Perché il prezzo dell’oro continua a salire?
Erasmus
Sapete cos’è una “valuta fiat”?
Si usa questo termine per indicare un mezzo di pagamento artificiale, svincolato dal prezzo di materie prime, ad esempio l’oro e l’argento, che poggia sulla fiducia riposta nel valore che le viene riconosciuto da Governi e Banche centrali e che, quindi, non possiede valore in sé e per sé (è l’opposto della valuta-merce, che ha un valore intrinseco, derivante dal materiale con cui viene creata)
Un esempio di moneta fiat?
Ce l’avete in tasca; l’euro. Così come sono monete fiat il dollaro, la sterlina, e circa altre 180 monete riconosciute sul mercato mondiale.
L’oro, che per secoli è stato utilizzato come materiale per la monetazione (basti ricordare il Fiorino di Firenze o il Ducato veneziano), continuò dal 1944 fino al 1971 ad essere la base del cosiddetto “Gold Exchange Standard”, cioè un sistema basato sui rapporti di cambio fissi tra le valute tutte agganciate al dollaro (a sua volta agganciato all’oro).
In altre parole avere in tasca un dollaro equivaleva a detenere il corrispondente valore in oro, in quanto gli Stati Uniti garantivano la cosiddetta “convertibilità” di quel dollaro in oro (mai verificata in realtà perché nessun Governo andò mai al “vedo”).
Questo sistema finì, come accennato, quando il Presidente Richard Nixon annunciò a sorpresa, la sera del 15 agosto 1971, la fine della convertibilità del dollaro in oro a tasso fisso, dando appunto inizio alla fase delle monete fiat.
Non è mia intenzione tediarvi sull’economia “monetaria”, ma questa premessa mi serviva per introdurre l’argomento di cui voglio parlarvi oggi.
Ciò del fatto che in qualche modo l’oro è tornato nel sistema monetario internazionale.
Forse non ve ne siete accorti, e d’altronde i corsi del metallo giallo non è roba per gente comune come noi, ma il prezzo dell’oro ha raggiunto negli ultimi tempi massimi storici superiori ai 2.400 dollari l’oncia (l’oncia è un’unità di misura del mondo anglo-sassone che equivale a 28,35 grammi (28,3495231 per l’esattezza).
Perché questa improvvisa impennata del prezzo?
Perché c’è chi lo compra a mani basse, ovviamente!
E chi lo compra?
Gran parte dell’aumento della domanda di oro è guidata dalle banche centrali.
La Cina, che nel 2000 aveva riserve auree relativamente contenute, pari a 395 tonnellate, ora ne detiene 2.260 tonnellate.
Credo valga la pena riflettere sul fatto che l’aumento sostanziale delle scorte d’oro da parte di Pechino è avvenuto nel 2009 e nel 2015, che con il senno poi sappiamo essere due anni “spartiacque” per un mondo che stava diventando sempre più scettico nei confronti della globalizzazione.
Ma si tratta di un fenomeno piuttosto generalizzato, e fra gli Stati che stanno accumulando oro ci sono ad esempio anche Russia e Turchia , e la stessa tendenza è evidente più recentemente anche nell’Unione Europea, dove la repubblica Ceca e la Polonia hanno entrambe aumentato le proprie riserve di lingotti.
E che si tratti di scelte legate alla “sfiducia” negli attuali equilibri del mondo, e quindi alla propria sicurezza, lo dimostra proprio l’esempio della Repubblica Ceca, che quando aderì alla NATO nel marzo 1999, vendette immediatamente quasi tutte le sue riserve auree.
Il messaggio allora non avrebbe potuto essere più chiaro: una garanzia di sicurezza “militare” affidabile superava qualsiasi necessità di difesa monetaria.
Eppure, come accennato, nell’ultimo trimestre del 2023, la Banca nazionale ceca ha acquistato 19 tonnellate di oro, e ha inoltre segnalato l’intenzione di portare quella cifra fino a 100 tonnellate.
E’ evidente che adesso il messaggio di Praga è questo: l’adesione alla Nato non ci basta più.
Ma veramente detenere grandi quantitativi d’oro è una garanzia per uno Stato?
In realtà è un errore credere che l’oro sia eccezionalmente stabile.
Al contrario, il suo prezzo misura una curva febbrile di alti e bassi, con picchi che indicano una corsa alla sicurezza in un mondo in cui, a ben vedere, altri sono i valori in pericolo.
Il prezzo ad esempio crollò negli anni ’90, quando la fine della Guerra Fredda aveva diffuso nel mondo una percezione di pace e stabilità.
