3 Gennaio 2025 - 10.00

Patenti a rischio? Arriva il vino senza alcol..!

Martedì scorso sul sito del Ministero delle Infrastrutture e  dei Trasporti è apparsa questa comunicazione: “31 dicembre 2024. Il nuovo Codice della strada  non modifica i limiti di alcol consentiti, ma introduce misure più rigide contro l’uso improprio del cellulare e il consumo di droghe alla guida.  Tuttavia una campagna mediatica distorta sembra  ignorare l’impatto degli smartphone  sugli incidenti dando  spazio a polemiche immotivate come quella sul calo delle ordinazioni di risotto allo champagne, riportata persino da importanti quotidiani. Questa disinformazione rischia di confondere i cittadini e penalizzare settori cruciali come l’enogastronomia. Per questo, il Mit sta valutando azioni legali per procurato allarme”.

(https://www.mit.gov.it/comunicazione/news/codice-della-strada-nessuna-modifica-dei-limiti-consentiti-per-lalcol).

Mi ha un po’ stupito il tono, a mio avviso inusuale, di questa precisazione ministeriale, ma sicuramente non saranno sfuggiti anche a voi gli sfottò, le vignette irriverenti, gli allarmi, i video,  le geremiadi di ristoratori e baristi, ampiamente presenti in Rete in questi giorni a proposito dei controlli sul tasso alcolemico, per cui debbo presumere che in quest’epoca in cui la politica è attentissima agli umori dei cittadini, queste proteste, più o meno larvate, possano creare qualche nervosismo al Ministero.

Hai voglia a precisare che non è cambiato nulla, se il cittadino ha una percezione nettamente diversa.

Sul tema dell’assunzione di molti farmaci vi ho già intrattenuto (https://www.tviweb.it/stai-prendendo-un-antistaminico-per-unallergia-patente-a-rischio/), e spero che prima o poi arriverà una normativa chiarificatrice.

Ma su una cosa concordo con il Ministero: quella che si stiano enfatizzando le modifiche al Codice concentrandosi sull’assunzione di alcolici,  cioè trascurando quello che a mio avviso rappresenta l’intervento più giusto per la sicurezza stradale, la repressione dell’uso degli smartphone mentre si guida.

Ma tornando agli alcolici, ed al vino in particolare, credo che il Ministro Salvini non dovrebbe stupirsi più di tanto per le proteste di cittadini, osti e ristoratori, perché, inutile negarlo, il vino non è mai stato esclusivamente una delle variabili del computo calorico quotidiano, così come non è mai stato semplicemente una merce; il vino, il “nettare di Bacco”, ha sempre rappresentato parte integrante della nostra millenaria cultura e identità italica.

“L’aqua smarsìse i pali”, recita un adagio veneto, con il chiaro intento di evidenziare che questo non succede con il vino.

Eppure proprio il 23 dicembre scorso il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha firmato  il decreto, ora in fase di registrazione,  che disciplina le disposizioni sulla produzione di vino dealcolato, o parzialmente dealcolato, nel nostro Paese (a parte che mi suona meglio “dealcolizzato” come descritto nella Direttiva Europea 2021/2017 che regola la materia. 

Vino dealcolato?  

Alle orecchie di chi ama il vino deve suonare come una bestemmia!

Ed al riguardo io, da astemio, posso testimoniare non solo le difficoltà che ho avuto fino a qualche anno fa a trovare in bar e ristoranti la “birra analcolica” (ora fortunatamente superate), ma soprattutto le facce schifate degli altri avventori che alla mia richiesta mi guardavano come fossi una “bestia schifosa”.

Non è stata una strada agevole neanche quella che ha portato al decreto Lollobrigida.

Pensate che, fino a poco tempo fa, una bevanda con un tenore alcolico inferiore agli 8,5 gradi non poteva neppure essere chiamata “vino”. 

Adesso il tabù è stato superato, e già da oggi tutti quelli che finora lo evitavano quali astemi, sportivi, donne incinte, conducenti di mezzi pubblici o piloti di aereo, aderenti a confessioni religiose che vietano l’alcol (si pensi ai musulmani) potranno brindare con calici di vino dealcolato, a basso o zero contenuto alcolico.

Il mondo agricolo, dopo lunghe perplessità e anche contrarietà, ha finito per dare il via libera, anche perché i produttori si sono accorti che il settore dei vini “low e no-alcol” è in rapida crescita, con le vendite estere che rappresentano una importante fetta del mercato (pensate che fino a ieri i vignaiuoli italici dovevano portare il vino all’estero per dealcolarlo, e poi reimportarlo per imbottigliarlo ed esportarlo!).

