvero tutti quei nazisti che sono riusciti a
sfuggire. L’inseguimento è molto lungo, si svolge dal 1946 fino al 1989. Questo
libro è molto grosso ed ha una trama più complessa, per questo è rivolto ai
ragazzi più grandi».