All’inizio del millennio il valore dell’oro era inferiore a 300 dollari l’oncia, e l’aumento del prezzo, a partire dagli anni ’70, era addirittura inferiore al tasso generale di inflazione.
La prima impennata si è avuta dopo la crisi finanziaria del 2008, e poi dopo lo scoppio della pandemia da Covid.
Anche in questi anni, come accennato, la tendenza è verso un forte e costante aumento.
Inevitabile fare un raffronto con i tempi andati.
Quando il gold standard emerse come base dell’ordine monetario all’inizio degli anni ’70 dell’Ottocento, diede vita ad un nuovo sistema politico internazionale, in cui un paese dopo l’altro – tra cui Stati Uniti, Germania e Italia – volle stabilizzare la propria valuta sulla scia di guerre distruttive.
In contemporanea il precedente standard monetario, basato sull’argento, andò in crisi in seguito alla sconfitta della Francia nella guerra franco-prussiana.
I francesi, che avevano precedentemente gestito un sistema congiunto di oro e argento, furono obbligati a pagare una costosa fattura di riparazione delle spese di guerra in monete d’argento.
Di conseguenza sul mercato si riversò una grande massa di argento, il cui prezzo finì per crollare.
Ho ripescato questo passaggio “ottocentesco” perché potrebbe costituire un “precedente”, nel senso che allora come ora crollò il valore di un bene di riferimento per il sistema economico mondiale, subito sostituito da un altro.
Allora (anni ’70 dell’800) si trattava dell’argento, poi sostituito dall’oro; adesso ad essere al centro del ciclone potrebbe essere il dollaro Usa.
Sono sotto gli occhi di tutti le speculazioni dilaganti, miranti ad una detronizzazione del dollaro quale “valuta di riserva”.
Di suo, dal 2020 il Governo degli Stati Uniti ha accumulato ingenti deficit fiscali, e ora bisogna mettere nel conto il rischio che una nuova amministrazione Trump possa svalutare il dollaro per mettere in difficoltà i concorrenti stranieri, e creare più posti di lavoro per gli americani.
Inoltre, non va trascurato che sempre più Paesi stanno cercando di unirsi al Gruppo BRICS (Brasile, Russia, India, Cina , Sud Africa, oltre a Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti) con l’obiettivo dichiarato della “de-dollarizzazione”, cioè di dare vita ad un nuovo ordine monetario, ovviamente alternativo alla moneta Usa.
Unite a questo quadro le due guerre in Ucraina e a Gaza, e otterrete il mix perfetto, che giustifica gli accaparramenti di quella che John Maynard Keynes ebbe a definire una “barbara reliquia”.
Durerà questa corsa al rialzo del prezzo dell’oro?
Impossibile fare previsioni ma, stando alla storia, se e quando tornerà la stabilità politica, il prezzo dell’oro dovrebbe scendere.
Ma credo sappiate che fare il profeta non porta tanto bene.
Immagino che qualcuno si stia chiedendo: ed io che sono un privato posso comprare oro?
Per conoscere tutte le regole vigenti si fa riferimento alla legge n° 7 del 17 gennaio 2000.
A grandi linee si può dire che un privato può acquistare e detenere liberamente “oro da investimento” …intendendo per tale l’oro in forma di lingotti o placchette di peso accettato dal mercato dell’oro, ma comunque superiore ad 1 grammo, di purezza pari o superiore a 995 millesimi, rappresentato o meno da titoli; nonché le monete d’oro di purezza pari o superiore a 900 millesimi, coniate dopo il 1800, che hanno o hanno avuto corso legale nel Paese di origine, normalmente vendute a un prezzo che non supera dell’80 per cento il valore sul mercato libero dell’oro in esse contenuto, incluse nell’elenco predisposto dalla Commissione delle Comunità europee ed annualmente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee.
Ci sono comunque tutta una serie di norme che in realtà mirano a limitare le transazioni di oro metallico fra privati.
E non pensiate che lo Stato non voglia come al solito la propria parte, visto che il venditore (privato) dovrà calcolare il guadagno ottenuto (plusvalenza) rispetto alla prova di acquisto (fattura) per applicare l’aliquota relativa, che è del 26% come per le transazioni finanziarie.
In linea di massima, a parte l’alea legata alle fluttuazioni del prezzo, considerate anche le problematiche ed i rischi relativi alla custodia fisica, mi sento di dire che, a parte le monete, è meglio lasciare il mercato dell’oro agli operatori professionali.
Erasmus