Per quanto ancora potrà andare avanti il bluff italiano sul Mes?
Francamente non mi aspettavo di dover ritornare a fine 2023 sul tema “Mes”.
Ho avuto modo di parlarne più volte su Tviweb, e ve le richiamo non per un insano narcisismo, ma per segnalarvi che si tratta di una questione che si trascina ormai oltre i limiti della logica e del buon senso: a cominciare dal 12.10.2022 con “Giorgia Meloni – Mes o non Mes?”, per continuare il 16.1.2023 con “La Logica del nemico: Mes e Direttiva sugli immobili”, l’ 11.3.2023 con “MES: ci stiamo facendo ridere dietro dall’Europa”, e infine il 2.5.2023 “La Meloni nella morsa; fra Patto di stabilità e Mes”.
Non sentite anche voi un certo odore sgradevole?
Tranquilli, è solo l’effetto conseguente al deterioramento di una bozza di Trattato che, anche se nessuna Cancelleria ha il coraggio di dirlo apertamente, mostra di che pasta è fatta la “diplomazia dei nostri patrioti”.
Non ripeto quello che ho già trattato ampiamente nei pezzi sopra citati, ai quali vi rimando se volete riprendere il filo; mi limito a dire che la “logica a pacchetto”, secondo cui la ratifica del Mes per il nostro Governo deve essere indissolubilmente collegata ad altre partite europee, in primis il Patto di Stabilità (ma anche Unione bancaria e Armonizzazione fiscale), oltre che irritare gli altri partner, che il Mes lo hanno ratificato tutti, Orbàn compreso, ho qualche dubbio che alla fine paghi.
Oltre a tutto si tratta di una furbata da “magliari”, perché lo sanno tutti che si tratta di un bluff; lo sa Christine Lagarde, e lo sa anche il cancelliere Olaf Scholz, solo per citarne un paio di persone interessate alla questione.
Ma cosa volete, quando si è arrivati a conquistare Palazzo Chigi avendo cavalcato per anni la tigre del “Mai il Mes”, ed in questo la Lega di Salvini è sempre stata ancora più intransigente di Fratelli d’Italia, è difficile spiegare ai propri elettori che quando si sta al Governo le prospettive cambiano, che la realtà costringe a più miti consigli, e di conseguenza a fare qualche dietro front.
Fra l’altro non sarebbe il primo, visto che la Meloni, tanto per fare un solo esempio ma illuminante, solo un anno fa seduta in macchina in un distributore di benzina prometteva la cancellazione delle accise sui carburanti (sic!).
E così in questo nostro “Bel paese là dove il sì suona” la “ragazza della Garbatella” e il “Capitano” giocano a poker con due regolamenti, il patto di Stabilità ed il Mes, che forse al cittadino comune sembrano cose lontane, ma che invece lo interessano molto più da vicino di quel che può apparire.
E tutto questo senza tenere in alcun conto che la non-ratifica da parte dell’Italia blocca la funzionalità del Fondo per tutti gli altri Paesi che hanno firmato il Trattato.
Parlando della designazione di Nadia Calviño alla Presidenza della Bei, ieri vi ho accennato che in questo tipo di nomine i curricula dei candidati sono quasi un accessorio, in quanto queste trattative sono squisitamente politiche, ed è logico che anche l’approccio europeista abbia il suo peso.
Pensate che Francia e Germania quando hanno deciso di privilegiare l’iberica Calviño, scartando Daniele Franco, non abbiano valutato che tutti i Partiti politici della Spagna (a parte gli amichetti della Meloni, i neo franchisti di Vox) sono fra i più affidabili sostenitori della Ue, mentre solo una settimana fa Salvini ha convocato a Firenze il peggio delle destre europee, attaccando l’Europa a muso duro?
E pensate che non abbia alcun peso a Bruxelles e dintorni la scelta della Meloni di portare sul palco di Atreju (la tradizionale festa di FdI) il capo di Vox Santiago Abascal, che solo qualche giorno fa si è pubblicamente augurato di vedere il premier Sanchez appeso a testa in giù?
Tutto questo sono certo non sfugga alla nostra premier, che però sembra prigioniera di vecchi schemi di alleanze interne ed esterne, che le rendono difficile qualsiasi manovra alternativa.
