27 Dicembre 2023 - 8.56

Perché nel Paese delle mafie (l’Italia), non si parla altro che del panettone della Ferragni

Chiara Ferragni fra bufera mediatica e Procure

Umberto Baldo

Francamente pensavo che l’”affaire” Chiara Ferragni, tutto basato su un “inciampo” (chiamiamolo così va!) della nota Influencer su Panettoni e Uova di Pasqua, fosse un argomento in grado di tenere banco su giornali e media solo a Ferragosto, quando la naturale penuria di notizie dovute al periodo costringono direttori e giornalisti a mettere in prima pagina notizie che in tempi normali troverebbero spazio solo in qualche trafiletto nelle pagine interne.

Mi sbagliavo!

Mai avrei immaginato di trovare, dopo giorni e giorni dalla notizia della multa affibbiata dall’Antitrust per pubblicità ingannevole, pagine e pagine di commenti, anche da parte di giornalisti di chiara fama, dedicati a discettare sul significato profondo dei “silenzi” del duo Ferragnez, dopo il pubblico autodafé della ragazza.

E non credo che a stimolare le penne di questi commentatori siano i 30 milioni di follower, perché altri Influencer hanno alle spalle eserciti di “storditi” che seguono pedestremente i loro “consigli per gli acquisti”, bensì il fatto che l’”affaire” Ferragni ha messo a nudo un mondo, fino ad ora guardato con ammirazione dai più, ma che in realtà qualche ombra la nasconde, eccome se la nasconde. 

Pensate che, incredibilmente, anche i giornali stranieri sono andati  a nozze con il caso Ferragnez.   Il tedesco Der Spiegel ne ha ricostruito giorno per giorno la vicenda. Ma ne hanno riferito anche  lo spagnolo El Pais, il brussellese Le Soir, l’Indipendent di Londra, il Telegraaf olandese e Le Figaro a Parigi;  e persino gli americani, Washington Post in testa, parlano della “Fashion influencer italiana multata per un milione di euro”. 

Evidentemente l’interesse verso i miti in difficoltà non ha confini.

Ho già trattato il tema  degli Influencer il 18 dicembre in un pezzo titolato “Da Diavoletta87…. A Chiara Ferragni”, e onestamente pensavo di fermarmi là.

Ma la pubblicistica di questi giorni, l’insistenza con cui i media girano il coltello nella piaga, e la prospettiva che alla fine anche la Magistratura (le Procure di Milano e Cuneo hanno già aperto fascicoli) finirà per dire la sua, mi inducono a ritornare sul caso Ferragnez, che a questo punto oserei dire assume quasi una valenza sociologica. 

Liquiderei subito l’aspetto economico-finanziario della faccenda, che nonostante tutto è quello preponderante, perché credetemi che il problema di Chiara Ferragni non è tanto la fuga di qualche migliaio di follower (come ho già scritto, di “storditi” che non riescono neppure a comprarsi un paio di mutande senza consultare il loro Influencer di riferimento, il mondo è pieno) quanto quello di una fuga degli sponsor, che sono quelli che tirano fuori i “soldi veri”, quelli che le fanno fare bilancio. 

E io sono convinto che, al di là di tante chiacchiere, la vera domanda sia questa: se fossi il Ceo di un’impresa di successo, o il Responsabile Marketing, in questo momento affiderei la sponsorizzazione dei miei prodotti a Chiara Ferragni ed alle sue aziende?

Detta in altre parole, il Ceo di Bmw Italia sceglierebbe ancora di legare il prestigioso marchio dell’auto-motive tedesca all’ italica influencer?

La Safilo una risposta l’ha già data, chiudendo il rapporto con le società della Ferragni; e sono certo che i Responsabili delle altre aziende che hanno in essere contratti di sponsorizzazione se la stanno ponendo, e scommetto che, se le cose andranno ancora avanti per le lunghe, vedremo qualche altra disdetta. 

Non so se mi sbaglio, ma in questi giorni non mi sembra di aver visto sui giornali, nelle televisioni o sui media, prodotti sponsorizzati dalla Ferragni.

Che sia un caso?  Mah!

Ma al di là dell’aspetto economico, che comunque rappresenta l’anima del mondo degli Influencer, è quello della comunicazione quello che più mi intriga.

Io partirei dal fatto che, nonostante quello che potesse apparire, il “mondo fatato” dei Ferragnez affascinava e condizionava più il settore adolescenziale e giovanile della nostra società.

In altre parole sono i ragazzi che si fanno più abbagliare dalla ricchezza esibita a piene mani dalla coppia, e nella loro ingenuità (uso questo termine per non degenerare!) individuano nei vestiti, nelle mise, nei comportamenti, una sorta di modo per emulare e quindi assomigliare a Chiara Ferragni ed al marito.

