PASSAGGIO A NORD – Per non dimenticare: visita ai luoghi della memoria sul Monte Ortigara
di Anna Roscini
Se le montagne potessero parlare, chissà quante storie avrebbero da raccontare. Passi, suoni, visi e, talvolta, anche tanta sofferenza. Ci troviamo a 2105 metri di altitudine, sul Monte Ortigara nell’Altopiano dei Sette Comuni, teatro di crudeli e sanguinose battaglie durante la Prima guerra mondiale. Proprio su questa cima, nel giugno del 1917, persero la vita oltre 12.000 soldati mandati sul fronte a combattere in nome della patria; proprio qui i migliori battaglioni alpini furono sconfitti dagli austroungarici. Una montagna dunque divenuta sacra, testimone di ciò che è stato e che non deve più accadere. Proprio in ricordo di questo luogo, gli astronomi Ulisse Munari e Maura Tombelli, dell’Osservatorio astrofisico di Asiago, scelsero di chiamare “Monte Ortigara” l’asteroide 8944, così da tenere sempre viva la memoria di una delle più tragiche battaglie della Grande guerra e di tutti coloro che qui si sacrificarono.
La
battaglia del Monte Ortigara, il calvario degli Alpini
Sono
appena passate le cinque del mattino del 10 giugno quando i comandi
italiani danno inizio alle operazioni belliche contro le linee
austroungariche. Le divisioni partono verso le pareti scoscese della
montagna, mentre 430 cannoni e 220 lanciabombe iniziano a colpire le
trincee asburgiche. Su tutto l’Altopiano si alza una fitta nebbia:
al momento dell’attacco le fanterie escono dalle trincee sotto la
pioggia. Sono in parte favorite dalla nebbia che, in alcune zone, le
nasconde agli occhi del nemico. All’estremità nord del fronte,
l’attacco viene sferrato attraverso tre varchi: sulla sinistra
nella Valle dell’Agnella, centralmente dai battaglioni Sette Comuni
e Verona e, infine, sull’estrema destra dai battaglioni Bassano e
Monte Baldo. Passano otto giorni e inizia il bombardamento: le
fanterie italiane escono dalle trincee per ripetere l’attacco. È
il 19 giugno quando Cima Ortigara viene vinta in quarantacinque
minuti, ma gli Alpini sono stanchi e decimati e non hanno le forze di
continuare l’avanzata per riconquistare l’Altopiano e ottenere un
“completo successo tattico”. Alle 2:30 del 25 giugno parte il
contrattacco austroungarico: un forte boato sconvolge la vetta e,
quarantacinque minuti dopo l’inizio della controffensiva, un razzo
segnalatore bianco squarcia il cielo confermando al generale
Goiginger che il monte Ortigara è stato riconquistato. I comandi
italiani, invece di ripiegare, rispondono ordinando un vasto
contrattacco che porta a crescere il numero dei soldati caduti. Il 26
giugno il generale Cadorna ordina finalmente di assumere un
atteggiamento difensivo, ma il Cuneo, costretto a rimanere ad alta
quota, viene condannato. È il 29 giugno quando i resti del
battaglione vengono fatti prigionieri dagli austroungarici e si
conclude la battaglia sul Monte Ortigara. Per comprendere la violenza
del combattimento, basti pensare che in una sola mezza giornata gli
austriaci consumarono 200 tonnellate di munizioni.
Sui
passi della storia: escursione al Monte Ortigara e visita ai luoghi
della memoria
Da
Gallio si seguono le indicazioni per località Campomulo: dopo avere
superato il rifugio Campomuletto la strada diventa sterrata ed è
bene procedere con maggiore cautela. Si prosegue mantenendo la strada
principale per circa 7,5 km fino a raggiungere il bivio che conduce
al Piazzale Lozze (1771 m), dove si lascia l’automobile. Da qui, si
prende il sentiero 840 e si giunge alla Chiesetta del Lozze (1890 m),
ricostruita nell’aprile del 1927; al Sacello, che raccoglie i resti
dei caduti tra le rocce dell’Ortigara, e al monumento dedicato alla
Madonna degli Alpini. La bandiera tricolore dipinta sui sassi nel
sentiero ci indica per tutto il nostro itinerario la direzione da
seguire: procediamo in mezzo a profumati cespugli di pino mugo e
arriviamo al Baito Ortigara. Da qui si può scegliere di salire a
Cima Ortigara sia dal sentiero di sinistra, in 35 minuti, che dal
sentiero di destra, in 45 minuti passando per il Passo dell’Agnella.
Consigliamo di scegliere il primo e di utilizzare il secondo per la
discesa (entrambi numerati 840). Arrivati sulla sommità, a quota
2105 m, troviamo ad attenderci la colonna mozza eretta nel 1920
dall’Associazione Nazionale Alpini per non dimenticare. Lasciato il
cippo italiano, si prosegue verso il cippo austriaco (2086 m). Si
comincia dunque la discesa per il sentiero che passa per il Passo
dell’Agnella: il primo tratto su roccia si rivela il più insidioso
e sono presenti, nei tratti più difficoltosi, delle corde fisse per
facilitare la discesa. Circa a metà del percorso si entra
all’interno di una stretta galleria. Si prosegue per il Vallone
dell’Agnellizza con l’affascinante Cima Caldiera che si erge
sulla sinistra. Una volta arrivati al Baito Ortigara, si riprende il
sentiero per la Chiesetta del Lozze e poi si continua in discesa fino
al punto di partenza.