Lo sa bene Giancarlo Giorgetti che da mesi e mesi annaspa quando i suoi colleghi all’estero gli chiedono conto, ad ogni incontro, delle intenzioni del suo governo sul Mes.
Le divisioni nella maggioranza sono evidenti, e l’unico modo per tergiversare è mettere i vari dossier in un unico calderone, e fare melina.
E fare melina, o “ammuina” come dicono a Napoli, in questo caso vuol dire spostare ulteriormente in avanti, ormai all’anno prossimo, la ratifica del Trattato.
Questa politica del ricatto, perché di questo si tratta, starebbe in piedi se l’Italia fosse un Paese con i bilanci a posto e con poco debito pubblico, e non invece un Paese che ha maledettamente bisogno di risorse europee, a partire dai soldi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, senza i quali non sapremo come rendere moderne le infrastrutture italiane (ammesso che la politica e la Pubblica Amministrazione italiche quei soldi riescano a spenderli).
Come sostengo da tempo, Giorgia Meloni sa bene che prima o poi sotto le “forche caudine” del Mes dovrà passare, ma non essendo sicura che la Lega voterebbe a favore della sua ratifica in Parlamento, è costretta a fare degli “slalom” verbali più adatti ad una gara di coppa del mondo di sci.
Tanto per fare un esempio, dopo un attacco della Schlein su questo tema, l’11 dicembre le Agenzie di stampa riportavano queste sue parole: “Certe dichiarazioni fanno abbastanza sorridere. Leggevo stamattina Elly Schlein che diceva “non possiamo tenere ferma tutta l’Europa”. Forse la Segretaria del Pd non sa che il Mes è uno strumento che esiste, chi lo vuole attivare lo può tranquillamente attivare. E semmai bisognerebbe interrogarsi sul perché in un momento in cui tutti facciamo i salti mortali per reperire risorse, nessuno vuole attivarlo. Questo sarebbe un dibattito da aprire”.
Suvvia Presidente Meloni non scherziamo!
Posso essere d’accordo con lei che le pressioni della Schlein per la ratifica del Mes sono addirittura ridicole, visto che il Pd ha avuto tutto il tempo per approvarlo il Trattato, quando è stato al Governo negli ultimi anni!
Ma non può però dare l’impressione, dopo un anno di premierato ed una intera vita dedicata alla politica, di non aver ancora capito cosa sia il Mes.
Non può cioé dare l’impressione di credere che il Mes sia una sorta di scrigno, di forziere, a disposizione di qualsiasi Stato lo voglia attivare, perché ha bisogno di qualche soldo in più.
Il Mes, lei mi insegna, è altra cosa. E’ uno strumento di assoluta emergenza, che può essere attivato solo come extrema ratio da un Paese che abbia perso l’accesso ai mercati (cioè qualora nessuno gli compri più i titoli di Stato, o gli faccia prestiti), e quindi rappresenta l’alternativa al fallimento.
In questa fase fortunatamente nessun Stato europeo si trova con l’acqua alla gola, e quindi dovremmo essere ben contenti che nessuno sia costretto a ricorrervi; perché ciò vuol dire semplicemente che non ci sono gravi crisi di liquidità in Europa.
C’è poi da considerare che quello che si chiede all’Italia è semplicemente di approvare un Trattato, il che non implica assolutamente alcun obbligo di attivazione del Mes da parte del nostro Paese. E se proprio si vuole, la via d’uscita sarebbe semplice; prevedere, nella legge di ratifica, una maggioranza parlamentare qualificata (es. 2/3 – 4/5) per l’attivazione del Fondo Salva Stati (Mes). Così nessuna maggioranza potrebbe attivarlo in futuro senza i voti dell’opposizione.
Ma per fare questo occorre superare le pregiudiziali ideologiche!
Per concludere, pur capendo le difficoltà della premier, costretta a navigare come Ulisse fra Scilla e Cariddi, spero che prima o poi (meglio prima!) riesca ad convincere Salvini che continuare a postergare sine die la ratifica del Mes espone l’Italia ad un pericoloso isolamento e ad un’incurabile inaffidabilità.
Umberto Baldo