Adesso la nuova normativa permetterà anche all’Italia di recuperare il terreno perduto rispetto a Paesi come Spagna, Francia e Germania, che già permettono da tempo di togliere l’alcol dai vini, rispondendo alla crescita della domanda, soprattutto dei Paesi scandinavi.

D’altro canto auto escludersi per questioni “emozionali e storiche” da un mercato in rapida espansione, soprattutto fra i giovani, sarebbe stato un classico esempio di “Tafazzismo”.

A questo punto credo che molti di voi si stiano chiedendo: ma cos’è questo vino dealcolizzato?  Come si produce? Che sapore ha?

Beh innanzi tutto bisogna chiarire che il punto di partenza, la materia prima, è sempre un vino “reale”, il cui tenore alcolico viene abbassato fino ad essere inferiore allo 0,5% fondamentalmente con due tecniche.

Anche a tale riguardo va specificato che non si tratta di processi “chimici”, bensì di tecniche meccaniche, che sono sostanzialmente due: la distillazione sotto vuoto ed il filtraggio.

Distillare un vino significa, fondamentalmente, far evaporare l’alcol che contiene,sfruttando il calore. Si prende insomma la bevanda arrivata relativamente vicino alla sua forma finale, dopo aver già subito la fermentazione, e viene tenuta ad una certa temperatura, non eccessivamente elevata, per un lasso preciso di tempo.

Il filtraggio del vino avviene invece attraverso una membrana finissima, a pressioni molto elevate, in grado di lasciar passare esclusivamente molecole di acqua e alcolQuesto passaggio viene ripetuto diverse volte fino a eliminare una elevata percentuale di alcol.

Questi i due processi a grandi linee; se siete appassionati e volete approfondire, in rete potete togliervi tutte le curiosità.

Si arriva quindi inevitabilmente alla domanda: è buono?

Avrete già capito che non sono certo la persona più adatta ad esprimere un giudizio al riguardo, perché a me del vino non piace neppure l’odore, e quindi non l’ho mai bevuto.

Per analogia non bevevo neppure la birra; ma devo dire che da qualche anno mi sono avvicinato a quella no-alcol, e la consumo saltuariamente.  

Di conseguenza, per quanto riguarda il vino non posso che fare riferimento a giudizi espressi da esperti su giornali e media.

Vi consiglio di fare così anche voi, e non stupitevi se troverete stroncature epocali, e anche giudizi tutto sommato positivi.

L’idea che mi sono fatto, dopo aver scorso una marea di valutazioni,  paludate o meno, è che la qualità del vino analcolico sia migliorata nel tempo, nel senso che i produttori hanno imparato, e sono sempre più attenti, a non privare il prodotto finale delle sostanze aromatiche e dei profumi del vino tradizionale.

Detto questo, sono assolutamente convinto che un vino con meno dello 0,5% di alcol non avrà mai lo stesso sapore di quello “vero”, senza per questo diventare un semplice “succo d’uva”, che è tutto un altro prodotto.

Immagino che il vino analcolico possa avere il sapore di un prodotto più dolce, magari leggermente annacquato, e con qualche caratteristica sensoriale (struttura, densità, odori e aromi) in meno rispetto all’originale. 

Ma d’altro canto ragazzi, non si può certo avere la “botte piena e la moglie ubriaca” (e qui il proverbio ci azzecca proprio!).

In definitiva il vino dealcolato a mio avviso non dovrà mai essere considerato come un sostituto del vino “normale“, ma piuttosto come un prodotto a sé stante, con un suo preciso mercato di riferimento. 

Come sempre saranno i consumatori ad imporre le regole; e se sempre più importanti produttori  stanno investendo nel vino dealcolato, state tranquilli che hanno fatto bene i loro conti, perché il relativo consumo è in crescita esponenziale.

In fondo per loro il vero profumo è quello dei soldi, non quello del nettare di Bacco.

Umberto Baldo

PS: A proposito: se qualcuno di voi avesse già bevuto il vino no-alcol mi farebbe piacere conoscere la sua valutazione.  Lo so che in Veneto questa potrebbe sembrare quasi una bestemmia, ma con il nuovo Codice della strada, “la patente val bene un vino senza alcol”?

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