Perché Trump vuole il Canale di Panama?
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Il Canale di Panama, simbolo di orgoglio nazionale e fonte di ingenti entrate economiche (5 miliardi di euro nel 2023), torna al centro dell’attenzione internazionale dopo le dichiarazioni di Donald Trump. Il neo-presidente statunitense ha espresso il desiderio di “riprendersi il canale”, suscitando rabbia nella capitale panamense e reazioni contrastanti tra i cittadini, che oscillano tra disprezzo e indifferenza.
“Non credo che succederà nulla”, ha commentato un passante, mentre un altro ha dichiarato sorridendo: “Non abbiamo alcuna intenzione di restituire il canale”.
Le radici storiche della disputa
Il Canale di Panama, inaugurato nel 1914 e lungo 77 chilometri, è un’arteria cruciale per il commercio globale, collegando gli oceani Pacifico e Atlantico e riducendo significativamente tempi e costi di navigazione. Gli Stati Uniti, che avevano aiutato Panama a costruirlo, ne mantennero la gestione fino al 1999, quando il controllo venne trasferito definitivamente al Paese centroamericano, con due condizioni: garantire prezzi ragionevoli e nessuna ingerenza straniera.
Trump ha criticato i costi elevati per le navi americane e sollevato dubbi su un presunto controllo cinese sul canale, alimentando così una nuova controversia.
La risposta di Panama
Le autorità panamensi hanno respinto con fermezza le accuse, definendole “ingiuste e infondate”. “Da 25 anni dimostriamo la qualità della nostra gestione e il rispetto dei trattati internazionali”, ha dichiarato Ilya Espino de Marotta, vice amministratore del Canale di Panama.
Il Paese ha investito massicciamente nell’ammodernamento del canale, creando un nuovo percorso più ampio e redditizio per le grandi navi portacontainer, utilizzando esclusivamente fondi e lavoratori panamensi.
“Non esiste alcun controllo cinese sul canale. Tutto è trasparente, dai resoconti annuali ai prezzi”, ha sottolineato Espino de Marotta.
Le accuse sul controllo cinese
Sebbene non ci sia alcuna presenza ufficiale cinese nella gestione del canale, la Cina è il secondo cliente del sito dopo gli Stati Uniti e ha investito massicciamente a Panama, in particolare attraverso l’azienda Hutchinson, che dal 1996 gestisce due dei cinque porti situati fuori dal canale.
Contattata dal team di TF1, Hutchinson non ha rilasciato commenti, alimentando ulteriori speculazioni sul ruolo cinese nella regione.
Un nuovo capitolo della guerra commerciale
La disputa sembra inserirsi nel più ampio contesto della rivalità economica e strategica tra Stati Uniti e Cina. Nonostante Trump abbia ventilato l’ipotesi di un intervento militare, il presidente panamense Rosé Raul Mulino ha rassicurato: “Il canale è e rimarrà panamense”.
Il Canale di Panama, oltre ad essere un sito commerciale fondamentale, rappresenta una questione di sovranità nazionale, e Panama non sembra intenzionata a cedere alle pressioni americane.