Perché voglio ben sperare che una persona adulta, o comunque con una certa maturità, leggendo un resoconto con relative foto della nuova casa dei Ferragnez ( così decritta da un settimanale: ..Una penthouse, si dice di circa 800 mq, su due piani nel quartiere di CityLife, in uno dei complessi residenziali più lussuosi di Milano, vista Madonnina ovviamente. L’appartamento si snoda su due piani, collegati da una grande scala a chiocciola. Non si sa quante stanze da letto ci siano, ma sui social abbiamo visto gli arredi di design in tono crema e beige, un camino, una sala cinema e soprattutto delle enormi cabine armadio. “Quella di mia moglie sembra la Rinascente”, scherza Fedez in uno dei suoi post. In effetti la sala è imponente, il rapper la percorre in tutta la sua lunghezza correndo e gli viene persino il fiatone. In fondo c’è persino un lavandino da parrucchiere per lavare i capelli. Ma il pezzo più bello è uno specchio contornato da neon rosa, lo specchio Ultrafragola, che vale intorno ai 10.000 euro. Il musicista, invece, vanta una scarpiera gigante…..), si renda conto che qui ci troviamo di fronte ad una esibizione di ricchezza che io giudico piuttosto volgare, per non dire spudorata.

Stessa cosa se parliamo della villa sul lago di Como (realizzazione di un sogno secondo la Ferragni), della villa a Los Angeles, o della casa in montagna. 

E proprio questa ostentazione di ricchezza, questo vero “inno allo spreco”, a mio avviso stanno alla base delle reazioni, diciamoci la verità in qualche caso sottilmente compiaciute, a quella che qualcuno forse nel suo intimo paragona alla “caduta degli dei”. 

Ho letto qualche post di “fans irriducibili” che bollano coloro che attaccano la Ferragni come invidiosi.

Invidia? Sì, ci può essere in qualcuno anche una componente di invidia del successo mediatico, e questa è un’occasione irripetibile per togliersi qualche sassolino dalle scarpe.

Ma in realtà, dopo la caduta sulla beneficienza “panettonica” è come sparare sulla Croce Rossa.

Perché anche quelli che la definiscono imprenditrice, dimenticano che in realtà lei ha messo sul mercato solo la sua faccia, il suo corpo, i suoi bambini, le sue case, i suoi vestiti, le sue borsette, il suo matrimonio.

E questo spiega anche le foto in tanga ad effetto nudo, con Fedez abbracciato che le appoggia la mano sul c….,  e  i selfie scattati mezza nuda allo specchio.

Ma alla fine cosa aspettarsi?  Questa è gente che viene utilizzata dalla pubblicità, e di conseguenza deve mettersi in mostra, o a nudo se preferite, se vuole fatturare.

In un delirio di ostentazione decisamente eccessivo, visto che è notorio che i veri ricchi non ostentano la loro opulenza attraverso beni di lusso o case sfarzose.

Avete mai visto Gianni Agnelli, Leopoldo Pirelli, Leonardo del Vecchio mettere in mostra la loro ricchezza?  La classe o ce l’hai o non ce l’hai.

Come pure, altra cosa che ha decisamente fatto incazzare tanta gente, la beneficienza si fa in silenzio, senza metterla in piazza, a meno che il donare non faccia parte di un’operazione di business.

Si discetta molto in questi giorni sull’opportunità del silenzio dei coniugi Ferragni di fronte alla bufera mediatica.

Non so se l’autodafé in video, in tuta grigia “del pentimento” e occhi lacrimevoli, sia servito a qualcosa.

A occhio e croce poco, se non a far vendere all’azienda produttrice tutte le tute disponibili (da 600 euro l’una eh!). 

Sia chiaro che non è detto, come profetizza qualcuno, che la storia di Chiara Ferragni “Re Mida” della pubblicità finisca qui.

Ma è evidente che la risalita, se ci sarà, non sarà facile, perché l’ombra della pubblicità ingannevole (se provata eh!) sui bambini malati la accompagnerà per lungo tempo, e mi auguro che questa vicenda serva a promuovere finalmente una regolamentazione della beneficienza, come previsto ad esempio in Inghilterra.

Resta inevasa la domanda sul perché su E-bay in questi giorni ci siano persone disposte a pagare fino a 120 euro per avere uno dei famosi panettoni Balocco griffato Ferragni (ovviamente scaduti, visto che sono stati prodotti ben oltre un anno fa).

Io una risposta ce l’avrei, ma preferisco lasciare il campo a qualche psicologo.

Umberto Baldo

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